Carbonia. La legge stralcio e l’annoso fronte antagonista del monopolio Ses, Società elettrica sarda, in Sardegna

24 Marzo 2024
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Gianna Lai

Come ogni domenica, dal 1° settembre 2019, un articolo sulla storia di Carbonia.

Nuovi fronti si aprono, a chiusura del 1950, nuove minacce in particolare con “l’emergenza Ses”, proprio ora, alla vigilia della costruzione di una Centrale termoelettrica Smcs, nuova possibile concorrente del monopolio isolano: il sindacato pronto a denunciare, pur limitate le sue possibilità di intervento. Mentre Santa Caterina è ancora in funzione, la Ses sostiene di voler smobilitare Santa Gilla per questioni tecniche e per dissesto degli impianti, tuttavia giudicati idonei dall’ispettore della Associazione nazionale controllo combustibile che li ha appena collaudati: così la denuncia de L’Unità il 25 novembre. “In realtà si vuole il massiccio sfruttamento del personale”, sostiene la Camera del lavoro di Cagliari e sono infatti 29 gli operai appena licenziati dalla Ses, leggiamo su L’Unità dello stesso mese, il giorno 29, che ricorda: “nonostante i recenti licenziamenti il ritmo produttivo è rimasto inalterato, grazie all’imposizione massiccia dello straordinario”. Secondo il memoriale Cgil, indirizzato al vicepresidente della Giunta regionale onorevole Soggiu, “si vuole mantenere bassa la produzione a sostegno delle alte tariffe e dei maggiori profitti” mentre ora, la costruzione della centrale di Carbonia e la nuova disponibilità di energia dovrebbero costringere la Ses a ridurre le tariffe, essa convinta piuttosto a voler “passare le centrali termoelettriche a riserva per i periodi di scarsa invasatura dei bacini idroelettrici.In opposizione, naturalmente, allo slogan del Congresso,“L’acqua per l’agricoltura, il carbone per la produzione di energia elettrica.
In tale direzione sembrano muoversi invece i nuovi provvedimenti definiti con la Legge stralcio, approvata il 21 ottobre di quell’anno, esito del significativo processo di crescita delle masse contadine, così come lo esprime Vittorio Foa in Sindacati e lotte sociali, Einaudi. Dice l’autore che la Cgil organizzò in quel tempo “importanti lotte per modificare la politica economica su scala nazionale: per la riforma agraria, per la rinascita del Mezzogiorno, contro la disoccupazione e per la creazione di fondamentali infrastrutture.Mentre grazie alle organizzazioni periferiche, operaie e contadine, si svilupparono “movimenti ricchi di contenuto anticapitalistico: nel corso delle agitazioni per la terra e per il lavoro,… forme di lotta, come gli scioperi a rovescio,… aperta insubordinazione verso il potere padronale di decisione sugli investimenti e sull’organizzazione della produzione, e si cercò di non limitarsi a chiedere ma di cambiare le cose senza aspettare il beneplacito del padrone, si collegarono gli obiettivi rivendicativi immediati con quelli di una modificazione duratura dei rapporti agrari e dei rapporti di lavoro, si diede vita a organismi di autogestione della lotte alla base”. Per poi ricordare, ancora Vittorio Foa, come appunto fossero frutto della pressione popolare “le misure adottate dal governo dopo il 1949, Cassa per il Mezzogiorno e Legge stralcio di riforma agraria”.Allo stesso modo considera incisive, lo storico Valerio Castronovo, senz’altro più incisive delle battaglie per il piano di lavoro, le lotte “dei braccianti meridionali per la terra e l’imponibile di manodopera” che, “non solo avevano dato uno scossone al predominio degli agrari ma avevano aperto, in pari tempo, la strada al consolidamento della sinistra nelMezzogiorno”. Dove infatti, Pci e Psi “guadagnarono terreno nelle elezioni politiche del 1948 al confronto dei suffragi stazionari, o in declino, delle regioni settentrionali.
Così l’andamento della legislazione governativa sulle terre, sempre in Valerio Castronovo, a partire dalla Puglia di Di Vittorio, epicentro delle lotte contadine nel Mezzogiorno: subito dopo, a maggio del 1950, “il varo dei primi provvedimenti riguardanti la Calabria; seguirono nello stesso anno la cosidetta Legge stralcio, che estese la riforma al delta padano e alla Maremma toscana, ai bacini del Fucino e del Flumendosa, ad altre zone della Campania e della Puglia”, oltre a un provvedimento regionale specifico per la Sicilia. E poi la sua applicazione nel testo di Giorgio Candeloro: nascono “con la Legge stralcio, comprensori e enti di riforma, fino alla istituzione della Cassa per il Mezzogiorno”; ed ancora, in sequenza, i primi effetti: quelle leggi operarono “un rimescolamento sociale perché diedero un grave colpo alla proprietà terriera assenteista, grande e media, già in crisi fin dagli ultimi anni del fascismo… In conclusione, anche per l’apporto di capitali da parte degli enti di riforma e della Cassa, si estesero nel Mezzogiorno e nelle isole le zone a conduzione capitalistica e a cultura intensiva”. E poi i commenti e i giudizi degli altri storici: dice della legge stralcio lo studioso Paul Ginsborg, “La riforma agraria fu senza dubbio il primo serio tentativo nella storia dello Stato unitario di modificare i rapporti di proprietà in favore dei contadini poveri, “lo strumento che volle affrontare in modo organico il problema della fame di terra dei contadini, sopratutto del Mezzogiorno e delle isole” avendo, in particolare, “lo scopo di porre termine a un movimento contadino così aspro da aver avuto pure i suoi morti”: verso la “liquidazione del latifondo”, per realizzare “una unità aziendale di struttura moderna” anche nell’isola. E poi la professoressa M. L. Di Felice, a mettere in primo piano le immediate reazioni dei partiti, subito dopo il varo dei provvedimenti: “Comunisti da un lato democristiani dall’altro polarizzano il dibattito sulla questione agraria in Sardegna, i primi… per l’applicazione dei decreti Gullo e della legge stralcio”, verso il “varo di un più generale programma per la rinascita economica e sociale dell’isola”; i secondi, per “l’attuazione della riforma attraverso una gestione diretta e sempre più totalizzante delle strutture ad essa deputate”. Sicché vero e proprio centro di potere della Dc e dei partiti di governo risultano i nuovi enti di riforma, in quanto decisivi e fondamentali per la gestione dei finanziamenti statali e per la loro ricaduta nelle campagne dell’intera penisola. Tuttavia fortemente contrastati dalle opposizioni in Parlamento e poi in Consiglio regionale, per quanto riguarda la Sardegna, nella sua pur così recente conquistata autonomia speciale.

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