Aldo Lobina
Un’altra bella pensata per “inFinocchiare” gli Italiani. Il PD, attraverso i suoi campioni, si sta rivelando in tutta la sua triste essenza. Se l’albero si riconosce dai frutti e i frutti sono questi.
Non bastava la navigazione a vista di un governo recidivo col PDL e Scelta Civica, privo di meta, litigioso, azzoppato dai veti incrociati dei suoi sodali, minacciato un giorno sì e uno no di caduta a seconda delle fortune giudiziarie di un uomo (che sarebbe addirittura ineleggibile e non da oggi), non bastava il tradimento delle promesse elettorali , precedute dalla pantomima delle primarie – che ho recentemente battezzato più propriamente ultimarie – non bastava l’epifania di un “traghettatore” del partito che non c’è, messo a capo di una nomenKlatura resistente e autoreferenziale (e solo di quella), ecco spuntare ad opera di sedicenti esponenti di un partito democratico proposte di leggi non più ad personam – come quelle del PDL, ma ad partes contra partem. Contro quel Movimento denominato 5 Stelle, scelto da ben otto milioni di cittadini, che – stando alla bella pensata di Finocchiaro - se la proposta sarà trasformata in legge dello Stato - non avrà più titolo per concorrere alle elezioni.
Davvero una bella testimonianza di democrazia da parte di un esponente candidato a ricoprire le più alte cariche dello Stato. Un campione, anzi una campionessa del partito che aveva inventato le sentinelle della democrazia, evidentemente non per difenderla, ma per impedire la sua espressione.
Neanche Berlusconi era mai arrivato a osare tanto. La delegittimazione di un partito da parte di un altro, concorrente e altrettanto forte, attraverso espedienti di bassa lega è allarmante.
Da questa signora senatrice e dal deputato Zanda ci saremmo aspettati ben altre proposte di legge, utili a superare la grave depressione economica che attanaglia una sempre più vasta parte della nostra popolazione. Non queste menate di fronte alle quali i 42 milioni di euro restituiti dai 5 Stelle parlano da soli e testimoniano che ad un partito vero non servono finanziamenti pubblici i travestiti da rimborsi elettorali, ma un progetto condiviso da attuare con leggi semplici, non truffaldine. Del resto nei comuni esistono liste civiche che si propongono senza che nessuno si sogni di impedirne la corsa alle elezioni, purché seguano le procedure previste da leggi democratiche, quelle sì, che facilitano e regolano le procedure di arruolamento.
Con questo non voglio dire che non serva una legge che promuova all’interno dei partiti e dei movimenti garanzie di un livello minimo di trasparenza e democrazia, senza le quali, queste cinghie di trasmissione della società non funzionano e non assolvono i compiti riconosciuti loro dalla Costituzione.
Altro è impedire ai cittadini associati il concorso alle elezioni con norme che parlano una sola lingua per escludere chi chiede – e con diritto – di amministrare il Paese, che è di tutti e non solo del Partito Defunto di A. Finocchiaro.
5 commenti
1 Carlo Dore jr.
23 Maggio 2013 - 09:08
La mia sensazione è che le valutazioni sul ddl Zanda - Finocchiaro siano caratterizzate da una certa dose di superficialità. La necessità di approvare una legge sui partiti è infatti manifestata da anni: e la proposta di attribuire ai partiti la qualifica di persone giuridiche (subordinata al riconoscimento, conseguente al controllo di legittimità da parte della pubblica autorità) si colloca a pieno titolo nel solco dell’attuazione dell’art. 49 Cost. La proposta sarebbe volta a cancellare M5S dal panorama politico italiano? I fatti dicono il contrario: nel ddl di cui discorriamo non si preclude in alcun modo ai soggetti diversi dai partiti di svolgere attività politica (così intendendosi l’organizzazione di incontri e dibattiti; l’elaborazione di proposte; la formazione di una classe dirigente). La proposta precluderebbe al M5S la partecipazione alle competizioni elettorali, obliterando così il riferimento di 8 milioni di cittadini? Affermazione tanto roboante quanto poco corretta: cosa impedisce al M5S di assumere la veste giuridica del partito, di darsi uno statuto in grado di regolarne l’attività e di definire con chiarezza diritti e doveri degli associati, di avere (come il PD) un bilancio certificato da una società di revisione? Nulla: anzi, forse sul piano della qualità democratica, il M5S finirebbe col guadagnare credibilità, dato che assumerebbe a pieno titolo la dimensione di soggetto aderente alle dinamiche della vita democratica, abbandonando la pericolosa struttura di cassa di risonanza degli editti del suo “capo politico”.
