Rientro a scuola, una questione di responsabilità collettiva

9 Gennaio 2021
1 Commento


Rosamaria Maggio

Dopo una riapertura dell’anno scolastico nello scorso mese di settembre alla ricerca di un po’di normalità, nel giro di qualche settimana, a seguito della ripresa di una fase pandemica sempre più preoccupante, le scuole sono state via via chiuse, in modo peraltro differenziato sul territorio nazionale. Nello specifico le scuole superiori, per quanto il Governo abbia tentato di mantenerle aperte al 75%, sono state chiuse in maniera diversa nelle varie regioni, mentre le scuole primarie secondarie di primo grado sono rimaste prevalentemente aperte, fatta eccezione per qualche realtà locale.
Sul finale delle vacanze natalizie, si ripropone il dilemma dell’apertura o chiusura delle scuole.
Il Governo cerca di organizzare una apertura delle scuole superiori al 50%, ma all’interno dello stesso Governo non vi è univocità di vedute e per quanto riguarda le Regioni, ognuna fa da sé.
A sentir tutti, la scuola è una priorità, bisogna fare in modo che tutti i problemi di rischio, ad esempio i trasporti, siano affrontati e superati per restituire ai ragazzi il loro diritto all’istruzione ed alla socialità.
Sembrerebbe che il Ministero dei trasporti abbia fatto la sua parte, le autorità scolastiche statali e regionali, con l’aiuto dei Prefetti, avrebbero messo a punto quanto necessario per condurre i ragazzi in sicurezza nelle loro scuole, anche stabilendo orari di entrata scaglionati.
Al momento opportuno però tutto si blocca, si teme un aumento dei contagi legata alla frequenza scolastica, provocata dagli assembramenti sui mezzi di trasporto, fuori dalla scuola, nelle piazzuole per l’attesa dei bus.
D’altra parte, la curva dei contagi negli ultimi mesi si è impennata ed il nostro paese marcia verso il triste primato degli 80 mila morti da Covid -19 in meno di un anno.
Se è vero che la scuola è una preoccupazione del paese, che tutti noi cittadini abbiamo a cuore la riapertura delle scuole in sicurezza, questo nostro paese dovrebbe essere unito nel richiedere le stesse cose, sia ai responsabili politici che agli stessi cittadini. Dovremmo tenere comportamenti coerenti per la realizzazione di questo desiderio.
Sarò chiara: il nostro nemico è il virus ed occorre quindi mettere in campo tutti gli strumenti possibili per vincerlo.
Come prima cosa occorre che il nostro sistema sanitario regionale sia reso sempre più efficace ed efficiente, aumentando i posti letto in ospedale, le terapie intensive e potenziando il sistema sanitario territoriale. Occorre tracciare con precisione i contagi e riferire alla cabina di regia nazionale per poter avere contezza quotidiana della situazione. Occorre portare avanti con efficienza la campagna vaccinale, dato che i vaccini arrivano regolarmente nelle sedi di ciascuna regione.
Fatte queste premesse, spetta a Stato e Regioni, ciascuno per le rispettive competenze, il compito di realizzare quanto sopra specificato.
Qual è il compito di noi cittadini?
Sul piano personale mettere la mascherina, osservare il distanziamento, sanificare le mani, osservare le regole stabilite di volta in volta dalle autorità.
Vi è però un altro compito, un’altra responsabilità personale che ha una dimensione collettiva ed è il fatto di accettare, senza troppe polemiche, che se si chiudono le attività commerciali, le piste da sci, le discoteche e le palestre, non è per un capriccio del Governo di turno o delle autorità regionali, ma è dovuto alla necessità di proteggere la nostra salute con ogni mezzo. Qualunque autorità debba prendere queste drastiche decisioni, non ne avrà un consenso.
Se si continua a non capire che esiste una dimensione collettiva di cui dobbiamo farci carico, continuando a violare le regole, assembrandoci nei pochi momenti di socialità autorizzati, riunendoci tra amici e parenti, navigando nelle pieghe dei decreti legge, dei DPCM e delle autocertificazioni, non potremo uscirne nè bene e né presto.
Trovo stucchevole questo gran parlare della crisi economica connessa, che peraltro non è negata da nessuno a livello planetario.
Trovo questa nostra informazione, finta indipendente, faziosa.
Non fa che dar voce all’imprenditore di turno, distrutto dalle chiusure governative e non dal virus, amplifica le critiche su come viene predisposto il Recovery fund, anziché ascoltare chi vuole collaborare alla ricerca di soluzioni.
Lo stesso Mario Draghi, qualche giorno fa in un suo articolo pubblicato sul Financial Times, sosteneva la necessità di azioni forti e drastiche come la possibilità di una cancellazione del debito pubblico di ciascuno Stato UE per poter ristorare le intere perdite delle imprese e delle famiglie, colpite gravemente dalla pandemia.
Quindi, anziché’ perderci in polemiche sterili, dovremo accelerare l’impiego del Next generation EU.
Per poter riaprire le scuole, oltre ad adottare dei protocolli sicuri per riammettere tutti gli studenti ad una modalità del fare scuola, che si avvicini il più possibile, alla normalità, alla presenza, alla relazione educativa, occorre  un patto sociale in cui i cittadini si astengano da comportamenti a rischio (assembramenti in casa, nei locali, nei negozi), non solo per evitare il proprio contagio personale, ma nell’interesse generale, per proteggere anziani, immunodepressi, bambini e ragazzi ai quali si deve garantire un futuro.
Tanto si è detto sui paesi con regimi autoritari, che avrebbero sconfitto il virus a seguito di decisioni che ignorerebbero i diritti fondamentali e le libertà.
Ci siamo trincerati dietro la giustificazione che noi siamo fra i paesi in cui i diritti non si violano (salvo fregarsene del diritto alla salute).
Abbiamo dimenticato altri paesi democratici (ad esempio Corea del Sud), dove comunque il virus è stato sconfitto, sulla base di una etica sociale, fondata forse anche su storie di civiltà differenti, dove la dimensione collettiva ha sempre una valenza primaria rispetto alle esigenze del singolo.
Ed in ciò non ci sarebbe nulla di strano se anche nel nostro paese ci si ricordasse che l’impostazione costituzionale vede prevalere sempre l’interesse collettivo su quello individuale.
In Corea del Sud, a Singapore, a Taiwan hanno combattuto la pandemia facendo leva sulla coesione sociali. I diritti dell’individuo non possono prevalere sull’egoismo, nè i comportamenti irresponsabili di pochi (non uso di mascherine, assembramenti, fake news, ecc.), possono mettere a rischio la salute altrui.

1 commento

Lascia un commento