Carbonia. Da Portella della Ginestra alla fine dei governi di unità nazionale: in città la protesta si salda alla lotta per la difesa delle miniere e contro l’aumento dei prezzi

18 Luglio 2021
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Gianna Lai

Oggi domenica consueto appuntamento con la storia di Carbonia dal 1° settembre 2019.

11 morti e 65 feriti. Leggiamo su Ernesto Ragionieri, “Portella della ginestra, 1 maggio 1947, barbara risposta degli agrari siciliani all’affermazione del Blocco del popolo, nelle elezioni regionali di pochi giorni prima”.  Ed ancora Turone,  “uno dei più agghiaccianti episodi di terrorismo antisindacale ad opera del bandito Salvatore Giuliano”, e  Ginsborg, “è il comunista Girolamo  Li Causi a denunciare  in Assemblea Costituente la responsabilità che i proprietari avevano  del massacro”.  E poi Luca Pes, in Silvio Lanaro, “Prima di tante violenze Portella: da ricordare subito dopo, il 21 giugno, ancora la banda Giuliano che  attacca le sezioni del PCI di 7 località del palermitano”. Esprimendo, gli storici, la forza del documento a firma del Comitato direttivo CGIL, come riportato in Francesco Barbagallo “l’eccidio è la conseguenza dei delitti perpetrati in Sicilia contro le organizzazioni sindacali e della volontà dei latifondisti siciliani di soffocare nel sangue l’organizzazione dei lavoratori”.
Il 3 maggio sciopero generale di protesta contro l’eccidio in tutta Italia, dalle 11 del mattino fino alla fine di ogni turno, ed anche a Carbonia, dove si susseguono numerose le assemblee di sezione per esprimere la solidarietà dei minatori con i lavoratori siciliani: molti i siciliani in città che possono testimoniare della violenza dei proprietari terrieri nella loro isola.  Ed è totale l’adesione allo sciopero nell’intero bacino che direttamente  si salda alle proteste di quel periodo: 4mila operai di Serbariu e Nuraxeddu in agitazione, fino al 7 di maggio, per garantire l’attività delle Commissioni interne nei cantieri della miniera; minimizza il prefetto, nella sua relazione mensile, “per contrasti sorti fra Commissioni interne e capi servizio”.
Poche settimane dopo, le dimissioni di De Gasperi dall’ultimo governo di unità nazionale: “a fine maggio,  il leader della DC  formò un  nuovo governo senza i partiti di sinistra”, riferisce Barbagallo in modo lapidario, “vicepresidente del Consiglio e ministro del Bilancio, l’economista liberale Luigi Einaudi, già governatore della Banca d’Italia”, avendo  dichiarato apertamente De Gasperi, durante il Consiglio dei ministri del 30 aprile, come sottolinea Sergio Lanaro, che non si poteva “governare senza tener conto del quarto partito, industria e finanza”.
A Carbonia, il 4 giugno, 1500 operai davanti alla sezione comunista inscenano una manifestazione contro il nuovo governo De Gasperi,  lo stesso Renato Mistroni a tenere i comizi, di cui si legge sulla Relazione mensile del prefetto di Cagliari, mentre le agitazioni si allargano per tutto giugno all’intero Sulcis-Iglesiente, fino a Montevecchio, contro i provvedimenti appena presi dalla nuova compagine ministeriale. Se immediata è infatti la reazione dei lavoratori, è perché durissime risultano le conseguenze dei provvedimenti  governativi, come ricorda Giorgio Candeloro, “i primi provvedimenti einaudiani mirarono a ridurre il disavanzo dello Stato e delle aziende pubbliche a spese delle masse dei consumatori; essi infatti consistettero nell’abolizione quasi totale del prezzo politico del pane (già avviata…. dal precedente governo), con un decreto che  portò il prezzo stesso  da 41 a 56 lire al chilo, a partire dal 1 giugno 1947. Seguito, un mese dopo, da altri decreti che aumentarono le tariffe postali, ferroviarie ed elettriche”. Mentre la stretta creditizia einaudiana avrebbe determinato, “o almeno contribuì a determinare, due fenomeni: un rallentamento generale della produzione industriale, che durò fin verso la fine del ‘48, ed una accentuazione del processo di concentrazione industriale’.
