“Diritti quesiti” tra privilegi e ingiustizia sociale

20 Maggio 2013
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Lucia Pagella

 

Per rimuovere l’ingiustizia sociale occorre toccare i  privilegi. Ma si obietta che questi costituiscono oggetto di “diritti quesiti” e, dunque,  sono intangibili. D’altra parte la modifica dei diritti fondamentali sedimentati è stato uno dei veicoli più odiosi dell’ingiustizia sociale e del precariato. Un tema - come si vede - complesso e di grande interesse giuridico e politico. Ecco un contributo sull’argomento dell’Avv. Lucia Pagella, esperta della materia, a cui va il nostro ringraziamento per questo interessante intervento che coglie appieno la complessita e ambivalenza della questione.

          

Il neo governo democristiano parla di equità e di risparmi che dovrebbero coinvolgere addirittura la Casta (ma questa sembra essere divenuta una parolaccia impronunciabile).
Ovviamente è stato subito riaffacciato il problema dei diritti quesiti  che impedirebbero la modifica delle situazioni di privilegio attualmente esistenti.
Quello che qui ci preme indagare è il versante socioeconomico del problema in quanto, dal punto di vista giuridico, l’indeterminatezza del concetto ha prodotto sin dall’epoca medioevale tonnellate di studi in proposito. Sembra peraltro opportuno richiamare brevemente a cosa ci si riferisce.
Il diritto quesito – per definizione- è il diritto che si acquista in forza di una norma di legge divenendo parte del patrimonio di un soggetto. La conseguenza è che successive modifiche legislative non possono avere alcuna influenza sul diritto ormai consolidato.
Apparentemente il concetto é semplice e chiaro, in effetti è uno dei più  controversi.
Mentre la dottrina ha sempre privilegiato questa figura prendendo le mosse dal principio della irretroattività della legge posta a garanzia della certezza del diritto ed a tutela della buona fede, la giurisprudenza  si è sempre più orientata nel senso di una modifica del diritto acquisito  ovvero di quegli effetti destinati a durare nel tempo quando il modificarsi delle situazioni socioeconomiche lo avessero imposto.
Particolare importanza ha assunto la diatriba nel campo pensionistico. La corte costituzionale con sentenza del 26/07/1995, n° 390 ha stabilito che  il diritto quesito pensionistico va valutato con riferimento alla normativa vigente al momento del perfezionamento del diritto alla pensione e, successivamente, ha sancito che il legislatore può, al fine di salvaguardare equilibri di bilancio e contenere la spesa previdenziale, ridurre i trattamenti pensionistici già in atto (sentenza del 12/11/2002, n° 446) Le medesime considerazioni si potrebbero fare per gli emolumenti percepiti ivi compresi benefit e liquidazioni.
L’enorme divario che in Italia si è venuto creando tra le retribuzioni  ed i trattamenti pensionistici hanno prodotto una miseria diffusa, il blocco dell’ascensore sociale, un notevole ostacolo allo sviluppo economico ed uno scollamento fra il popolo ed i suoi rappresentanti foriero di gravissimi pericoli.
Un concetto di diritto quesito che consenta la modifica dei suoi effetti nel tempo sembra essere la soluzione alle ingiustizie esistenti. Però bisogna ricordare che il diritto è  un Giano bifronte e che spesso l’intervenire sulla sua portata può creare ulteriori ingiustizie dal momento che sono il potere finanziario e politico che hanno in mano le leve del potere e che interpretano le leggi a proprio uso e consumo.
Se noi poniamo mente alle modifiche che sono intervenute sotto i nostri occhi nell’arco di un ventennio, ci rendiamo conto che quelle che apparivano come conquiste intangibili (soprattutto nel campo del diritto del lavoro) sono ormai documenti di archivio.
