Draghi in Libia a difesa della presenza italiana, anche dei diritti?

8 Aprile 2021
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Red

Fratoianni è lapidario. “Draghi esprime soddisfazione per il lavoro della Libia sui salvataggi? Evidentemente gli sfugge la differenza tra salvataggio e cattura”. Così il segretario nazionale di Sinistra Italiana, replicando alle parole del presidente del consiglio dei ministri da Tripoli.“In Libia - prosegue l’esponente dell’opposizione di sinistra - i migranti vivono in condizioni inumane e atroci, come confermato da tutte le organizzazioni internazionali.” “Esprimere soddisfazione per il lavoro della Libia su questo fronte - conclude Fratoianni - mi pare francamente inaccettabile”.
In concomitanza con la visita a Tripoli di Mario Draghi, Altraeconomia ha pubblicato una inchiesta sulle nuove forniture italiane alla Libia per i respingimenti. Il nostro Paese continua infatti a equipaggiare la cosiddetta Guardia costiera libica: dalla fine del 2020 a oggi si tratta di circa sette milioni di euro di appalti solo per quelli in capo alla Guardia di Finanza. La scarsa trasparenza è la regola. Lo dimostra un affidamento del febbraio 2021 che riguarda la manutenzione a Catania di due motovedette cedute ai libici. Nelle carte che abbiamo consultato è esplicitamente richiesto dal Centro navale della Gdf un “ricovero discreto” per “mezzi navali di grandi dimensioni” per “nasconderli alla vista di persone estranee”.  Ecco i risultati dell’inchiesta.

Nuove forniture alla Libia per i respingimenti. In Sicilia due navi in manutenzione “da nascondere”

L’Italia continua a equipaggiare la cosiddetta Guardia costiera libica. Dalla fine del 2020 oltre sette milioni di euro di appalti in capo alla Guardia di Finanza. Uno risale al febbraio 2021 e riguarda la manutenzione di due motovedette a Catania. Nelle carte è richiesto un “ricovero discreto” per “mezzi navali di grandi dimensioni” per “nasconderli alla vista di persone estranee”

Febbraio 2021: un gommone vuoto avvistato dalla SeaWatch3 e dal Moonbird , mentre 142 persone venivano respinte in Libia © Sea Watch - MoonbirdL’Italia continua senza sosta ad assistere ed equipaggiare la cosiddetta Guardia costiera libica per intercettare le persone nel Mediterraneo e respingerle sulle coste nordafricane. Tra la fine del 2020 e i primi tre mesi del 2021, i soli appalti in capo al Centro navale della Guardia di Finanza sono stati oltre 50 per un valore complessivo di circa sette milioni di euro (da aggiudicare o in via di imminente aggiudicazione).
Uno di questi risale al febbraio 2021 e riguarda la manutenzione straordinaria da parte del nostro Paese di due motovedette cedute a Tripoli “nell’ambito del protocollo di cooperazione Italia-Libia”. Nell’atto autorizzativo del Centro navale datato 8 febbraio e che richiama l’accordo del febbraio 2017 si legge che i lavori di “somma urgenza” -pari a 138.800 euro- dovranno essere svolti in Sicilia in un “ricovero discreto” per “mezzi navali di grandi dimensioni” al fine di “nasconderli alla vista di persone estranee”.
Non solo: l’unico operatore invitato alla procedura negoziata -il cantiere navale “Marina di Riposto Porto dell’Etna”, in provincia di Catania, già impegnato in altre forniture- è stato selezionato anche sulla base dell’”efficacia e discrezione dimostrate in occasione di precedenti analoghe lavorazioni, per evitare di divulgare all’esterno attività di elevata ‘sensibilità istituzionale’”.