2 Aldo Lobina
23 Maggio 2013 - 19:41
Mi spiace che le considerazioni a caldo del sottoscritto sul DDL Finocchiaro, Zanda, Latorre, Casson e Pegorer, comunicato alla Presidenza del Senato il 22 Marzo 2013, intitolato “ Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione in materia di democrazia interna e trasparenza dei partiti politici” siano state considerate inficiate “da una certa dose di superficialità”. L’interlocutore che l’ha rilevata, la superficialità, dovrebbe convenire con me almeno su un dato di fatto: nella migliore delle ipotesi l’articolato di quel disegno di legge può essere letto come un espediente per assimilare e imbrigliare, qualche volta denaturandoli, quei movimenti genuinamente popolari, sorti dal basso, nati spontaneamente; nella peggiore delle ipotesi come uno strumento atto a impedirne la possibilità di rappresentanza politica.
Il Movimento 5 Stelle si è già istituzionalizzato, ha saputo coinvolgere milioni di persone , che hanno concorso alla vita politica della Repubblica, eleggendo propri rappresentanti. Far finta di dimenticare questo, proponendo limiti alla partecipazione elettorale condizionata all’acquisizione di una “personalità giuridica” da acquisire (!), come se le Leggi elettorali vigenti non bastassero a regolare la libera partecipazione all’elettorato passivo e attivo di tutti gli attori (penso alle liste civiche), è una operazione non solo incoerente, ma anche superflua.
“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Così l’art. 49 della nostra Costituzione.
I partiti sono enti di fatto, che dovrebbero rappresentare gli iscritti e i loro elettori, trasferendone le istanze nelle sedi istituzionali.
Se si vogliono battezzare i partiti come “organizzazioni proprie della società civile, alle quali sono attribuite dalle leggi ordinarie talune funzioni pubbliche” non si vede perché anche i movimenti che si istituzionalizzano, partecipando alle elezioni, non debbano avere lo stesso riconoscimento.
L’attribuzione di personalità giuridica a queste associazioni, si chiamino partiti o movimenti , non fa differenza – se accettano le regole del gioco democratico, come le accettano. Vengano pure iscritte quindi, automaticamente, in un registro delle persone giuridiche.
Quanto alle garanzie di democrazia interna, in effetti esse non dovrebbero essere un optional, e potrebbe dover essere previsto l’obbligo di legge di adottare il metodo democratico nella organizzazione interna di quei gruppi che si candidano alle elezioni.
Queste garanzie potrebbero corrispondere a modelli diversi, non obbligatoriamente identici nei diversi “partiti”, assicurando libertà di iscrizione, di elettorato passivo e attivo all’interno del partito o movimento nei diversi gradi di assemblee o nelle designazioni dei diversi gradi di rappresentanza, con rispetto delle minoranze interne e la trasparenza non solo dei bilanci, ma soprattutto nelle modalità di scelta dei candidati.
Che si chiami “statuto” o “non statuto” questo tipo di garanzie, cambia poco. Quello che è importante è che esse appartengano alla cultura di tutte le forze in campo. E che chi è responsabile del Partito o Movimento sia responsabile anche del loro adempimento.
