Giorgio Airaudo da Sbilanciamoci del 15.5.2015
I conti non tornano/Serve una politica di redistribuzione del reddito. Il rischio è la creazione di una bolla occupazionale che esploderà tra 3 anni alla fine degli incentivi
Il governo “agonistico” di Renzi continua a lasciare il lavoro e i lavoratori in fondo alla classifica sociale degli interessi che rappresenta. I quasi 15 miliardi impegnati per sostenere gli sgravi contributivi alle assunzioni hanno prodotto, secondo i dati dell’Istat, tra marzo 2014 e marzo 2015 un saldo positivo tra cessazioni e attivazioni di quasi 30.000 unità. Certo meglio che niente! Ma molto poco se paragonato alle necessità: 3.400.000 disoccupati a cui vanno aggiunti oltre tre milioni di scoraggiati e altri tre milioni, in aumento, di lavoratrici e lavoratori poveri che pur lavorando e in molti casi facendo più di un lavoro lottano con redditi che scivolano sotto la soglia di povertà. E ancora molto poco anche se confrontato con la quantità di denaro pubblico,15 miliardi, investita in questa operazione.
Per avere dati più certi, al di là della propaganda di governo visto l’imminente appuntamento elettorale in 7 regioni, bisognerà aspettare la fine di luglio con i nuovi dati Istat. Anche se colpisce il modo con cui il nuovo presidente dell’Inps Tito Boeri interpreti il suo ruolo, più “cantore” del governo che amministratore delle pensioni degli Italiani, visto che i più accorti tra noi sanno che i dati sulle attivazioni al lavoro che l’INPS può fornire sono dati amministrativi e non reali. Dati, perciò, che devono scontare le trasformazioni da un contratto all’altro e devono anche tener conto del fatto che lo stesso individuo può essere interessato a più contratti di lavoro nell’arco di un tempo anche breve. Mentre per quanto riguarda gli effetti, modesti ma ravvisabili, degli incentivi che sono, come è noto, senza vincoli e condizioni per le imprese, si può legittimamente dubitare sulla stabilizzazione di quei posti di lavoro soprattutto dopo l’entrata in vigore effettiva del contratto a tutele crescenti. Il rischio concreto è che si stia creando una bolla occupazionale che esploderà tra 3 anni alla fine degli incentivi. Si può in sintesi affermare che di nuovo, come per gli 80 euro, stiamo spendendo male le poche risorse pubbliche che mettiamo a disposizione del lavoro, senza aggredire le diseguaglianze e contrastare la crescente povertà che frantuma la società italiana.
Il governo lascia soli le lavoratrici e i lavoratori, li rende merci tra le merci svalutandone la prestazione e mettendoli in conflitto gli uni con gli altri in una eterna guerra tra poveri. E, fatto ancor più grave, non si prende atto che anche una ripresa degli investimenti privati potrà produrre, per l’effetto applicato delle innovazioni tecnologiche hardware e software e delle loro ricadute sui processi organizzativi, un numero assai inferiore di occupati rispetto ad un tempo. Perciò è sempre più urgente la costruzione di una proposta politica e di governo che imponga un’altra via, quella della redistribuzione del reddito attraverso un reddito di cittadinanza che impedisca impoverimento ed esclusione sociale e quella della redistribuzione del lavoro attraverso un piano che indichi all’Europa la via di un New Deal in alternativa all’austerità.
1 commento
1 Gianfranco Sabattini
24 Maggio 2015 - 09:59
L’articolo di Giorgio Airaudo è l’ennesima dimostrazione che l’ignoranza a sinistra è dura a morire. Non è più tollerabile che accreditati sindacalisti e parlamentari insistano nel presentare un concetto, quello di reddito di cittadinanza, come una misura ridistributiva del reddito o come un provvedimento contro la povertà, da inquadrarsi all’interno dell’attuale struttura dello stato di protezione sociale (welfare State). Ancora più biasimevole è che “l’intollerabile ignoranza” sia evidenziata da un militante di un’organizzazione sindacale che alcuni decenni or sono ha ospitato il grande economista premio Nobel John Meade perché illustrasse cosa dovesse intendersi veramente per “reddito di cittadinanza”; un concetto, questo, sul quale economisti di fama hanno costruito una proposta di riforma del modo di funzionare dei sistemi economici capitalistici per liberarli dall’instabilità e dalla loro ormai accertata incapacità, non solo di creare nuove opportunità lavorative, ma addirittura di riuscire a conservare quelle già acquisite, contribuendo così ad allargare la platea della disoccupazione strutturale irreversibile. Pertanto, sarebbe ora che sul concetto di reddito di cittadinanza, visto che ormai tutti ne parlano a vanvera, banalizzandone il potenziale impiego come strumento di politica economica di riforma del modo di funzionare del sistema capitalistico secondo linee condivise a sinistra, ci si esprimesse in termini corretti. Chi scrive, si permette di ricordare che sul reddito di cittadinanza ha pubblicato, su questo “Blog” ( https://www.democraziaoggi.it/?p=3200 ) e su “Il Manifesto Sardo”, numerosi articoli, con cui ha cercato di illustrarne la natura e le potenzialità riformatrici; ciononostante è Giorgio Airaudo che ora viene a spiegarci cosa sia il reddito di cittadinanza, in perfetta sintonia con l’ignoranza mostrata da Renzi e da molti esponenti del PD, di SEL e del M5S nelle loro esternazioni. Sarebbe ora di finirla con le pantomime (cosa difficile per sindacalisti e politici), nell’interesse del Paese.
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