La nostra Costituzione e lo stato di necessità

1 Dicembre 2020
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Andrea Pubusa

Una delle questioni più delicate delle moderne costituzioni democratiche è quella attinente alla dichiarazione dello “stato di eccezione”. In parole semplici ci si chiede se, per salvaguardare le libertà democratiche, può essere disposta la sospensione delle stesse libertà.
Com’è noto, la Costituzione di Weimar del 1919, cui si è ispirata per molte parti la nostra Assemblea Costituente possibile proclamare lo stato di eccezione. Lo prevede l’art. 48, capoverso: “il presidente  [del Reich] può  prendere  le  misure  necessarie  al  ristabilimento  dell’ordine  e  della  sicurezza pubblica, quando essi siano turbati o minacciati in modo rilevante, e, se necessario, intervenire con la forza armata. A tale scopo può sospendere in tutto o in parte la efficacia dei diritti fondamentali“.
La decisione, sull’onda dell’insegnamento del giurista tedesco Karl Schmitt, dunque è monocratica, del presidente e queato aggrava la situazione, anche se “di tutte le misure  il presidente deve senza indugio dare notizia al Reichstag“, che può chiedere di revocarle. Si tenga poi ancora conto, per valutare la portata di questa disciplina che non è previsto un termine finale per la sospensione delle libertà, e che, ai sensi dell’art. 47, “il presidente ha il comando supremo di tutte le forze armate del Reich“.
Secondo la maggior parte dei costituzionalisti democratici questa disciplina sullo “stato di eccezione” è stata il grimaldello che ha consentito nel 1933 di scardinare l’ordinamento democratico di Weimar a favore del regime nazista. E questo è indubbiamente vero, anche se quando certi processi involutivi assumono caratteri di massa le norme difficilmente riescono a costituire argine efficace. Tuttavia, una cosa è fare della Carta un argine, altra inserire in essa disposizione che favoriscono un processo autoritario.
E nella nostra Assemblea costituente cosa si è deciso? Proprio sull’esempio di Weimar, i nostri padri costituenti hanno scartato la previsione dello “stato di eccezione”. Ha prevalso un principio semplice quanto sensato. La democrazia si difende con il pieno esercizio delle libertà democratiche, non con la loro restrizione. La sospensione delle libertà fondamentali è già l’inizio di un regime autoritario, come insegna Weimar e tutta l’esperienza costituzionale moderna e antica.
Ma la nostra Carta è dunque disarmata nei riguardi delle emergenze e dello stato di necessità? Direi proprio di no, anzi contiene una serie di disposizioni abbastanza chiare ed univoche che pongono come decisore il Parlamento, ossia l’organo direttamente rappresentativo del corpo elettorale. La emergenza più grande è la guerra e poichè il più contiene il meno, una volta stabilito cosa prevede la nostra Carta sulla guerra, abbiamo individuato anche i principi che governano le altre e minori emergenze. Dice l’art. 78:  “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari“. La differenza con Weimar è palese. Nessuna decisione del Presidente della Repubblica, nessuna decisione del governo, deliberazione soltanto delle Camere, che conferisono al governo i relativi poteri, al governo, - si badi - organo collegiale, legato dal rapporto di fiducia alle Camere e non al Presidente della Repubblica, organo monocratico e dunque, in linea generale, più esposto a pulsioni autocratiche.
Da questa disciplina traiamo un’ulteriore e ovvia conseguenza. Anche la altre emergenze hanno al centro il Parlamento e il governo. L’esecutivo può decidere, ma solo sulla base di una precisa autorizzazione legislativa del Parlamento. Proprio in materia si salute ed inolumità pubblica questo schema viene espressamente riproposto. Si veda l’art. 16: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighidi legge“. Come si vede, nelle limitazioni per il covid non c’è alcuna violazione della Carta, quando le limitazioni della libertà di movimento abbiano una rigoroso ancoraggio nella legge e non riguardino persone, ma luoghi, parti del territorio o tutto il territorio nazionale. Su questo rapporto Governo-Parlamento e DPCM e legge si è molto discusso, ma in linea generale non pare si possano individuare vulnera alla Costituzione anche per la continua interlocuzione fra Governo, Presidente del Consiglio e ministri col Parlamento. Tantomeno ci sono restrizioni alle libertà politiche che comunque l’art. 16 vieta espressamente. L’opposizione esercita i suoi diritti pienamente (anche se, nella fase attuale, malamente).
Bisogna essere vigilanti, ma tenere anche conto che la salute secondo l’art. 32 Cost. è un diritto fondamentale da tutelare ad ogni costo e sovrasta nella gerarchia costituzionale la libertà d’iniziativa economica, come dice molto chiaramante l’art. 41 Cost.: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana“.
E il rapporto Stato/Regioni? Nella Costituzione di Weimar l’art. 48 assegna al Presidente del Reich il potere di mettere ordine: “ Se  un  Land  non  adempie  gli  obblighi  impostigli  dalla  costituzione  o  da  una  legge  del Reich, il presidente può costringervelo con l’aiuto della forza armata.“  Anche su questo punto la nostra Carta ha una linea del tutto alternativa. L’art. 120 chiama a risolvere i problemi ancora il Governo e il Parlamento. “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione“. Quindi non solo decide il governo, ma lo fa sulla base della legge e nel rispetto dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione. Niente coazione armata, dunque, ma interlocuione e collaborazione. Insomma, l’emergenza viene ricondotta nell’alveo della normale dinamica democratica.

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