Pianificazione strategica: città vs. centralismo

25 Giugno 2008
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Gianfranco Sabattini

Agli esiti del fallimento dell’intervento straordinario nella promozione della crescita e dello sviluppo delle regioni arretrate italiane ha corrisposto il tentativo di inaugurare nuove forme di politiche pubbliche fondate sullo sviluppo locale. In questa prospettiva, la pianificazione strategica rappresenta una di queste nuove forme, orientata a “rompere” lo stato di arretratezza dei singoli territori.
In che cosa consiste la pianificazione strategica? Si tratta di un processo fondato sulla cooperazione volontaria tra i diversi soggetti pubblici e privati che insistono all’interno dei territori. Il processo è volto a promuovere il perseguimento di uno o più obiettivi condivisi di crescita e sviluppo attraverso l’attuazione di un insieme di progetti tra loro integrati. Nella pianificazione strategica sono presenti alcuni elementi strutturali che la caratterizzano in termini esclusivi rispetto a qualsiasi altra forma di pianificazione sinora sperimentata.
Un primo elemento è costituito dal ruolo della città; la pianificazione strategica, infatti, persegue il “ritorno della città”, intesa non più come elemento passivo da sostenere e da assistere, ma come contenitore di un insieme diversificato di fattori positivi per la crescita e lo sviluppo correlabili con le criticità del territorio che la circonda. IL secondo elemento è costituito dalla mobilitazione volontaristica dei soggetti locali (privati e pubblici), per migliorare le condizioni di vita e di inclusione sociale dei componenti la società civile locale. Il terzo elemento è costituito dall’associazionismo sociale, culturale ed ambientalista che assicura all’attuazione dei progetti integrati un consenso locale sinora mai sperimentato. Infine, un quarto elemento è costituito dalla valorizzazione dell’interdipendenza tra le diverse dimensioni che concorrono a definire il ruolo e la funzione delle singole città all’interno dei territori: specializzazioni produttive, dotazioni infrastrutturali, istituzioni culturali, formative e di ricerca, livelli dei servizi sociali erogati e dei livelli dei servizi diretti a migliorare la qualità ambientale.
Molti sono gli ostacoli che si oppongono alla pianificazione strategica; alcuni sono interni, altri sono esterni ai territori. I primi sono connessi alle caratteristiche dei territori, ai caratteri degli attori che in essi operano, alle loro forme di interazione ed alle scelte organizzative che sono in grado di assumere; i secondi sono invece connessi alle caratteristiche delle istituzioni sovraordinate. Il superamento degli ostacoli interni è subordinato al coordinamento, attraverso i progetti integrati, delle politiche settoriali dei singoli comuni presenti nei territori. Il superamento degli ostacoli esterni risulta essere più problematico, per via del fatto che essi non cadono sotto il pieno controllo degli attori locali; si tratta, infatti, di ostacoli che coinvolgono soggetti pubblici esterni sovraordinati a quelli dei singoli territori, sia a livello europeo e nazionale, ma soprattutto a livello regionale.
Da quest’ultimo punto di vista, la pianificazione strategica in Sardegna sarà fortemente condizionata da un apparato istituzionale regionale fortemente centralistico; questa situazione origina dal fatto che il rafforzamento delle competenze e l’aumento delle risorse regionali non sono stati accompagnati da un adeguamento dei rapporti di rappresentanza politica dei governi locali a livello regionale. Tuttavia, la questione più rilevante sarà costituita dalla necessità di una ristrutturazione delle politiche pubbliche regionali; la pianificazione strategica troverà, infatti, difficoltà a collegarsi con una pianificazione regionale congruente, in quanto dovrà per necessità connettersi con una programmazione di settore che l’apparato istituzionale regionale continua a privilegiare, con conseguente perdita della possibilità che la pianificazione strategica sia tarata in funzione delle effettive esigenze e possibilità di crescita e di sviluppo dei singoli territori. Ciò, per via del fatto che gli ostacoli di natura istituzionale impediranno, non solo la necessaria flessibilità decisionale ed operativa di cui avranno bisogno gli operatori locali, ma anche l’adozione dei necessari meccanismi di regolazione innovativa (nuova governance) dei rapporti tra i diversi attori locali, ma anche dei rapporti tra i diversi livelli di governo.
In conclusione, la pianificazione strategica per avere successo si troverà a dover rimuovere il “nodo”, ad un tempo politico ed istituzionale, della propensione della Regione a privilegiare la programmazione per settori (come dimostra ad esempio la recente adozione dei piani di sviluppo generale e di sviluppo del settore del turismo), che non tiene in alcuna considerazione la necessità di ridefinire i rapporti politici ed istituzionali all’interno dell’area regionale e che privilegia ancora la conservazione di un’anacronistica illusione decisionista.

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