Formare una sinistra moderna è difficile ma non impossibile, ed è necessario

28 Settembre 2022
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A.P.

C’è una domanda diffusa nell’area progressista. Dopo la débacle del PD, come si può ricomporre in Italia un soggetto limpidamente di sinistra? Non è facile, le rovine sono tante e gravi. Sono grandi i ritardi e le pigrizie, le rendite di posizione. Nella sventura spesso ci sono però chiarimenti, che aiutano a impostare il futuro. L’esito del 25 scorso ci dice, per esempio, che il M5S, plasmato da Conte ha cambiato pelle rispetto a quello della prima ora. Ora il M5S è sostanzialmente un partito democratico di sinistra, con una particolare sensibilità per le questioni istituzionali, per la questione morale, per gli aspetti sociali. L’attenzione alle fasce deboli, la propensione alla realizzazione dell’eguaglianza è sempre stata un obiettivo di Grillo che ha lanciato in Italia il reddito di cittadinanza e l’ancor più dirompente reddito univerale, elaborazione di eminenti economisti di matrice democratica. Ora con Conte questa opzione è più manifesta.
Se teniamo conto di questa evoluzione del M5S e della politica del PD, ci rendiamo conto che in questa fase si è verificata una vera e propria sostituzione nell’area della sinistra fra il M5S, che ne ha occupato lo spazio, e il PD che lo ha lasciato, spostandosi al centro con tendenza a destra. Basta vedere l’atteggiamento verso il riarmo, la guerra e l’atlantismo in cui Conte mostra un atteggiamento critico e prudente, ben diverso da quello di Letta. Per il passato poi ne è prova l’attacco alla Carta di Renzi del 2016, il prosciugamento dei diritti del lavoro, come la soppressione dell’art. 18 Statuto Lavoratori e tanti altri diritti del mondo del lavoro. In realtà, a ben vedere, sotto la spinta di un neoliberismo acritico si può dire che il diritto del lavoro in Italia non esiste più in contrasto col dettato costituzionale, che pone il lavoro a fondamento dell’ordinamento.
Se questa analisi dei fatti risponde all’ingrosso alla realtà, da essa discende una indicazione per la ricomposizione futura del fronte della sinistra, e cioè ch’essa deve poggiare principalmente sul M5S e non più sul PD, come finora si pensava. Il PD ha tante anime e certo vi sono in esso forze preziose di cambiamento, ma queste per proiettarsi verso la creazione di uno schieramento di rinnovamento devono distinguersi da quelle componenti che invece sono passate convintamente e senza ripensamenti nell’ambito del neoliberismo. In questo contesto raggruppamenti, legati al PD, come Leu, Sinistra italiana e altri, sono certamente soggetti necessari per ricomporre un riferimento di alternativa. I rinnovamenti scontano sempre scomposizioni e ricomposizioni. Il PD si trova a questo bivio e la formazione del nuovo gruppo dirigente deve passare attraverso una divisione fra aree di diverso orientamento. In questa prospettiva il M5S di Conte appare un interlocutore credibile e affidabile per creare una formazione robusta e in prospettiva vincente.
Rimane l’area della sinistra più ancorata alla tradizione comunista novecentesca. Sono piccole formazioni non prive di analisi e programmi condivisibili, ma, perse le radici sociali, compaiono sopratutto nelle scadenze elettorali, in cui, anche per il boicottaggio dei media, non raggiungono risultati e disperdono i voti. Come è accaduto con Unione popolare, dotata di un buon programma, ma silenziata dai media. E qui non si può negare che il “quarto potere” ormai sia interno alla macchina governativa e più che informare crei un vero e proprio  orientamento nel voto. Ora tutto questo fa sì che queste forze devono valutare se non sia meglio, senza rinnegare il loro dna, confluire, formando un orientamento di sinistra, nell’alveo di una formazione di orientamento democratico progressista.
Insomma, la nuova fase aperta dal voto del 25 settembre, è complessa e ricca di sviluppi. Bisogna essere aperti alle sfide, rimettere in discussione collocazioni sedimentate, guardare senza paure il mondo che cambia. Formare un sinistra moderna è difficile ma non impossibile.

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