Ronde: sicurezza o rassicurazione?

30 Luglio 2009
Nessun commento


Carlo Dore jr.

Tenendo fede alle promesse formulate durante l’ultima campagna elettorale, il centro-destra ha appena approvato una contestatissima legge in tema di ordine e sicurezza pubblica, di cui il Capo dello Stato ha, seppure tra mille dubbi, disposto la promulgazione.
Assecondando le ben note pulsioni reazionarie di alcuni settori della maggioranza governativa, l’Esecutivo ha infatti scelto di sposare la linea della “tolleranza zero” da sempre caldeggiata dal Ministro Maroni: così, dopo il dispiegamento di quasi duemila soldati su tutto il territorio nazionale, ecco la previsione del nuovo reato di immigrazione clandestina (entrato in vigore tra le proteste dei Magistrati che da anni invocano una strategia deflativa dei carichi di lavoro basata sulla conversione in illeciti amministrativi dei “reati bagatellari”); ecco l’introduzione (già prevista dalla legge n. 125 del 2008) dello status di immigrato clandestino tra le circostanze aggravanti dei reati; ecco soprattutto la legalizzazione dei “volontari della sicurezza”, delle c.d. “ronde” di cittadini che dovrebbero affiancare le forze di polizia nel controllo del territorio.
Mentre i pasionari di Pontida si spellano le mani tra un comizio di Gentilini ed un proclama di Borghezio (“Bene! Bravi! Così si fa! Basta col buonismo! Pugno duro, severità!”), nell’esaminare le disposizioni di cui sopra il magistrato Piercamillo D’Avigo non ha potuto fare a meno di domandare: queste misure sono effettivamente utili a garantire più sicurezza ai cittadini, o sono mosse dall’esigenza – di stampo essenzialmente propagandistico – di farci sentire più sicuri, quando in realtà siamo più insicuri di prima? In altre parole, si tratta di norme “di sicurezza” o di norme di mera “rassicurazione”, volte cioè soltanto a creare una parvenza di maggiore sicurezza nell’ambito di un contesto complessivo di immutata insicurezza?
Le perplessità dell’ex PM di “Mani Pulite” hanno trovato conferma negli episodi verificatisi a Massa Carrara la scorsa domenica, quando la ronda organizzata da alcuni sostenitori de “La Destra” è venuta a contatto con un gruppo di militanti della sinistra radicale: agli insulti ed alle reciproche provocazioni ha ben presto fatto seguito lo scontro frontale, con il consueto contorno di urla, sirene spiegate e sedie che volavano. Esito finale della battaglia: qualche contuso, cittadini terrorizzati, la polizia costretta ad intervenire per salvare i rondisti dall’assalto dei contestatori.
Di fronte a simili avvenimenti, siamo dunque costretti a chiederci: l’istituzione dei “volontari per la sicurezza” contribuisce ad assicurare una più elevata protezione a quei cittadini che vivono quotidianamente la difficile realtà di alcune aree metropolitane, o serve solo a far credere a questi cittadini di poter sopperire alle eventuali carenze dell’organizzazione statuale “facendosi giustizia da soli”? Si tratta di una vera e propria “misura di sicurezza” o deve più esattamente essere definita come una mera “norma di rassicurazione”?
La risposta a tale interrogativo può essere elaborata sulla base di tre semplici dati di fatto, di per sé sufficienti a dimostrare come la ratio della misura che si commenta risulti poco compatibile con l’esigenza di offrire maggiore sicurezza alla popolazione. In primo luogo, è noto come uno Stato che, rinunciando al proprio ruolo di garante della pax sociale, demanda ai cittadini la funzione di mantenere l’ordine sul territorio – trasformando così l’autotutela da eccezione in normalità - finisce per forza di cose con l’alimentare i conflitti in seno alla società medesima, da sempre individuati come la principale fonte di insicurezza.
In secondo luogo, i fautori della “sicurezza fai da te” non sembrano essersi rappresentati le conseguenze che potrebbero derivare dall’eventuale confronto tra una pattuglia di rondisti – muniti di telefoni cellulari e di spray urticanti – e gli esponenti di una delle realtà malavitose che imperversano nelle nostre periferie: oltre ad essere chiamate ad offrire adeguata protezione ai cittadini comuni, le forze dell’ordine saranno gravate dall’ulteriore onere di dover garantire l’incolumità dei “volontari della sicurezza”, qualora questi vengano coinvolti in situazioni che potrebbero non essere in grado di affrontare. E l’imposizione di ulteriori incombenze alle forze di polizia – peraltro sfibrate dalla manifesta carenza di risorse, uomini e mezzi – non può che contribuire ad alimentare la generale situazione di insicurezza in cui il Paese attualmente versa.
Infine, l’episodio di Massa conferma come la presenza nelle città di gruppi di “rondisti” caratterizzati da una fin troppo chiara connotazione politica finirà con l’innescare continui confronti di piazza tra opposte fazioni, con la paradossale conseguenza che polizia e carabinieri verranno continuamente distolti dai loro compiti tradizionali per sottrarre al linciaggio i componenti della ronda. Insomma, ecco il classico esempio della logica che governa le “norme di rassicurazione”: creare la parvenza di una maggiore sicurezza, anche a costo di alimentare l’insicurezza!
Di questi rilievi critici l’Esecutivo ha tuttavia ritenuto di non dover tenere conto, imponendo l’approvazione di una legge che rappresenta la massima esaltazione del modello di sicurezza da sempre declinato dal partito cui afferisce il Ministro Maroni. Del resto, nel Paese delle immunità e delle prescrizioni brevi, dei condoni e della separazione delle carriere di giudici e PM, è destino che le “norme di sicurezza” (quali quelle utili a garantire maggiori poteri di indagine per gli inquirenti, processi più rapidi per punire gli autori dei reati, maggiori risorse alla giustizia ed alle forze di polizia) debbano lasciare spazio alle “norme di rassicurazione”, per l’applauso del popolo di Pontida.

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento