Davigo oggi a Cagliari racconta la corruzione

21 Marzo 2017
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Gianna Lai

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Del sistema della Corruzione in Italia  Piercamillo Davigo, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, parla a Cagliari oggi alle 19 nella Sala Conferenze della Fondazione di Sardegna via S. Salvatore d’Haorta, su iniziativa dell’ANPI e del Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria. Viene presentato il suo ultimo libro su “Il sistema della corruzione”. Un’occasione per sentirlo dal vivo e porgli domande.
Ecco una recensione del libro di Gianna Lai.


‘E’ indubitabile che il fenomeno della corruzione rappresenta una patologia sempre più grave delle democrazie occidentali in genere e che a pagare questo fenomeno sono i cittadini, sopratutto quelli più svantaggiati, che lo Stato dovrebbe poter assistere in modo efficace’. Un danno a carico della collettività non sempre percepito fino in fondo, forse in conseguenza della disaffezione  degli italiani, in particolare, alla vita pubblica: inesistente la repressione, inadeguate le pene, sempre incombente la prescrizione. Il numero delle condanne, nel nostro Paese, ‘più basso rispetto alla Finlandia, paese ritenuto tra i meno corrotti al mondo’.
E spiega Piercamillo Davigo, nel suo bel libro ‘Il sistema della corruzione’, Laterza, 2017, come sia drammatico nel nostro Paese intanto il problema di scoprire i reati, la cosidetta cifra nera, perché non son quasi mai denunziati,  e quanto stretto sia il legame con la criminalità organizzata, per sua natura improntata alla gestione del mercato illegale. E subito un esempio, per comprendere come spesso si giunga alla scoperta della corruzione attraverso le indagini sul crimine organizzato, sulle falsità contabili, o ‘le dichiarazioni di concorrenti in reati di corruzione’.
Procede in tal modo la disanima del magistrato, dalla definizione della corruzione stessa, fino alla descrizione di tutti i comportamenti dolosi, che comprendono le turbative d’asta per aggiudicarsi appalti, le frodi nelle forniture pubbliche, le falsità contabili per  coprire illeciti o per finanziamenti illeciti a partiti politici. Delitti che si ripetono secondo un vero sistema criminale, ‘alterando le regole del gioco politico e  producendo beni inutili o scadenti a costi eccessivi’. Così per il Fondo investimento occupazione dove, secondo le confessioni degli imputati, ad essere tenuta in prima considerazione era ‘l’ammontare della tangente percepibile’. O per la metropolitana milanese o, un esempio per tutti, gli appalti Anas,  nel racconto di un manager le trecento imprese che se li dividevano. Tutte aziende naturalmente che, pur al riparo dalla concorrenza, grazie al sistema malavitoso messo in atto, producevano opere scadenti e a costi doppi di quelli medi europei.
    Si tratta di storie calate nel contesto generale,  in riferimento a concrete situazioni, che attingono alla esperienza personale del magistrato. E che servono a chiarire, attraverso esempi significativi, come il problema fondamentale in Italia non sia affatto la sicurezza, nella  prevalente repressione dei reati visibili, la cosidetta microcriminalità, quanto la corruzione, così diffusa e reiterata. Chiara la vicenda della Parmalat, con le sue 45.000 vittime, che han perso in un sol colpo tutti i loro risparmi, mentre  mai succede che ‘nella borsa scippata si conservino i risparmi di una vita intera’, perché il  sistema è criminale ed è ‘uguale a quello del crimine organizzato’ e colpisce tutti noi. Ed ancora riferimenti a situazione concrete e molto note al lettore, si perchè la corruzione è come ‘un  particolare accordo tra un funzionario pubblico e un soggetto privato’, con ‘alcune caratteristiche della mafia, tra cui la sommersione e il contesto omertoso’, spesso legata al crimine organizzato, che di mercati illegali appunto si nutre, e che assicura il rispetto delle regole. Ma per essere più ‘vicino al dibattito corrente’ il libro si riferisce anche a ‘fatti di concussione, traffico di influenza, e finanziamento illecito di partiti e di esponenti politici’, in un’Italia dove è molto difficile sradicare la corruzione, cosi ’seriale e diffusiva’. E dove  son proprio gli onesti ad essere espulsi dagli ambienti inquinati e corrotti, complice buona parte della stampa, impegnata a nascondere  responsabilità e a manipolare gli avvenimenti. 
