Effetti collaterlali: la rottura di collaborazioni e di rapporti anche personali. Furio Colombo lascia il Fatto

19 Maggio 2022
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Andrea Pubusa

Furio Colombo lascia il Fatto quotidiano, di cui è stato cofondatore e apprezzato (direi amato) editorialista. Spesso i suoi scritti - com’è naturale - non erano (almeno per me) del tutto comdivisibili, e tuttavia le opinioni di Colombo sono così  stringenti e argomentate, la sua onestà intellettuale così limpida, da indurre alla riflessione e comunque all’ulteriore apprezzameno dell’autore. Ora cosa è successo? E’ stato ammesso fra i  collaboratori Orsini, e questo per Colombo è inaccettabile, in quanto il prof. sarebbe un filoputiniano e un falsario. Poi ci sono alcuni giudizi, bizzari di Massimo Fini, su tedeschi a alleati a lasciare di stucco Colombo e non solo.
Tuttavia il Fatto nel suo complesso rispecchia un arco vario di posizioni e di sensibilità che danno al lettore un’informazione (non gridata) sul conflitto in Ucraina, sui fatti e le responsabilità. Scrivono liberamente giornalisti come Gad Lener, che non sono in linea col direttore, eppure i suoi pensieri, sempre misurati e argomentati, incontrano l’interesse e il rispetto dei lettori. Queste opinioni diverse aiutano a capire meglio la situazione che è complessa ed ha molte facce. Insomma il Fatto ha dei lettori che sanno formarsi un giudizio e dunque non temono di confrontarsi con idee contrastanti con le loro. E - ad essere sinceri - le opinioni di Orsini non paiono così inarrivabili da non essere oggetto di valutazione e giudizio anche critico. Spesso dice, attribuendole a studi particolari, opinioni di buon senso, altre meno, ma mai pensieri non sottoponibili a libero giudizio. Le sue verità - come tutte le pretese verità - sono niente più che ipotesi, quindi sempre confutabili.  Che Furio Colombo consideri Orsini un pericolo o un falsario, tanto da non poter scrivere nello stesso giornale, francamente sorprende, proprio in ragione della forza e dell’autorevolezza di Colombo.
Forse tutti quanti è meglio che pensiamo di non avere verità inconfutabili in tasca e di non essere i titolari unici della morale. Si’ perché molti in questa vicenda si richiamano alla morale, che naturalmente è in possesso di chi la evoca e non di chi la pensa diversamente.
In realtà, a ben vedere, in questo momento, per assumere un orientamento sicuro, non c’è bisogno di scomodare principi sacri, basta attenersi alla Costituzione, a quell’art. 11, che mai come oggi appare profetico. “LItalia ripudia la guerra come strimento di offesa alla libertà degli altri popoli”. Volete una condanna più netta dell’invasione di uno stato indipendente? C’è bisogno di cercare altrove la ragione della condanna dell’invasione russa? E non c’è da avere dubbi sul che fare. La condanna della guerra nell’art. 11 è rivolta anche laddove la si voglia considerare “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali“. L’unico mezzo per risolvere queste conflitti e’ la trattativa negli organismi internazionali a ciò preposti. Inviare armi, il riarmo spaventoso, l’isteria bellicista sono tutti fuori e contro la lettera e lo spirito della Costituzione.
E nessuno può accampare morali o verità superiori, anche perché,
se ci atteniamo al criterio base della evoluzione scientifica, la verità non è pregiudiziale alla ricerca, ma ne è l’esito; ogni acquisizione è sottoposta a critica e falsificazione fino a giungere a nuove acquisizioni, e così all’infinito, attraverso “verità” provvisorie e parziali. Ognuno concorre alla ricerca, liberamente, ed è proprio la libertà e il confronto il motore della ricerca.
Ora, Furio Colombo queste cose le conosce benissimo e le ha sempre praticate in vita sua. Il suo abbandono del Fatto si pone come una dolorosa e inspiegabile scelta.

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