Concordo con chi considera l’art. 49 della Costituzione privo di una necessaria normativa di attuazione, per quanto riguarda l’obbligo che esso impone ad ogni partito di adottare il metodo democratico nella organizzazione interna, ma sono scettico sulla reale possibilità che sia sufficiente l’adozione di detta normativa per sconfiggere la partitocrazia, degenerazione vivente anche in quei partiti che hanno tentato processi partecipativi come le primarie. Per ora foglie di fico di una democrazia malata. Vanificate dalla realtà dei fatti che vedono governare Letta, mai votato, insieme a Alfano e Monti (larghe intese 2) con Vendola prima alleato e poi avversario.
Caro Dore, quel disegno di legge, anche ad una lettura epurata della superficialità che hai contestato, ha bisogno di molte correzioni e lo giudico inopportuno per i modi ei tempi in cui è stato presentato .
I cittadini che non intendono impegnarsi in prima persona in questo o quel partito tradizionale hanno diritto comunque di essere rappresentati e di partecipare attivamente alla vita politica. Perché “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Questo è un principio generale, fondamentale.
Il ddL finocchiaro sembra voler limitare più che favorire questo diritto, costringendo a modalità congeniali al suo “linguaggio politico” che non corrisponde a quello di forze alternative e anche meno interessate del suo Partito ai rimborsi elettorali, richiamati continuamente in quel ddl. Perché i partiti non sono tutti uguali. Ma i cittadini sì!
3 admin
24 Maggio 2013 - 08:08
Da Andrea Pubusa a Carlo Dore jr. e ad Aldo Lobina
Dissento sia da Carlo Dore jr. sia, parzialmente, da Aldo Lobina. L’art. 49 Cost. non richiede, a differenza della disciplina sui sindacati, un’organizzazione interna di tipo democratico. Richiede soltanto che il concorso alla formazione della politica nazionale avvenga con metodo democratico, ossia con la dialettica democratica e con la partecipazione alle elezioni. Il che è quanto il M5S fa meglio degli altri, perché il metodo democratico implica il rispetto del voto e della parola data agli elettori. Ha rispettato il metodo democratico il PD, carpendo il voto con la promessa di opporsi al Caimano e poi alleandosi con esso?
La ragione della diversa disciplina costituzionale fra i partiti e i sindacati nasce dal fatto che i sindacati stipulano i ccnl con efficacia erga omnes, anche verso i non iscritti, mentre per i partiti l’organizzazione interna, purché non abbia carattere militare (non possono le associazioni avere questo carattere) è irrilevante. I proponenti il ddl contestato mostrano scarsa conoscenza della storia italiana (anche al PCI veniva contestata la democraticità interna) e della Costituzione. Quanto al rendiconto sul finanziamento pubblico, il M5S ha ben poco da rendicontare, posto che ha rinunciato a tutto il finanziamento, ben 42 milioni di euro! Ha invitato il PD a farlo, come precondizione per un’alleanza, ma inutilmente! Il partito di Penati prende ben di più del finanziamento pubblico!
4 Carlo Dore jr.
24 Maggio 2013 - 13:49
Per Aldo Lobina: la mia valutazione di “superficialità” non era riferita tanto al contenuto del Suo intervento, quanto alle considerazioni espresse da gran parte dell’opinione pubblica sul ddl Zanda - Finocchiaro. Le ragioni di tale mia valutazione sono state espresse nel post precedente: evito dunque di riproporle. Mi limito solo ad aggiungere che, a partire dal 2000, il riconoscimento della personalità giuridica è subordinato ad un controllo di mera legittimità: basta che l’ente persegua uno scopo lecito, che abbia un patrimonio adatto al perseguimento dello scopo e che sia costituito nel rispetto delle prescrizioni di legge. Alla luce di questa previsione, mi risulta davvero difficile comprendere in che modo l’acquisto della personalità giuridica possa costituire un limite alla partecipazione democratica.
