Urge mettere in agenda la riforma della legge elettorale, inserendo in un sistema proporzionalw un meccanismo di elezione diretta del Presidente della Regione

7 Giugno 2024
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Andrea Pubusa

Al di là delle critiche o osservazioni di merito, va apprezzata la tempestività con cui la Todde ha affrontato l’invasione di installazioni energetica in Sardegna. Sotto il velo di una benefica transizione ecologica si colonizza l’isola senza riguardi per il territorio e neanche dei maestosi nuraghi testimoni della nostra antica storia. E li si sacrifica in nome di principi giuridici astratti e comunque in questo caso irragionevoli e ingiusti. Speriamo in una battaglia di popolo e delle istituzioni unite a difesa di noi stessi. Non è l’ora di tatticucce o divisioni in deteriore chiave elettorale.

Un discorso  analogo vale per la legge elettorale, la cui funzione è quella di trasformare il voto, cioè la volontà popolare, in seggi. Sono note le critiche al parlamentarismo come modo imperfetto di rappresentanza, ma questo vizio insito nello strumento, si aggrava se la disciplina accentua il distacco fra volontà popolare e quella dell’organo elettivo. E’ quanto accade nella legge elettorale sarda se è vero come è vero che liste con un consenso significativo (Michela Murgia 80.000 voti,  Soru 60.000) non hanno avuto alcun seggio, mentre sono in Consiglio piccole sigle con poche migliaia di voti.

Ed allora? Allora bisogna tornare ad un sistema proporzionale con uno sbarramento ovvio e ragionevole: non entrano in Consiglio le liste che non eleggono neppure un rappresentante in un collegio. Come avvenne in campo nazionale, ad esempio, al PSIUP alla Camera perche’ non aveva eletto un parlamentare in nessun collegio, pur avendo avuto nel complesso oltre 600.000 voti.

Da questo punto di vista la vecchia legge elettorale sarda non creava problemi. Le piccole formazioni per avere un rappresentante si alleavano o includevano propri esponenti nelle liste maggiori più vicine sul piano politico. Sotto questo profilo quella legge non sollevò questioni. Non creò problemi neppure la diffusione territoriale della rappresentanza. I collegi corrispondevano alle quattro province, in seno alle quali Sulcis-Iglesiente, Ogliastra e Gallura avevano i loro rappresentanti in una misura ormai consuetudinaria.

La critica si appuntò sul fatto che l’elezione del Presidente della Regione da parte del Consiglio dava luogo a una eccessiva instabilità con frequenti cambi al vertice e molte manovre deteriori In queste operazioni. Si buttò però il bambino con l’acqua sporca. Si è fatta questa pessima legge elettorale non per migliorare il sistema ma per far fuori il M5S con l’accordo delle forze maggiori e col voto unanime (Soru compreso: chi di mano ferisce, di mano perisce!). Un sistema che favorisce il proliferare di piccole liste, che impediscono per altro verso la governabilità vera, ossia la capacità del sistema di produrre progetti e mobilitazioni unitarie di grande respiro, come fu, ad esempio, quella per la rinascita.

La riforma, dunque, si deve fare inserendo nel meccanismo proporzionale un modo di individuazione del presidente che nasca da una convergenza delle liste dei diversi schieramenti. Non è impossibile farlo.  Un sistema di questo tipo induce le piccole formazioni ad allearsi o a inserire propri esponenti nelle liste più grandi, semplificando il sistema politico a vantaggio di una azione di maggior respiro, meno frastagliata.

L’iniziativa per riformare il sistema elettorale deve essere assunta subito. Il tempo in questa materia è essenziale. Quando ci si avvicina a metà legislatura, è già tardi. Non si fa più nulla o si fanno pastette non nell’interesse generale.

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