E insieme all’inflazione, “al 30%”, provoca un immediato aumento dei prezzi dei geri di prima necessità, la nuova politica liberista, portando con sé anche la cancellazione del progetto elaborato dall’ex ministro dell’industria Rodolfo Morandi sui Consigli  di gestione: questi i temi centrali nel Primo Congresso Nazionale Unitario della CGIL di Firenze, ovvero ” Secondo Congresso Nazionale Unitario, dopo il convegno di Napoli”, 1-7 giugno 1947.  Echi fortissimi nella denuncia di dirigenti sindacali e delegati, tra cui lo stesso  Martino Giovannetti, Segretario regionale della Federazione minatori, che cappeggia la delegazione sarda e che sollecita  nel suo intervento, ricorda Giannarita Mele, la riforma agraria, la nazionalizzazione dei servizi pubblici, dell’energia elettrica e delle miniere e l’insediamento dei Consigli di gestione secondo il programma  CGIL. E su quelle proteste si sarebbero sviluppate agitazioni in tutta Italia, pur in piena tregua salariale, firmata a fine maggio da CGIL e Confindustria, mentre, sulle  fasi conclusive del Congresso, così leggiamo su Sergio Turone, “in un clima teso per l’ancora fresca crisi di governo che aveva visto il passaggio coatto delle sinistre all’opposizione”, il Congresso nomina, a conferma e rappresentanza delle correnti interne, “Segretario generale responsabile Di Vittorio, affiancato da tre segretari generali, il socialista Fernando Santi, il comunista Renato Bitossi, il democristiano Giulio Pastore, oltre a sei vicesegretari”. Con una prevalenza comunista, “sulla base dei voti andati a ciascuna corrente, anche nel Comitato direttivo formato da 75 membri”. Forse in riferimento a tale esito, Civiltà cattolica  invita il 7 giugno tutta l’Italia a una “mobilitazione generale” contro il comunismo?
Pietro Nenni nelle piazze di Carbonia, Iglesias e Cagliari denuncia le politiche  del governo  e presenta il programma dei socialisti di netto contrasto a De Gasperi e alla sua maggioranza, mentre resta  estranea la Dc “alla competizione politica”, lamenta  il questore, che critica il leader socialista,”risentito contro il nuovo governo per l’estromissione del suo partito”. E che definisce “aspra la campagna del PCI contro la  nuova compagine governativa”,   in riferimento ai comizi di Velio Spano e di Emilio  Lussu, nei dentri più importanti della provincia, i quali attacano duramente la  DC e De Gasperi, “per i sistemi seguiti nella formazione del governo”. Così dalla Relazione  del nuovo prefetto di Cagliari, da poco insediato, in sostituzione del precedente dottor Sacchetti.
Ad ampliare lo scenario delle agitazioni di quei mesi contro la politica degasperiana, sempre più intensa l’attività nelle sedi comuniste di Carbonia, fin dalla nuova  conferenza  di Renato Mistroni sulla formazione del “governo nero”, registrata da “L’Unità della Sardegna” in data 10 luglio e  rivolta agli iscritti della sezione Gramsci. Lo spaventoso rincaro dei prezzi e il rifiuto opposto dal governo alle richieste della CGIL, l’errata applicazione della imposta di ricchezza mobile e il modo di prepararsi a difendere la città e le miniere di fronte alla nuova fase politica. Bisogna innanzitutto, secondo Renato Mistroni, “sostenere la stampa comunista e il quotidiano l’Unità”, in particolare, che “deve diventare il giornale più diffuso di tutto il bacino” . Ed in effetti il quotidiano comunista,  nel dedicare d’ora in poi un’intera pagina, “L’Unità della Sardegna”,  alla politica e alle questioni sociali dell’isola, avrebbe dato origine ad una nuova informazione critica e molto puntuale sui fatti e gli avvenimenti, in particolare, del mondo del lavoro. Sostenuta dal resto della stampa di partito, Rinascita, Rinascita Sarda, Il Contemporaneo, ecc. nel promuovere inchieste e approfondimenti su minatori e miniere.

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