Carbonia. Cocco Efisino, Pani Giovanni e Nanni Giovanni muoiono, in aprile, a Bacu Abis, Serbariu e Sirai. Contingenza e riconoscimento delle Commissioni interne: in città Agostino Novella, Segretario generale CGIL. Serrata a Bacu Abis, contro lo sciopero presidio della polizia, mentre già si parla di 3.000 liceziamenti per il prossimo futuro

26 Novembre 2023
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Gianna Lai

Ecco il post domenicale sulla storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.

Cocco Efisino di 31 anni, muore a Bacu Abis il 13 aprile investito da vagone; Pani Giovanni di 38 anni, a Serbariu il 24 aprile folgorato da corrente; Nanni Giovanni di 48 anni, a Sirai il 26 aprile per distacco di roccia. Un operaio gravemente ferito per l’esplosione di una mina a Seruci, presso Cortoghiana. E continua, insieme allo stillicidio dei morti in miniera, quello degli incidenti sempre più gravi, mentre può rinfrancare lo spirito dei lavoratori, in quei giorni di grandi sofferenze, l’assoluzione di dodici di essi, provenienti da Bacu Abis, “imputati di violenza contro capisquadra e sorveglianti, durante la lotta dei 72 giorni”. E di altri due operai, “Cherchi, assalito dai fascisti e denunciato da Pirrone, e Cabua, membro di Commissione interna, accusato di aver parlato agli operai senza autorizzazione”: su L’Unità del 6 e del 16 aprile. Ma già il 18 aprile licenziati 50 operai a Bacu Abis, scioperi per settori, per zone e per categorie anche sulla contingenza, il nuovo orario di lavoro e contro la repressione: sciopero generale di 4 ore dopo l’arresto del segretario della Confederterra Torrente.
E a Schisorgiu si multano, con tre ore di sospensione, 300 minatori per aver immediatamente abbandonato il lavoro dopo la notizia dell’eccidio di Lentella in Abruzzo, cui segue la serrata di Bacu Abis, presidiata da reparti di polizia provenienti da Carbonia: “La direzione, per bocca di Spinoglio, sosterrà questa linea fino a quando minatori e Commissioni interne, con dichirazioni scritte, non si impegneranno ad abbandonare la forma di lotta prescelta”, scrive L’Unità del 24 e del 26 marzo. Pronta la giustificazione del questore sulla serrata: fra i 3.000 minatori di Bacu Abis prosegue la protesta per la revisione dei cottimi, la direzione chiude i pozzi, “licenziati due operai per aver tenuto comizi all’interno dei cantieri, senza autorizzazione della direzione, incitanti le masse a astenersi dal lavoro”. A imitazione di quel vergognoso divieto di sciopero, imposto agli operai dell’Iglesiente dalla Montecatini, dopo i 46 giorni, che già dava i suoi buoni frutti se ora, il 7 marzo del 1950, L’Unità poteva titolare “Commissioni interne, elezioni beffa a Montevecchio con candidati imposti dalla Società”. E rifiuta l’incontro con la rappresentanza di fabbrica la direzione di Bacu Abis, così come l’Associazione industriali rifiuta di discutere gli 11 punti. Sui quali una certa apertura viene solo dal Presidente ACaI e dal Consiglio di amministrazione, nel ricevere il Comitato direttivo del Movimento regionale per lo sviluppo del bacino carbonifero, appena formatosi in vista del Congresso di maggio.
Il 2 aprile Convegno provinciale delle commissioni interne a Carbonia, annuncia L’Unità del 31 marzo, organizzato dalla Camera del lavoro provinciale alla presenza di Agostino Novella, Segretario Generale della Cgil. Che pone al centro l’annoso problema del rispetto dell’accordo interconfederale 1947 sulle commissioni interne e sullo svolgimento del loro compito all’interno dell’azienda, ancora vietate infatti le assemblee nei cantieri ACaI. Vi partecipano i rappresentanti delle maggiori industrie, a concludere Marco Giardina, il pomeriggio comizio di Agostino Novella in piazza Roma. Fino alla costituzione di un Comitato provinciale delle Commissioni interne, “con i rappresentanti delle più importanti fabbriche di Carbonia, Iglesias e Cagliari, che deve discutere le note disposizioni liberticide del governo di Roma”: così L’Unità del 6 aprile. Nella stessa data lo stesso quotidiano così elenca “i punti stabiliti dal Convegno di Carbonia: esigere dagli industriali il rispetto degli accordi del 7 luglio 1947; un concordato con le associazioni degli industriali per fissare la data delle elezioni delle commissioni interne, dove le aziende hanno finora impedito questa elezione; denuncia della illegale permanenza nella Montevecchio di una commissione interna eletta con sistema fascista”. Mentre il nuovo dirigente provinciale della Camera del lavoro di Cagliari, Marco Giardina, successore di Ibba, invia un documento di protesta all’assessore regionale Deriu contro gli attacchi alla Commissione interna, dato che ancora la direzione di Serbariu vieta la riunione delle maestranze nei cantieri sul Contratto nazionale, pur fuori dall’orario di lavoro, e la stessa associazione degli industriali rifiuta incontri con rappresentanze sugli stessi temi.
Sempre forte, tuttavia, la sinistra nei cantieri, anche dopo la scissione sindacale e dopo la nascita dei sindacati gialli se, nelle elezioni di aprile, “alle Ferrovie Meridionali Sarde, sei seggi di commissione interna spettano ai sindacati unitari, uno solo al rappresentante sindacale dei cattolici, appoggiati dalla stessa direzione”. Evidentemente, per nulla intimiditi gli operai dalle “rappresaglie contro armatori e aiutanti armatori, multati per 3 ore per aver partecipato allo sciopero di categoria”, proseguono anche gli “scioperi politici”, in quel contesto internazionale ormai decisamente orientato verso il riarmo. “Sciopero a Carbonia a seguito dello sbarco di armi americane, il 13 aprile, nel porto di Napoli”. E assemblee per la pace seguono alle minacce di rappresaglie, da parte della direzione, contro gli organizzatori della protesta: “sei operai licenziati e 68 sospesi per aver partecipato allo sciopero contro le armi americane”. Scioperi che sarebbero culminati nella protesta contro la visita di Eisenhower in Italia, a gennaio del 1951, mentre prosegue l’impegno solidale con i movimenti popolari per il lavoro, su tutto il territorio della provincia. In città si vuole ancora rispondere ai presagi di guerra e di smobilitazione, si parla di prossimi 3000 licenziamenti, partecipando in massa alla celebrazione del 25 aprile e poi, il 30, all’assemblea che prepara il Congresso del popolo sardo, fissato per il 6 e il 7 del mese successivo, a Cagliari. E si festeggia, come tutti gli anni, il Primo Maggio, la storia dell’Italia e della Resistenza partigiana, la sinistra e il movimento operaio e il significato da attribuire alle giornate cagliaritane. “Il Congresso del popolo sardo dovrà elaborare il Piano di Rinascita della Sardegna”. Mentre si approvano le mozioni, da presentare nell’occasione, sulle miniere e sulla bonifica del Comprensorio Basso Sulcis, che non deve risolversi in “un premio alla grande proprietà assenteista,.. o in esproprio dei proprietari sardi, a favore dei grandi istituti finanziari del Continente… Le terre vengano appoderate e assegnate ai contadini e alle associazioni cooperativistiche, attraverso un progetto di legge, col concorso finanziario della Regione e il controllo del Consiglio regionale”.

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