Referendum di giugno - l’importanza di votare

20 Maggio 2025
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MASSIMO VILLONE


Pa1te finalmente la campagna referendarta per1′8 e 9
giugno. Che ci fosse l’invito ad andare al mare da parte
della destra era prevedibile. Lo stesso può dirsi della
torpida disattenzione fin qui del servizio pubblico
dell’info1mazione. Un po’ meno - ma nemmeno tanto - era
prevedibile il sorgere di dubbi e distinguo nel campo delle
opposizioni. Un quadro che segnala la salute cagionevole
della politica italiana.
È bene dire subito che 1′8 e il 9 giugno è giusto e oppo1tuno
andare a votare. Come si coglie in qualche commento, il voto
è, per Costituzione, un di1itto e al tempo stesso un dovere.
Ce1to, un dovere “civico”. Ma cosa significa? Ovviamente, che
non è un obbligo giuridicamente sanzionato, ma è pur
semp re un compo1tamento al quale siamo tenuti. Per quale
ragione? Perché siamo una comunità, e qui troviamo il senso
della parola “civico”. Chi vota, infatti, non lo fa in via
esclusiva per sé stesso. Comunque voti, nell’urna
contribuisce con un mattone a costruire il muro di una
volontà collettiva. Non votare non indebolisce chi si astiene,
ma la comunità di cui fa -inevitabilmente -parte. Che non
potrebbe lasciare, anche se volesse.
Quindi, l’iniziativa referenda ria non rileva solo per la
1isposta ai singoli quesiti. Conta perché dà sostanza alla
partecipazione democratica che è il nerbo della sovranità
popolare (art. I Cost.). Cosa sarebbe mai il popolo sovrano se
non potesse avere voce? E se, potendo averla, scegliesse di
tacere? Chi invita al non-voto in qualsiasi forma dice a ogni
elettrice o elettore: “tu potresti contare, volendo, ma oggi è
meglio che non conti nulla”. In realtà, vuole mettere un
bavaglio non al singolo, ma al popolo sovrano.
È un effetto nel solo interesse di chi il voto teme, per
qualsiasi ragione. Il timore colpisce chi ha il potere di
comando e vede nelle urne un problema. Il voto popolare, in
specie se referendario e non irregimentato nelle ritualità di
una campagna elettorale politica, disturba il manovratore.
Quindi va anestetizzato, e reso per quanto possibile innocuo.
Nella specie, trattandosi di referendum abrogativo ex a1t. 75
Cost., puntando al mancato raggiungimento del quorum.
È il r emake aggiornato di un film-già visto. Per l’autonomia
differenziata la maggioranza non temeva l’opposizione
parlamentare, ma solo il referendum sostenuto da una
travolgente raccolta di firme. Una sentenza sbagli ata della
Corte costituzionale (I 0/2025) ha dichiarato
l’inammissibilità, e ha oggettivamente fatto un regalo alla
destra al potere. Hanno sbagliato a loro volta gli oppositori a
non riprendere l’iniziativa referendaria, come io ho proposto
anche da queste pagine e come avrebbero potuto. Ma il
significato rimane. Oggi, la maggioranza propone una legge
elettorale fatta a u so e consumo di Meloni, che rende di fatto
inutile la riforma costituzional e in affanno, e comunque in
prospettiva - per la giwisprudenza della Consulta -
probabilmente si sottrae a iniziative referendarte. Ecco il
remake.
È ben noto agli studiosi l’indebolimento delle istituzioni
rappresentative nelle democrazie cosiddette liberali.
Preoccupa lo scivolamento verso fo1me dissimulate o
dichiarate di autocrazia. L’Italia non fa eccezione. L’unico
vero 1imedio di c ui disponiamo qui e ora è la partecipazione
democratica. Votando 1′8 e il 9 giugno difendiamo il
referendum come strumento di quella pa1tecipazione.
Cosa votare? Personalmente sono perii sì a tutti i quesiti.
Forse alcuni convincono più di altri. Ma tutti danno
nell’insieme un chiaro messaggio di tutela dei diritti e di
giustizia sociale, di cui l’Italia, e sopr attutto il Mezzogiorno,
hanno assoluto bisogno. Una larga partecipazione e
un’ampia vitto1ia dei sì, anche se non si raggiungesse il
quorum, sarebbe lo stimolo più efficace per impmre a un
ceto politico di governo quasi catatonico e dedito alle
rappresentazioni teatrali l’ attenzi one dovuta ai bisogni e alle
speranze di tutte e tutti.
E magaii servirebbe a far capire a opposizioni fin qui senza
un convincente progetto alternativo che è ora di pensare in
modo nuovo ai modi di funzionamento del nostro sistema
democratico. Regalateci qualche settiman a di silenzio sulle
prossime candidature e liste elettorali. Pensiamo piuttosto a
votare ora, e a rafforzare gli strumenti di partecipazione
popolare proponendone per il futuro una riscrittura efficace.
Capiamo bene che la diretta voce del popolo genera allergie
nel ceto politico. Ma per la salute del paese è bene curarle.

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