Ma che l’andamento criminoso segua le varie fasi economiche del Paese, e sia in stretta relazione con le crisi e con i tempi di vacche grasse, questo è davvero una scoperta legata all’esperienza e allo studio di Davigo. Se si riduce la spesa pubblica in tempo di crisi, fa notare il libro, da un lato i corruttori non possono più trasferire il costo delle tangenti sui bilanci della pubblica ammministrazione,  dall’altro aumentano i procedimenti penali per reati fallimentari, tramite i quali si arriva  alla scoperta di falsità contabili, e alla positiva conclusione delle indagini. Per di più, di fronte a un’opinione pubblica,  questa volta  più attenta alle vicende politiche  del paese, che chiede ascolto e che vuol farsi sentire. Così è dai tempi di Mani pulite, ‘mai nessuno di noi si sarebbe immaginato la vastità della corruzione’, che vide processate  4500 persone e la scomparsa dalla scena pubblica  di ben cinque partiti politici, quelli delle maggioranze parlamentari. Tangenti usate per pagare le tessere di  iscritti inesistenti, e finanziare le correnti dei partiti, mentre le imprese  si spartivano gli appalti e  davano soldi a destra e a manca, ai funzionari degli enti pubblici e agli uomini dei partiti di maggioarnza.
Pur invariate le linee portanti della corruzione, cambiano oggi alcune modalità perché, al danaro contante, si sostituiscono forme di retribuzioni attraverso incarichi e consulenze, e pagamenti attraverso paradisi societari, bancari e fiscali: somme ingenti di danaro che  si spostano rapidamente attraverso i sistemi informatici  e telematici, mentre le ‘procedure di assistenza giudiziaria internazionale restano di una lentezza esasperante’.
  Ma perché la corruzione in Italia? Una Pubblica aministrazione priva di ‘forte senso di appartenenza e di dignità’, fatta di funzionari cooptati, secondo un sitema feudale ancora vigente, mentre i partiti mantengono i  ‘reprobi’ moralmente indegni nelle posizioni di responsabilità, fino a che non sia il giudice a decidere della loro carriera. Di  selezione della classe dirigente si tratta naturalmente, se non vogliamo che arrivino Cosa nostra o la ‘ndrangheta a comandare.  E si entra allora  nella condizione esistenziale del magistrato, di fronte a leggi che tutelano ‘molto di più chi le viola’ che le vittime delle violazioni stesse, a una Repubblica che sta dalla parte dell’imputato, alla frustrazione di fronte all’impossibilità di venire a capo di un lavoro così impegnativo, perché  eccessivo è l’intervento giudiziario.
E però la magistratura continua a tenere, resiste, e c’è il modo, secondo l’autore, di integrare gli organi di controllo e repressivi, per impedire che la partita tra guardie e ladri si concluda con una sconfitta. E ci sono le fonti che descrivono il fenomeno e i rapporti tra corruzion e sistema politico tra corruzione  crimine organizzato, a partire dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno mafia del 1988, ma già a partire dagli anni cinquanta, in riferimento agli appalti pubblici. Indica l’autore i ‘controlli di prodotto’, come forma nuova di verifica sui beni forniti alla pubblica amministrazione, visto che in Italia son  sotto gli occhi di tutti tempi e costi di realizzazione, delle opere pubbliche,  doppi rispetto ai paesi stranieri. Così come l’ introduzione di norme che prevedano attività definite sotto copertura, anche in materia di corruzione, come già avviene negli USA.
Intollerabile il mercimonio della pubblica funzione per il cittadino, che chiede che l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge venga ripristinata. E questo libro soccorre il lettore col suo impegno divulgativo, verso  una nuova consapevolezza, da cui muovere per comprendere e, sembrerebbe, imparare a contrastare l’ingiustizia nel nostro Paese.. 

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