Nella determina a contrarre la Guardia di Finanza riporta la ragione di tanta fretta e discrezione, invertendo vittime e carnefici: “I mezzi navali della Guardia costiera libica eseguono un servizio di polizia finalizzato al contrasto dell’immigrazione clandestina perpetrata via mare in danno all’Italia e all’Unione europea in un’area fortemente problematica a causa della complessa situazione d’instabilità politico internazionale”.
Il “tempestivo ripristino dell’efficienza dei citati mezzi” è dunque decisivo per il “successivo reimpiego nel pattugliamento delle coste di pertinenza”.
Solo in fondo si accenna ad attività di ricerca e soccorso, quasi a inchiodare l’ipocrisia che in questi anni ha accompagnato la strategia italiana ed europea di delega dei respingimenti di polizia alla Libia. Non interessa il fatto che le milizie costiere siano state poste sotto indagine dalla Corte penale internazionale o indicate a più riprese e da diverse parti, istituzionali e non, come responsabili di violenze.
La fretta italiana si ritrova anche in un’altra procedura negoziata sotto soglia (138.990 euro), in particolare quella per il “servizio di rimorchio di tre unità navali in dotazione alla Guardia costiera libica”, affidata in febbraio dal Centro navale alla “Impresa fratelli Barretta” di Brindisi, considerata ancora l’urgenza “in relazione alla recrudescenza dei flussi migratori provenienti dalla Libia”.
È lungo l’elenco dei recenti appalti del Centro navale della Guardia di Finanza, rigorosamente a beneficio di aziende italiane e finanziati tramite il “Fondo Fiduciario per l’Africa” (EU Trust Fund), istituito dalla Commissione europea a fine 2015, oppure con fondi del ministero dell’Economia imputati alle missioni internazionali.
Si va dalla fornitura di ricambi e manutenzione preventiva e correttiva per tutti i motori “in dotazione alle unità navali classe ‘Bigliani’ e ‘Corrubia’ cedute e/o da cedere alla Guardia costiera libica”: due milioni di euro, aggiudicata alla MTU Srl di Arcola (SP). Alla “revisione e fornitura di parti di ricambio degli invertitori di marcia ZF BW 255-BW755S-7549U in dotazione alle unità navali cedute e/o da cedere alla Guardia costiera libica per il biennio 2021-2022”: 900mila euro, la gara è ancora aperta. Fino alla fornitura e ricambi di due motori tipo “MAN” che sarebbero “necessari alle unità navali classe ‘800’ in dotazione al General administration for coastal security (GACS), cedute al Governo libico nell’ambito del protocollo di collaborazione Italia-Libia”: altri 250mila euro.
C’è di tutto: “materiale nautico” (per 65.500 euro), “visori notturni”, attrezzi subacquei, “vernici per la manutenzione delle unità navali”, “bandiere di rappresentanza”, “olii lubrificanti”, servizi di rigenerazione della tenuta d’asse, 12 “zattere autogonfiabili”, sei motori Isotta Fraschini (320mila euro circa), “manutenzione di girobussole e software per carteggio nautico”, bobine e connettori, compressori per impianti di aria condizionata, filtri olio e gasolio, oblò per la manutenzione delle navi, gruppi elettrogeni, batterie, e poi la manutenzione delle motovedette “Sabratha 654” e “Obari 660”.
A questi si aggiunge anche un recente affidamento della Direzione centrale dell’immigrazione e della Polizia delle frontiere in seno al ministero dell’Interno relativo a un “training pratico per la conduzione della motovedetta P200 (costruita dal Cantiere Navale Vittoria di Adria, ndr) a favore di un equipaggio libico” svolto a Gaeta (LT).
“Questa serie di interventi numericamente e quantitativamente massiccia conferma che l’accordo Italia-Libia del febbraio 2017 è un accordo in funzione che ha una sua efficacia e attualità -commenta Giulia Crescini, avvocata dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). È palese la strategia di collaborazione, sostenuta anche dalla Commissione europea, finalizzata al rafforzamento del controllo del confine marittimo e, lo vedremo nel corso degli anni, anche di quello terrestre. L’efficacia di questo accordo la riscontriamo in quello che succede nel Mediterraneo. Le intercettazioni di naufraghi sono sempre più frequenti come dimostrano i dettagliati report delle organizzazioni non governative. La strumentazione oggetto di questi appalti serve proprio a compiere le intercettazioni in mare. La cosiddetta guardia costiera libica è un soggetto incapace e privo di mezzi propri. È risaputo che la nave italiana Caprera ormeggiata a Tripoli ricopre un ruolo di coordinamento di qualsiasi operazione di ‘soccorso’, che sono poi respingimenti nei centri di detenzione”.
“Il recente report delle Nazioni Unite sull’embargo di armi alla Libia -conclude Crescini- mostra come la strumentazione fornita dall’Unione europea e dall’Italia venga utilizzata anche per armare le motovedette più grandi. E quelle motovedette più grandi sono italiane. Le responsabilità del nostro Paese e dell’Ue sono evidenti”.

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