Due domande ai “pacifisti” sostenitori dell’invio di armi

20 Aprile 2022
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Andrea Pubusa

Ormai tutti vediamo che siamo giunti molto vicini alla linea rossa che separa la guerra  Russia/Ucraina da conflitto fra Usa/Russia. Questa drammatica estensione ha degli automatismi. Se interviene la Nato, entra in guerra anche l’Italia. Certo, la guerra va deliberata dal Parlamento e dichiarata dal Presidente della Repubblica. Ma c’e’ il trattato Nato ed e’ difficile svincolarci. Forse e’ gia’ tardi, ma possiamo ancora far qualcosa? Vediamo. Bisognerebbe cessare subito l’invio di armi (ne hanno gia’ tante Usa, Nato & c.) o quantomeno precisarne bene la loro qualita’. Ad esempio, mandare armi pesanti, spesso con istruttori, e’ di fatto cobelligeranza. Chi si e’ dichiarato finora favorevole all’invio di armi lo e’ ancora senza se e senza ma, o un se e un ma lo pone: tipo “no armi” o “no armi pesanti”. Questo vuol dire eliminare la cobelligeranza e sottrarci all’obbligo di seguire le avventure belliche di chi (Usa, Nato e Inghilterra) vanno gia’ oltre.
Ecco la prima domanda: possono coloro che hanno appoggiato il governo per l’invio, chiedere che questo sia cessato o limitato ad armi di stretta difesa, senza sistemi pesanti?
Questa precisazione avrebbe l’effetto di limitare la divisione e lo scontro dentro il movimento pacifista, essendo ormai evidente che la guerra e’ gia’ fra Russia/Usa e meno Russia/Ucraina e in questa direzione spinge irresponsabilmente Zelensky, sacricando anzitutto il suo popolo e coinvolgendo noi e l’Europa in questa scellerata prospettiva.
Ecco la seconda domanda: l’aiuto dell’Italia si  estende fino all’entrata in guerra? E se - come si spera - la risposta e’ negativa non e’ giunta l’ora di dirlo? Che si aspetta? Bisogna gridarlo subito!
Che ne dite pacifisti  con la divisa, vi  togliete finalmentente l’elmetto?

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