PD: gente per bene, spesso rappresentata da briganti!

22 Dicembre 2008
2 Commenti


Andrea Pubusa

Volete una prova dello stato confusionale del PD? Eccola. Molti dirigenti di quel partito - Follini in testa - ritengono che il crollo elettorale in terra d’Abruzzo dipenda dalla furbizia contadina di Di Pietro e non dagli arresti di Del Turco e di D’Alfonso. La causa non sono le retate nel Regno delle due Sicilie e dintorni, ma le trappole del perfido Tonino, scarpe grosse, cervello fino. Ergo: rompere l’alleanza anche con l’ex PM di Mani pulite e il problema elettorale è risolto. E’ un invito a creare un comune degrado, uno standard immorale comune fra centrodestra e centrosinistra, senza alternative in melius. Così la compensazione fra scandali e arresti dell’uno e dell’altro polo, porterà a rendere irrilevante la questione morale sull’esito elettorale. Una sorta di consacrazione dell’accordo affaristico bipartisan, che ormai emerge con chiarezza in molte aree del Paese. Non è un caso che a Napoli, in Calabria e in altri luoghi della partita affaristica fossero protagonisti insieme esponenti del Pdl e del PD e che gli uni e gli altri usassero le istituzioni a comuni scopi illeciti. E gli scontri nelle assemblee, consigli comunali, provinciali e regionali? Spesso solo una recita, in un teatrino mediatico, con ruoli predefiniti (di maggioranza o di opposizione, a seconda dei casi) all’interno di un’azione convergente dietro le quinte.
La tesi di chi sostiene che Di Pietro sia il vero problema, è doppiamente irresponsabile. Anzitutto non tiene conto del fatto che, comunque, una situazione di degrado e avvilimento istituzionale come quello attuale, un qualche sbocco deve trovarlo e non è detto ch’esso, in assenza di Di Pietro, sia migliore dell’alternativa offerta da Italia del Valori. Inoltre, non è casuale che questa sia una versione edulcorata della posizione sempre sostenuta e rilanciata in questi giorni con forza da Berlusconi, e cioè che Di Pietro, e in genere chiunque propenda per un’accettabile moralità pubblica, sono i veri nemici da battere. Il Cavaliere si spinge fino a condizionare la normalizzazione cel rapporto col PD alla presa di distanze da Di Pietro, ponendo così in modo emblematico alla base del dialogo un terreno comune sul livello morale o meglio amorale della politica. Questo è anche l’auspicato sfondo condiviso per un accordo sulla controriforma della giustizia su cui Berlusconi chiama Veltroni: fuori Di Pietro, cioè sgomberiamo il tavolo da una posizione di pregiudiziale difesa della questione morale e di lotta al conflitto d’interessi, e poi tutto l’altro può essere oggetto d’accordo e di scambio. Fuori l’etica e tutto diventa commerciabile.
Ora, Veltroni si trova davanti ad un bivio drammatico. La sua opzione personale in favore di un’accettabile standard morale si scontra con un corpo dirigente locale del suo partito, ormai affetto dal cancro e con la metastasi così diffusa, da far disperare sulla sua sorte. Pensate alla preclusione delle liste agli indagati. Lascerebbe automaticamente a casa molti leaders locali e nazionali. In Sardegna, per esempio lo sono insieme Presidente del Consiglio e della Giunta, entrambi PD, il primo già rinviato a giudizio. Ma sono ormai una marea gli amministratori regionali e locali in questa situazione. Ed è gente che muove tessere e truppe cammellate. Alcuni muovono anche soldi, e molti. E il conflitto d’interessi? Idem come sopra. In Sardegna è conclamato. Ma come può Veltroni chiudere la lista a Mister Unità? Insomma, l’omogeneizzazione dei due poli e la berlusconizzazione del centrosinistra più che un fatto teorico è già un corposo fatto materiale, e – si sa – i fatti sono più duri e tenaci delle teorie. E sta qui una delle ragioni della frettolosa liquidazione di Prodi, uomo criticabile quanto si vuole, ma sicuramente l’unico vero antagonista del Cavaliere, certamente immune e ben vaccinato contro il berlusconismo.
Quando il buon Berlinguer lanciò l’idea del “Governo degli onesti”, per ampliare la base di consenso per un governo a partecipazione comunista, Lucio Magri, allora brillante dirigente del Manifesto, disse sarcasticamente che quella proposta riduceva anziché accrescere la base di consenso, tanti erano già allora coloro che, a sinistra, vedevano come fumo negli occhi il rigore morale, quasi monacale, del Segretario del PCI. Molti già preferivano Craxi. In realtà, avevano ragione entrambi, i due leader comunisti, in quanto assumevano riferimenti diversi: Magri guardava al ceto politico della sinistra, Berlinguer alla società italiana. Oggi Veltroni rivendica con orgoglio “siamo gente per bene”. Sì, certo, gli elettori del PD son gente per bene, ma fra i dirigenti, specie in periferia, non pochi sono i briganti. Ecco perché nella sua guerra Walter forse ha già perso. Forse - come un imperatore del basso impero - sarà pugnalato dai suoi stessi pretoriani. Dio lo salvi!

2 commenti

  • 1 Antonello Murgia
    22 Dicembre 2008 - 12:14

    Il problema è che i partiti politici, nella loro veste di elaborazione e sintesi partecipata di un progetto di società, non esistono più. E il progetto collettivo è stato sostituito da quello individuale, che porta inevitabilmente agli affari, a meno che non emerga un novello Napoleone, con il suo delirio di onnipotenza, ma anche con il suo genio. E di Napoleoni non se ne vedono all’orizzonte, né ne abbiamo bisogno, grazie a dio. L’incapacità del PD sta, a mio avviso, nel suo peccato originale, nell’essere nato non da una riflessione collettiva, ma dall’iniziativa di una classe politica in larga misura inadeguata e tuttavia ferocemente aggrappata al potere. Come spiegare altrimenti la “fusione fredda” fra DS e DL senza nemmeno il tentativo preliminare di un confronto e di una sintesi fra le rispettive basi? E come spiegare l’abolizione delle preferenze alle elezioni, accettata quando non favorita nonostante l’avversione del suo elettorato? Ricordo che il PD, quand’era al governo, ha giustificato la mancata modifica della legge elettorale con il disaccordo del PdL. Potranno mai accorgersi questii dirigenti del PD che il problema dei problemi non è se prendere o meno le distanze da Di Pietro, ma una libertà di stampa sempre più massacrata? Che ci rimane giusto la libertà di parlarci in ristretti cenacoli di poche migliaia di persone (se non poche centinaia, come nel caso del nostro blog)? “Freedome house” nel 2004 ci ha messo al 74° posto al mondo come libertà d’informazione. Nel 2007 siamo scivolati all’80°, a pari merito con il Botswana e dietro molti Paesi del cosiddetto Terzo mondo. Ma non basta: è in corso un ulteriore, pesantissimo attacco del governo con il cosiddetto lodo Alfano, la cui approvazione ci riporterebbe pari pari al codice Rocco: mi aspetterei che i dirigenti del PD organizzassero le barricate in difesa della libertà di tutti e invece li ascolto, attonito, dedicare molto più tempo e passione a come liberarsi dalla contiguità con Di Pietro!

  • 2 Antonello Murgia
    23 Dicembre 2008 - 10:48

    errata corrige: mi accorgo di aver scritto lodo Alfano, ma intendevo dire, come si sarà capito, D.d.l. Alfano sulle intercettazioni

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