Volevano braccia, sono arrivati uomini

19 Dicembre 2008
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Gianna Lai

“Il fenomeno migratorio in un mondo globalizzato sta diventando inarrestabile: il problema non si risolverà chiudendo le frontiere, ma accogliendo, con giusto regolamento, equilibrato e solidale, i flussi migratori da parte degli Stati”: non è il proclama del Socialforum, è una dichiarazione del card. Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti. Sono oltre 200 milioni le persone, “che vivono fuori dal loro Paese di origine, spinte anche dalla miseria, dalla fame, dalla violenza, dalle guerre, dalle rivalità etniche, ma pure dal desiderio di una vita migliore”. Ma l’immigrazione è “vissuta spesso nei Paesi ospitanti come una sorta di ‘invasione’, con ripercussioni negative su questioni di stabilità e sicurezza”. “Questo clima di chiusura rende ancora più triste e amara la vicenda umana di molti immigrati, spingendoli altresì a condizioni di irregolarità”.
Con il pretesto di contrastare l’immigrazione clandestina i recenti provvedimenti del Governo e del Parlamento, colpiscono tutti gli immigrati, soprattutto coloro che vivono e lavorano regolarmente nel nostro paese rispettando le leggi. L’integrazione diventa un percorso ad ostacoli che esclude e inibisce le azioni positive di inserimento dei migranti nella società italiana. Il fondo Nazionale per l’integrazione è passato da 100 milioni di euro a 5 milioni e tra le proposte contenute in finanziaria vi è l’introduzione del requisito di dieci anni di residenza per l’accesso al piano casa ed all’assegno sociale. Il disegno di legge sulla sicurezza, in discussione al Senato, in nome di un malinteso concetto di sicurezza, stravolge le norme sull’immigrazione, riducendo fortemente i diritti dei migranti, uomini e donne, da tenere in condizioni di precarietà, ricatto e sfruttamento, con gravi ripercussioni sulla pacifica convivenza nella società.
Sui diritti dei lavoratori migranti la CGIL ha avviato una mobilitazione in tutto il Paese, con lo slogan: “Stesso sangue, stessi diritti”. In questo contesto, a Cagliari si è svolta un’assemblea alla quale ha partecipato Livio Pipino, Presidente di Magistratura democratica. Su quest’assemblea pubblichiamo un articolo di Gianna Lai.

Si chiama “migranti” l’agenda 2009 di Magistratura Democratica, nata dalla collaborazione con l’Arci, il Gruppo Abele e l’Associazione Libera di don Ciotti, che Livio Pipino ha presentato nei giorni scorsi nella Camera del lavoro di Cagliari. In copertina la bambina di Staino:- Perchè vi mettete in viaggio se sapete che forse morirete?- ….Per quel forse - le risponde, appena sbarcato e carico di bagagli, un uomo infreddolito e spaventato. Da sei anni Magistratura democratica fà un’agenda in difesa della Costituzione, e l’idea di un’altra immigrazione, quella che fonda la storia stessa dell’intera umanità, deve essere posta oggi al centro dell’impegno per la garanzia dei diritti della persona e dei diritti di cittadinanza. Al centro, dice Pipino, la necessità di comprendere il fenomeno per governarlo, perchè le diversità hanno costruito le città in modo diverso, di sicuro migliore. 4 milioni di migranti in Italia, e solo 2 milioni e mezzo i regolari (ma - a ben vedere - prerogativa dell’immigrazione è l’irregolarità), e una politica della Destra volta ad alimentare la paura, per fini puramente elettorali: ma è l’ iniquità del sistema a demolire i diritti, creando insicurezza e forme di legislazione che vorrebbero impedire con l’uso della forza i processi migratori, piuttosto che impegnarsi a governarli. Si pretende che il migrante abbia già un posto di lavoro quando arriva, e vada via quando lo perde, negando ogni possibilità di ricongiungimento familiare, secondo modelli di società premoderne, precedenti il Settecento illuministico della borghesia. Il contratto di soggiorno si fonda sul contratto di lavoro, secondo regole medioevali, per le quali lavoro e vita erano nelle mani del datore di lavoro. E anche il resto dell’Europa sembra pensarla allo stesso modo. Ma se le regolarizzazioni seguono gli interessi dominanti, invece la cittadinanza è per chi lavora nel luogo e vive nel luogo, e insieme agli altri realizza cose, crea speranze, costruisce futuro. Una cittadinanza comune cresce dentro una società multiculturale, secondo processi storici che si sviluppano con apporti diversi, di culture e di conoscenze.
Da questo punto di vista la campagna della Cgil contro il razzismo, Stesso sangue, Stessi diritti, e per l’abolizione della Bossi-Fini, contribuisce a dare maggiore significato alla Giornata del 18 dicembre per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori migranti: sta crescendo a livello sociale una nuova consapevolezza, fondata sulla solidarietà del lavoro, che saprà opporsi alla politica discriminatoria del governo, quella che istituisce nella scuola le classi ponte per i bambini degli immigrati, che esclude dal piano casa chi non risiede in Italia da almeno 10 anni e considera fuorilegge i clandestini, colpendo non il reato ma la condizione umana. Vera illegalità è la sospensione della Costituzione, quando il governo alimenta le guerre tra poveri e cerca di saldare il razzismo di Stato al razzismo diffuso a livello popolare. Perchè, lo diceva Assan, il cittadino algerino intervenuto dal palco di piazza del Carmine durante la manifestazione del 12 dicembre, i 4 milioni di migranti, per il governo soggetti speciali da tenere sempre sotto osservazione, sempre in bilico tra lavoro e permesso di soggiorno, contribuiscono per il 9% alla realizzazione del Pil in Italia, e pagano tasse per 4 miliardi di euro. Volevano braccia, sono arrivati uomini, sembra ancora lo slogan più giusto a denunciare l’iniquità dei rapporti fra paesi ricchi e migranti e a definire questa battaglia per i diritti alla persona in tutto il mondo.

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