Zapatos rojos contro la violenza sulle donne

26 Novembre 2017
2 Commenti


scarpe rosse
La manifestazione di Cagliari per dire no al femminicidio

Un tappeto di scarpe rosse ha invaso piazza Garibaldi a Cagliari come simbolo, per dire basta alla violenza sulle donne. La manifestazione è stata organizzata grazie al progetto “Zapatos rojos – Scarpe rosse”, un’organizzazione d’arte pubblica in collaborazione con varie associazioni fra le quali Terra battuta. Ogni paio di calzature, trovato attraverso l’attivazione di una rete di solidarietà, rappresenta una violenza subita. Una marcia di donne intente a sottolineare il dolore provocato sia a livello sociale che familiare.
Perché le scarpe rosse? Dietro c’è una storia di lotta per i diritti umani che porta il nome di Marisela Ortiz Rivera. E’ lei la donna simbolo contro il femminicidio a Ciudad Juarez, città di frontiera nel nord del Messico dove, dal 1993, si contano più di 1.300 donne uccise e centinaia scomparse. Da anni si batte contro la crudeltà della gente tanto da essere stata costretta ad andare in esilio negli Usa insieme alla sua famiglia. A causa del suo intenso impegno nella denuncia, nel 2008 la Città di Torino le ha donato la cittadinanza onoraria. La sua missione non si ferma, nonostante da anni sia costretta a vivere sotto scorta perché spesso minacciata di morte: Marisela, psicologa e maestra, è presidente dell’associazione “Nuestras hijas de regreso a casa” (perché le nostre figlie tornino a casa), che si batte perché sia fatta luce su questi casi, ma anche contro l’omertà della gente e la corruzione delle istituzioni, continuando a testimoniare il dolore di queste donne e delle loro famiglie. Le scarpe sono state sistemate lungo un percorso urbano, ridisegnandolo. Si uccidono le donne a Juárez perché è possibile compiere questo crimine. A Juárez è stato utilizzato per la prima volta il termine “femminicidio”; ed è qui che, nel 2009, Zapatos Rojos ha preso vita con un’installazione composta da 33 paia di scarpe. Con questa associazione si spera di diminuire il numero di donne, innocenti e indifese, che vengono ammazzate.

Tornando a Cagliari, si sono svolte ieri due manifestazioni contro la violenza sulle donne, una in Pazza Garibaldi e l’altra in Piazza S. Sepolcro. Forse era meglio farne una sola, l’unità è un bene per la sensibilizzazione di massa contro fenomeni sociali da sradicare. Non avendo il dono dell’ubiquità, ho partecipato a quella di Piazza Garibaldi, cui ha aderito anche l’ANPI. Sotto la  scalinata della vecchia scuola si sono avvicendate al microfono tante donne (e qualche uomo) che hanno letto testi e poesie in una cornice di pubblico attento e partecipe.   
Fra l’altro è emersa l’esigenza di eliminare dai media quella informazione sui fatti di violenza contro le donne fondate sulla sollecitazione della cuiosità morbosa o sulla descrizione truculenta. Anche il linguaggio ha una grande rilevanza per una presa di coscienza del fenomeno. 
In questa direzione è senz’altro positiva l’iniziativa assunta nei giorni scorsi dalla Federazione nazionale della stampa italiana in favore di una corretta informazione per contrastare la violenza sulle donne, come chiede la Convenzione di Istanbul.

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 La Commissione pari opportunita’ della Fnsi ha varato il “Manifesto di Venezia“, frutto di un’elaborazione che ha coinvolto anche la Cpo Usigrai e GiULiA Giornaliste, su proposta del Sindacato Giornalisti Veneto. Il “Manifesto delle giornaliste e dei giornalisti per il rispetto e la parita’ di genere nell’Informazione”, con tutte le adesioni raccolte, è stato presentato a Venezia ieri 25 novembre in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. “Noi, giornaliste e giornalisti firmatari del Manifesto di Venezia - si afferma nel documento - ci impegniamo per una informazione attenta, corretta e consapevole del fenomeno della violenza di genere e delle sue implicazioni culturali, sociali e giuridiche. La descrizione della realtà nel suo complesso, al di fuori di stereotipi e pregiudizi, e’ il primo passo per un profondo cambiamento culturale della societa’ e per il raggiungimento di una reale parita’”. Rispetto della deontologia, no al sensazionalismo, a cronache morbose, a divulgare i dettagli della violenza, no all’uso di termini fuorvianti come “amore”, “raptus”, “gelosia” per crimini dettati dalla volonta’ di possesso e annientamento. No alle strumentalizzazioni con la distinzione di “violenze di serie A e di serie B” in relazione a chi sia la vittima e’ chi il carnefice. Questi alcuni degli impegni che assumono i firmatari del Manifesto, su cui da oggi si avvia una campagna di sensibilizzazione e raccolta di firme. Per aderire basta inviare una mail a cpofnsi@gmail.com.

2 commenti

  • 1 Oggi domenica 26 novembre 2017 | Aladin Pensiero
    26 Novembre 2017 - 09:51

    […] Zapatos rojos contro la violenza sulle donne 26 Novembre 2017 Su Democraziaoggi. ——————————- dom 26 nov 2017 […]

  • 2 lucia Pagella
    26 Novembre 2017 - 19:05

    A quanto sopra esposto - e che condivido pienamente - mi sembra necessario aggiungere che se si vogliono i risultati ci vogliono gli strumenti e, soprattutto, é necessario parlare chiaro.
    Di recente la normativa a protezione delle donne é stata rivista e non a loro favore ma nessuno ha sottolineato come tale modifica sia il parto di un parlamento dove la maggioranza é costituita da maschi di cui molti frustrati perché le timide conquiste femminili vengono vissute come un attentato al patriarcato di cui a ragione essi - da destra a sinistra - possono essere considerati i difensori.
    Alle donne si raccomanda di denunciare ma poi si tagliano i fondi per l’assistenza e le case protette
    Si legge spesso sui giornali in occasione di un femminicidio che la vittima aveva sporto denuncia ma che questa era stata ignorata anche quando era stata reiterata. Vogliamo notare che spesso chi raccoglie la denuncia é un uomo evidentemente vittima di antichi pregiudizi?
    E che dire di quei magistrati che irrogano miti condanne per casi di lesioni accertate e non contenti dispongono che la pena venga scontata ai domiciliari così da avere sempre a portata di mano la vittima?
    Nella mia esperienza presso cittadinanzattiva mi é capitato il caso di donne che avevano presentato molte denunce ( una addirittura 24 ) senza che il magistrato investito del caso avesse dato un seguito adeguato alle stesse pur in presenza di certificati molto espliciti. Forse anche in questo caso prigioniero del pregiudizio che le donne sono labili ed isteriche ed é sempre meglio procedere con i piedi di piombo prima di condannare l’uomo che le ha massacrate.
    Per parlare chiaro io penso che si debba indagare su questi risultati e personalmente ritengo che chi sottovaluta le denunce - poliziotto, carabiniere o magistrato che sia - debba essere considerato corresponsabile dei fatti accaduti e di quelli che accadranno perché il messaggio che passa in questi casi e di probabile impunità.

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