Art. 18: la Corte, scasso Renzi-Poletti e dintorni

12 Gennaio 2017
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Andrea Pubusa

 © ANSA

 

Non si conosce la motivazione, ma solo il dispositivo della decisione della Corte costituzionale sull’art. 18. Sembra tuttavia che l’inammissibilità venga ricondotta dalla Consulta al carattere non meramente abrogativo del quesito referendario formulato dalla CGIL. In buona sostanza - secondo la Corte - l’abrogazione delle norme oggetto del regerendum avrebbe avuto l’effetto non solo e non tanto di far rivivere il testo dell’art. 18 previgente allo scasso Renzi-Poletti, ma avrebbe esteso il diritto alla reintegrazione anche ai lavoratori delle imprese con meno di 15 dipendenti, che, com’è noto, era esclusa. Quindi l’effetto non sarebbe stato meramente abrogativo, ma, in certo senso, propositivo-deliberativo. Si tratta ora di vedere la motivazione al fine anche di capire le ragioni che hanno indotto cinque membri della Corte a pronunciarsi a favore del’ammissibilità.
Vedremo. In ogni caso, dalla vicenda emergono due elementi: la forte ostilità di questa maggioranza e dell’establishment verso l’art. 18, che è il fulcro della tutela dei lavoratori. Un dipendente esposto alla perdita del posto di lavoro senza giusta causa o giustificato motivo è un uomo senza libertà. Il secondo aspetto attiene alla materiale compressione dei diritti dei lavoratori in Italia in violazione non solo dell’art. 1 (la Repubblica è fondata sul lavoro), ma anche delle norme sulla tutela giurisdizionale, a partire dall’art. 24 Cost. Quanto la Carta dice che “tutti possono agire in giudizio a tutela dei propri diritti e interessi legittimi, non vuole solo dire che tutti hanno diritto alla tutela giurisdizionale in Italia, ma vuol dire, più profondamente, che la tutela dev’essere effettiva. In altri termini, se il diritto o l’interesse legittimo risulta fondato in giudizio, il giudice deve avere il potere di accordare una sentenza e la sua esecuzione in modo che l’interesse dell’avente diritto sia effettivamente soddisfatto (principio dell’effettività della tutela giurisdizionale).
Ciò posto, è agevole comprendere che questo principio costituzionale viene violato se risulta in giudizio che il lavoratore è stato licenziato senza giustificato motivo o giusta causa e tuttavia anziché avere la tutela piena (ossia la reintegrazione) ha un succedaneo non voluto, ossia un risarcimento. E’ come se il vicino di casa si appropriasse di un vostro oggetto di grande valore affettivo e, anziché essere condannato a restituirlo, possa tenerlo soltanto risarcendovi il danno, che a voi non interessa. Si comprende che questa tutela non è effettiva. C’è una grave violazione del principio costituzionale di effettività della tutela. Questo vale ora per il vigente articolo 18, come modificato dagli eversori costituzionali del governo, ma anche in relazione alle aziende con meno di 15 dipendenti, essendo evidente che anche in questo caso, il licenziamento dovrebbe sempre essere giustificato da motivi comprovati.
C’è dunque molto da battagliare sui diritti del lavoratori, e come si vede la Carta è sempre la via maestra. Ciò non toglie che la CGIL quando deve confrontarsi con giudizi di organi di garanzia, come la Consulta, deve seguire sempre la strada più prudente e non cercare scorciatoie, perché queste anziché avvicinare la meta, la allontanano, come è avvenuto in questo caso. Ma - ripeto - per capire se è così, aspettiamo la motivazione. Intanto riprendiamo la mobilitazione per l’attuazione della Costituzione.

1 commento

  • 1 Oggi venerdì 13 gennaio 2017 | Aladin Pensiero
    13 Gennaio 2017 - 08:22

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