Il diritto ad  un avvenire assicurato e, quindi, ad un posto fisso che consenta una programmazione della propria vita è stato persino sbeffeggiato da chi ovviamente di posti fissi ne ha ben più di uno per se  e per i propri figli. Il diritto a lavorare in un ambiente salubre e di poter contare su una adeguata assistenza sanitaria è stato rottamato – per usare un termine oggi in voga. Il diritto a ritmi di lavoro compatibili con la sicurezza è stato ritenuto un lusso che non avrebbe consentito alla Fiat di un certo Marchionne di sopravvivere. Il diritto ad una rappresentanza sindacale che difendesse veramente il diritto dei lavoratori, è stato cancellato  sempre dal sullodato manager. E tutto ciò senza colpo ferire. Le modifiche apportate silenziosamente o consentite attraverso decisioni dal chiaro sapore ricattatorio non possono certamente considerarsi un progresso.
L’insistere in tale situazione sulla possibilità di modificare i diritti quesiti può comportare, quindi, pericoli assai gravi.
Si risponde che “è la crisi bellezza “ ma questi problemi si sono presentati anche altrove e sono stati risolti con minore miopia. Basti pensare alla Germania, per tanti aspetti criticabile, dove il concetto solidaristico ha portato ad una diminuzione dell’orario di lavoro : meno lavoro, ma lavoro per tutti. E questo ha consentito alla locomotiva tedesca di ripartire. Noi NO, noi siamo più furbi, siamo i primi della classe: distruggiamo il potere di acquisto e poi ci interroghiamo pensosamente su come far ripartire non dico la locomotiva ma almeno la carriola.
Per me un esempio vale per tutti : gli esodati. Pare che alla Fornero sia stato fatto presente il problema ma che la ministra, ovviamente fra le lacrime, abbia risposto che diversamente la riforma delle pensioni non sarebbe stata altrettanto incisiva.
Se si esamina la loro situazione, appare del tutto evidente che si sono – almeno di fatto – violati dei diritti quesiti : quando questi lavoratori hanno concordato con i loro datori di lavoro le condizioni dell’esodo hanno agito sulla base di un presupposto giuridico rappresentato dalla normativa pensionistica in quel momento vigente che perfezionava il loro diritto. Ed è il presupposto giuridico e la tutela che ne deve derivare uno degli strumenti che il legislatore ed il giureconsulto hanno a disposizione per evitare che successive modifiche delle leggi attuino un disciplina irragionevolmente restrittiva. Si è preferito, invece, disattendere ogni tutela della buona fede con le conseguenze che ne sono derivate.
E’ proprio a proposito degli esodati o di casi consimili che ci si deve interrogare sui  diritti quesiti e su una loro nuova disciplina che li definisca legislativamente e li regoli.
Se il mantenimento di posizioni di privilegio è assolutamente inaccettabile, se  da questo punto di vista  va difeso a spada tratta la possibilità di modificarne la portata, bisogna peraltro che le leggi successive non danneggino coloro che hanno acquisito diritti che non pregiudichino, per la loro estensione, l’interesse generale.
Sì quindi ai diritti quesiti ed alla tutela dei loro effetti nel tempo ma solo nel caso in cui essi non danneggino la comunità introducendo criteri di giustizia e di equità da applicarsi automaticamente quando questi vengono violati onde evitare che l’inerzia di fronte al potente o l’intervento di avvocati così competenti da divenire talvolta persino ministri tuteli i soliti noti.

         

1 commento

  • 1 Pietro Tortorici
    10 Marzo 2016 - 11:53

    Vorrei porvi una domanda sui diritti quisiti e se ne ho diritto.
    La Regione Piemonte ha tolto la tessera gialla che permette di viaggiare gratis sui mezzi pubblici agli invalidi, adducendo un errore da parte loro. Io posseggo questa tessera da 8 anni essendo invalido civile. Mi spetta? Ho un firitto acquisito? Loro non rispondono né mi hanno avvisato. La stessa scade il 31 marzo. Grazie

    Risposta:
    Questo blog non risponde a quesiti così specifici. Dovrebbe rivolgersi ad un avvocato o a un patronato.

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