1793. Nobili e clero sardi organizzano la difesa contro i francesi della Grande Rivoluzione e presentano il conto ai Savoia

1 Agosto 2019
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Andrea Pubusa

Dal respingimento dei francesi allo “scommiato” dei piemontesi

 

Nel gennaio 1793 la Francia rivoluzionaria tenta di conquistare la Sardegna. I francesi occupano l’isola di S. Pietro (8 gennaio), Filippo Buonarroti proclama la Repubblica, dà una Costituzione e viene piantato l’albero della libertà in un clima di festosa accoglienza. Poi la flotta francese, comandata dal contrammiraglio Truguet, bombarda Cagliari (27-28 gennaio) e ai primi di febbraio (3-16 febbraio), sbarcati presso il Margine Rosso (litorale di Quartu), 4000 francesi tentano la conquista da terra di Cagliari. La reazione del viceré Balbiano e dei capi militari piemontesi, inizialmente incerti se resistere o arrendersi, è debole ed esitante. Una difesa più decisa viene sollecitata e organizzata dagli ecclesiastici e dai nobili che arruolano e armano compagnie di miliziani sardi. I Francesi, in un attacco disordinato si scompaginano, si prendono a fucilate tra loro e, ammutinatisi, costringono i loro comandanti a reimbarcarli. I Sardi – nobili, ecclesiastici, miliziani e popolo – hanno respinto l’attacco dei rivoluzionari francesi. Così il 20-22 febbraio la flotta francese, fallito l’attacco per mare e per terra, lascia il porto di Cagliari. Cessato l’attacco e l’allarme nel marzo i miliziani e i volontari, che avevano partecipato alla resistenza contro i francesi, rientrano nei villaggi d’origine.

I gruppi dirigenti sardi presentano il conto al re per la loro fedeltà e per il respingimento dei francesi. Nel periodo che va dal 29 aprile al 18 maggio 1793 si tengono le riunioni degli Stamenti, con interventi e discussioni volti alla formulazione delle “Cinque domande”. Eccole:

Convocazione delle corti generali per trattare sopra tutti gli oggetti di pubblico bene.

La conferma di tutte le leggi, consuetudini e privilegi del Regno di Sardegna.

La privativa degli impieghi per i sardi (salvo per le cariche istituzionali più alte).

L’istituzione di un Consiglio di Stato che doveva essere consultato in tutti gli affari che prima dipendevano dall’arbitrio di un solo segretario.

Un ministro distinto in Torino per gli Affari della Sardegna.

Come si vede, il quadro generale non viene messo in discussione. C’è una rivendicazione di autonomia. pur in un contesto rigidamente accentrato, quale era quello assolutistico dei Savoia. Emerge la richiesta di un maggior peso della classi dirigenti locali negli affari della Sardegna e una privativa negli impieghi, ad eccezione delle cariche politiche di raccordo col re.

Nel luglio 1793 si recano a Torino due dei delegati. Girolamo Pitzolo e Antonio Sircana, incaricati di presentare le “Cinque domande” al sovrano. Il 4 settembre giungono gli altri delegati – Domenico Simon, Michele Aymerich, Francesco Ramasso, Pietro Maria Sisternes. Così la delegazione degli Stamenti è al completo.

Il re Vittorio Amedeo III reagisce malamente, secondo lo stile dei Savoia, e ordina la sospensione delle sedute degli Stamenti.

Nel dicembre del 1793 la delegazione degli Stamenti viene finalmente ricevuta dal sovrano, per averne però solo promesse generiche. il 1° aprile 1794 il ministro Graneri, a nome di Vittorio Amedeo III, respinge le rivendicazioni delle “Cinque domande”. Il rifiuto non viene neppure comunicato alla delegazione ancora a Torino, ma inviato al viceré affinché lo comunichi alle prime voci dei tre Stamenti. Una delegittimazione totale della delegazione e delle deliberazioni stamentarie. Una provocazione a cui segue il 28 aprile 1794 l’avvio di una vasta azione repressiva con l’arresto di Vincenzo Cabras e Bernardo Pintor, ritenuti capi di un movimento patriottico. E’ il detonatore che fa esplodere l’insurrezione popolare nei quartieri di Stampace, Marina e Villanova. Gli insorti conquistano Castello e il Palazzo viceregio. Matura la decisione di cacciare i Piemontesi dalla Sardegna. La Reale Udienza, operante con i soli giudici sardi e con il supporto degli Stamenti e delle milizie popolari, prende in mano le redini del governo e realizza la prima esperienza di governo autonomo dei Sardi.

Il 7 maggio 1794 si materializza lo scommiato dall’isola di tutti i piemontesi, 514, compreso il viceré, ma esclusi l’arcivescovo di Cagliari e gli altri prelati.

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