Appalti. Rilancio delle opere pubbliche o favore alle mafie?

29 Maggio 2021
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 A.P.

 

 

In Italia ogni riforma che incida sui flussi di danaro ha un’ombra che la sovrasta: la mafia, la malavita orgniizata. E ci sono anche i lavoratori, che dalle modalità dell’appalto sentono molte conseguenze in termini di condizioni da lavoro e di trattamento economico.
Salvini, rozzamente, è pronto ad “azzerare” il codice degli appalti, lasciando ai sindaci il compito di decidere a quali opere dare il disco verde e in che tempi. Landini, invece, lancia l’allarme sugli effetti che il provvedimento, così come immaginato dal governo, avrebbe sul mondo del lavoro:  Come dargli torto? “La liberalizzazione del subappalto, le gare al massimo ribasso, e poi ci mancava pure l’appalto integrato, quello che affida allo stesso soggetto la progettazione e l’esecuzione dell’opera. Trovo - dice il segretario della CGIL - del tutto sbagliato e grave l’orientamento che il governo sembrerebbe prendere con il decreto Semplificazioni”.
In realtà l’idea di responsabilizzare i sindaci fu lanciata molti anni fa in un convegno sul tema da Orlando, professore di diritto amministrativo e sindaco oggi di Palermo. Il discorso era lineare. Siccome la mafia s’infila nei meandri delle procedure, riuscendo anche a mimetizzarsi, sarebbe meglio avere pocedure snelle e un responsabile unico e certo nella persona del sindaco. Sarebbe lui a rispondere in caso di criticità o di infiltrazioni. Questa responsabilità personale costituirebbe una garanzia per il miglioramento della situazione sia in termini di velocizzazione delle procedure sia per crare un argine alle incursioni delle organizzazioni malavitose.
E i subappalti? Da un lato, sembrano talora necessari perché una società non può essere specializzata in tutto e, dunque, è razionale affidare qualche specifica parte dell’opera appaltata a ditte specializzate. Ci sono ovviamente limiti sia quantitativo che qualittcffativi. Non si può fare uno spezzattino di subappalti così che non si capisce più cosa faccia il vincitore della gara. In secondo luogo, c’è la situazione dei lavoratori che con la esaperazioni dei subapalti e dei ribassi, finiscono per essere coloro che soffrono dell’irrazionalità di un simile sistema.
Per tutelare i lavoratori, occorrerebbe estendere agli addetti ai subapp9alti lo stesso trattamento delle aziende che hanno vinto l’appalto e rendere queste responsabili dei pagamenti e del rispetto delle regole anche sulla sicurezza. Per quanto riguarda le procedure bisognerebbe pensarle come volte a scegliere il miglior contraente per la parte pubblica e non come terreno infinito di scontro fra gruppi in concorrenza fra loro. Tornare un po’ allo spirito originario in cui nello sfondo c’era il preminente interesse pubblico in luogo di quello delle aziende in lotta fra loro. L’unica cosa che non si può fare è quanto propose Renzi a suo tempo e ora fa Salvini: azzerare o limitare le tutele giurisdizionali, per esempio la tutela cautelare (la c.d. sospensiva). Qui pone un limite invalicabile la Costituzione, che, all’art. 24, enuncia il principio della tutela giurisdzionale in tutte le situazioni e richiede ch’essa sia effettiva, ossia preveda tutti gli strumenti processuali che la inverano, e certo la tutela cautelare immediata s’inquadra fra queste.
Una materia complessa sempre in bilico tra barocchismi procedurali che non scongiurano, anzi favoriscono le infiltrazioni ben mimetizzate, e le eccessive semplificazioni a danno dell’imparzialità dell’amministrazione e delle tutele: un equilibrio difficile, ma possibile e, sopratutto, necessario.

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