Cagliari: e se il candidato della destra fosse Zedda?

28 Dicembre 2015
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Andrea Pubusa

A Cagliari si discute di elezioni , le manovre sono in corso, e si fanno - com’è ovvio -  tante supposizioni. Il PD ha acclamato Zedda, dunque i giochi lì sono chiusi. Almeno quelli esterni, perché l’unanimità del PD - ce lo insegna il caso Prodi alle ultime elezioni presidenziali - è solo un modo per camuffare il dissenso e sopratutto i dissenzienti, i quali così possono tramare e agire di sorpresa all’ombra  di una decisione già assunta e apparantemente granitica. E - badate - gli attori non sono schizzinosi, pur di non rafforzare un loro contendente interno, son capaci di intelligenze col “nemico”, tanto più che il nemico non è neppure avversario, ma alleato. Non vi sarà sfuggito il paradosso: il PD a Roma ha cancellato SEL dal novero dei suoi alleati o, se preferite, SEL ha rotto col PD di Renzi e addirittura si è sciolta per promuovere un nuovo soggetto politico “Sinistra italiana“, mentre a Cagliari SEL mantiene il nome della ditta per allearsi col PD. Il paradosso è ancora più sorprendente se tenete conto che a Roma Renzi è alleato organicamente con la destra (Alfano-Verdini) ed ha intelligenze, al di là delle apparenze, con FI. Il Nazareno rimane l’alleanza di riserva per arginare il consenso montante al M5S, mentre a Cagliari la destra sembra fuori dall’orizzonte del PD, alleato di SEL.
Tuttavia, se il PD non è un club di gentleman, la destra anche sarda non è da meno, sembrano tutti un’accolita di malandrini. Ormai si considerano complementari. Lo hanno dimostrato nel dicembre 2013, elaborando e votando una legge elettorale regionale che consente loro a seconda dell’aria che tira di giocarsi presidenza e maggioranza, ma di avere sempre l’opposizione (di sua maestà) con gli sbarramenti supersonici. Insomma, la presidenza e l’opposizione, alternativamente, al PD o a FI, chi non si allinea, nell’una o nell’altra sponda, è fuori dall’Assemblea regionale.
In questo ormai consapevole comun sentire, che si manifesta nelle istituzioni come dialettica fra consorterie interne ad un unico grande soggetto politico (il Partito della nazione in costruzione), perché la destra non dovrebbe puntare su Zedda? Forse che Massimo ha propositi che non s’inscrivano nell’orizzonte della destra? Forse che la sua sindacatura è stata dirompente? Forse che quello slogan promettente per la sinistra e minaccioso per la destra “ora tocca a noi“, l’ha esclusa? O non è vero il contrario e cioè che da quel “noi” sono stati espunti proprio i movimenti, le associazioni culturali, l’intellettualità progressista cagliaritana che ha portato Zedda al Palazzo di via Roma?
I giardinetti, le opere pubbliche, le piazzette le ha fatte anche la destra. Delogu ha rinverdito la città con aiuole e lastricati. Ma non è qui che si gioca la partita fra destra e sinistra. Si gioca nelle politiche sociali, si gioca nel dar voce ai movimenti, si gioca nel creare una rete democratica permanente, come hanno fatto le grandi esperienze di amministrazione locale della sinistra fin dalla fine dell’Ottocento. Della democrazia partecipativa, che è l’organizzazione della democrazia a livello comunale, in questi cinque anni non si è neppure  sentito parlare. E allora perché Massimo non potrebbe essere votato dalla destra? Che paura può far ai moderati nostrani la sua rielezione?
E allora, se è vero che nel PD, l’unanimità copre anche sotterranei dissensi, è anche vero che la difficoltà della destra a individuare un candidato unico e forte, nasce dal sottinteso consenso che vasti settori della destra locale mostrano per il sindaco uscente. Come mai Farris si è tirato indietro? Ha annusato l’aria che tira?
Ha ragione Vito Biolchini, Massimo è un grande tattico, un gran furbone, la volta scorsa ha infinocchiato movimenti, associazioni, giovanilismo di cambiamento, oggi, sentendo di non poter ripetere appieno quel bluff, gioca un’altra carta: rimpiazza i voti in uscita della sinistra con quelli della destra. E, oplà!, facendo il gioco delle tre carte,  punta a rimanere in sella. Continua la politichetta di aiuole, giardinetti e marciapiedi e quella delle porte in faccia ai ceti popolari, ai movimenti progressisti. Poi si vedrà. L’importante è rimanere in gioco, essere della partita in posizione di forza. Destra o sinistra, uguali sono, tutto fa brodo. Non  pensa e fa così anche Renzi? Grande tattica o sfacciato trasformismo? Good luck, compagno Zedda!

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