Venendo invece al post del Direttore del blog, non sento proprio di condividere l’affermazione secondo la quale il M5S rappresenti il miglior interprete del “metodo democratico” con cui i partiti devono concorrere alla determinazione della politica nazionale: gli editti di un capo sono un “metodo democratico”? Ed è “democratico” il silenzio opposto alle legittime domande rivolte al Movimento da Milena Gabanelli nell’ultima puntata di Report?
Infine, una precisazione: si può dissentire dalle scelte del PD (dissenso che mi coinvolge in prima persona, e che ho avuto modo di manifestare nell’intervento ospitato da democrazia oggi lo scorso 16 maggio), ma non è corretto definire il PD come il partito di Penati. Non è corretto perché Penati è stato sospeso dal PD nel settembre 2011, all’indomani dell’apertura del procedimento penale che lo riguarda. Il PD non è il partito di Penati, mentre il M5S è il partito di Grillo, che patteggiò una condanna per diffamazione nei confronti di Rita Levi Montalcini dopo averla insultata ed accusata di avere fatto comprare dalle case farmaceutiche il premio Nobel assegnatole per i suoi meriti scientifici.
In conclusione: la delusione nei confronti del PD è non solo legittima, ma anche condivisibile. Ma, in questo momento di generale disorientameto, evitiamo di attribuire a Grillo una patente di dignità democratica che davvero non merita.
5 Aldo Lobina
24 Maggio 2013 - 23:00
A proposito di democrazia interna
Professor Pubusa, mi permetto di portare acqua al mio mulino con questo ragionamento.
Sarebbe un non senso, a mio avviso, ritenere che l’art. 49 della Costituzione impegni i partiti al metodo democratico esclusivamente con la dialettica democratica e con la partecipazione alle elezioni .Essendo il metodo democratico metodo pre-diletto ne consegue l’obbligo della sua costante applicazione. Una competizione elettorale per esempio prevede fasi successive, il prima, il durante e il dopo. Tutte queste fasi debbono realizzarsi con metodo democratico. Nel prima, nella fase di preparazione, durante la quale si predispongono i programmi e le candidature, è ricompreso evidentemente anche l’obbligo della democrazia (interna) per i partiti.
Un tentativo di esplicitare meglio con un disegno di legge attuativo questa necessità, comunque ricompresa nell’art. 49, è la proposta Zanda- Finocchiaro et al. Gli obblighi che questo ddl attribuisce ai partiti sotto il profilo della democrazia interna non sono una scelta “volontaria”, ma un preciso dovere che asseconda quanto enunciato non solo nell’art. 49, ma nel complessivo articolato della nostra Costituzione democratica. Si può discutere sulla bontà dei mezzi previsti in quel ddL , ma si deve prendere atto che il principio di democrazia interna è già ricompreso nell’articolo 49 e che però manca una sua esplicitazione, cui quel ddL tenta di aderire.
Se un ddL attuativo dell’art. 49 proponesse per assurdo procedure non democratiche per regolare la vita interna dei partiti, avrebbe ragione chi ne chiedesse l’incostituzionalità, appellandosi all’obbligo del metodo democratico che deve permeare di sé partiti e movimenti sotto l’ombrello della Costituzione.
Non credo che i padri costituenti abbiano voluto distingure fra partiti e sindacati. Provenendo dai partiti hanno pensato di regolare i sindacati, assoggettandoli a precise regole di democrazia interna anche per le ragioni che il professor Pubusa cita, probabilmente “dimenticando” di farlo, con eguale puntiglio, anche per se stessi , considerandosi evidentemente al di sopra di ogni sospetto di anti – democrazia.
Insomma io credo che il principio dell’adozione del metodo democratico dichiarato nell’articolo 49 debba valere sia nei rapporti con gli altri partiti sia – e prima ancora - nella organizzazione interna degli stessi.
In altre parole che quell’articolo riveli anche il principio della democrazia interna, bastando la dicitura “con metodo democratico” a ricomprenderla.
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