Le donne di Balthus

14 Giugno 2014
Nessun commento


Gianna Lai

 E’ in libreria il romanzo primo di Valentina Neri, Le donne di Balthus, Arcadia, 2013. Ecco un recensione di Gianna Lai.

C’è una casa in certi romanzi, che preannuncia storie e avvenimenti, e che diviene man mano personaggio essa stessa, legando il presente ad un tempo così prossimo e così prepotentemente reale, da determinare ancora scelte e volontà. E stabilire il corso delle cose e le azioni del destino, come se a donne e uomini non rimanesse  possibilità alcuna di decisione. Nel libro di Valentina Neri, Le donne di Balthus- Arcadia, 2013, il mondo sembra davvero cozzare con l’infanzia di una fanciulla indocile e resistente, che fonda il suo vivere sulla scrittura di un appassionante diario, vera rappresentazione di sogni e  fantasie, continuamente alimentate alla lettura della poesia e del romanzo. Ed è l’ipocrita visione degli adulti, la loro consueta violenza sui deboli, a costringere Selene alla fuga dalla cupezza de S’Inserru, per andare alla ricerca  di una consapevolezza nuova. Di una coscienza che si nutra alle opere di Freud e di Jung, e  ad una rappresentazione di futuro appagante e sicuro. Ad una immagine di giovinezza spavalda e sfrontata, audace e impavida che, via via, sembra metafisicamente rappresentarsi nella figura di  Zuleika. E come  materializzarsi nelle forme dell’interpretazione dei sogni, dei numeri, dei nomi. Bellezza amaliante nel significato del termine, sorta di alter ego cui attingere conoscenza e invenzione, Zuleika lega i personaggi di questa storia in maniera avvincente, riannodando la trama del tempo, per impedire che esso sia inutilmente consumato dalla scoperta di nuovi sentimenti, o dal dolore estremo della perdita. E per recuperare quell’apparente caos del vortice blu, così avvolgente e irresisitibile, nel sogno che solo una labile barriera distingue dalla realtà, e che prepara ineluttabilmente all’amore.
 Roma, Firenze, Cagliari, Napoli, Venezia, Parigi, lo splendore del passato che non muta, la grande cultura contemporanea. Qui Selene e Ludovica rivivono con angoscia la loro sfortunata maternità, ciascuna senza sapere niente dell’altra, fino a quando il lavoro tra i bisognosi che soffrono, non ne determina l’incontro fatale. E le due donne  tratteggiano man mano il cambiamento verso la crescita e la trasformazione, avendo ormai messo ‘pace ai sogni’ Selene, per costruire con  Ludovica un legame nuovo ed esclusivo, come se il passato fosse lì a voler essere investigato. A voler essere esplorato, per liberare i fili robusti che, di sicuro, le hanno tenute insieme in qualche parte del mondo. Stati illusori ed eventi straordinari che attraversano il quotidiano, per cercare di scoprirne significati e valori. E che traggono respiro dalla frequentazione continua della letteratura e dell’arte nella città, e magari dai quei ricorrenti presagi e visionari  annunci del mistero, accompagnati dalla pressante necessità di fare luce. L’indagine occupa d’ora in poi la vita delle due donne, e il coraggio di andare al fondo di una storia per niente lineare, determinando contemporaneamente anche la svolta del romanzo. E nuove sensazioni e nuove  condizioni dell’animo, come solo la scrittura sa  forgiarle, con spontanea e diretta partecipazione emotiva. In quei titoli, la scoperta per il lettore di una casualità inattesa, che lo rimanda continuamente dagli anni cinquanta ai nostri giorni, sempre risalendo, un decennio dopo l’altro,  a un tempo ancora irrisolto. Come manchi di compiutezza un episodio, un avvenimento, se non si torna indietro all’antefatto, che  aspettava finalmente  di chiudersi. In ‘Corrispondenze’, per esempio, un rapporto familiare tormentato e un profilo psicologico, vero primo bilancio dell’esistere. O nella ‘Lista dei buffi’, tutte quelle citazioni dei classici, e le letture ad alta voce a fine giornata, che  non possono far dimenticare i sensi di colpa, pur aiutando Ester a scacciare la paura dell’abbandono. O in ‘Morte a colori’, i versi di Cardarelli dedicati a Elio, e i capelli blu di Lilith, come quelli di Ester. La casa del delitto e dell’amore, infine,  in ‘Minacce di carta’, e la sospensione e l’attesa, intatta a partire dal ritrovamento antico del disegno, che riproduce e rivela la stanza. E che solo può sciogliersi di fronte alla sua vera collocazione, nel  corrispondente quadro originale del pittore Balthus. E i miti della Sardegna che, nell’enfasi di un linguaggio di fervida immaginazione, sembrano voler trasmettere direttamente alla bambina pensieri e azioni della mamma. Se non ci fosse il gatto Balthasar a farla sentire ancora teneramente infantile e, insieme a Ingrid e a Agata, a salvarle davvero la vita. In quella città colta direttamente attraverso gli occhi affettuosi dei suoi abitanti, mentre attraversano le vie strette e le case ‘dall’archittetura labirintica’. E più vera quindi, e più espressiva, così affollata di persone e dei loro dialoghi e pensieri. Che sola può liberare l’inquietudine  finale di Ester, scoprendone forza ed energie nuove.
 .
 

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento