Fossoli, Marzabotto, Casa dei fratelli Cervi. In viaggio con gli studenti del Liceo Alberti.
A conclusione del percorso su Storia e memoria, svolto dal prof. G. Marilotti in collaborazione con SPI-CGIL e ANPI di Cagliari.
Introdurre il discorso sulla persecuzione nazifascista e sulla Resistenza in Emilia, partendo da Ferrara, dalle lapidi che descrivono le centinaia di ebrei e di antifascisti uccisi in città. E poi dal muretto del Castello, dove venne freddato un gruppo di oppositori politici, lasciati lì a lungo, sotto gli occhi impauriti degli abitanti, e così ben documentato nel film di Florestano Vancini ‘La lunga notte del 1943′. Resta poi il tempo sul Pullman per Fossoli, e il giorno dopo per Marzabotto, e il terzo giorno per Casa Cervi, di parlare delle ragioni del viaggio, e contestualizzare gli eventi nella storia del fascismo e della 2^Guerra mondiale. Gli studenti, sintetizzano i temi già trattati in classe, Mattia, Luca, Matteo e Giulia, il professore fa ancora domande, fino a comprendere, nel discorso complessivo, le figure importanti che hanno caratterizzato quei tempi, da Gobetti a Gramsci. Ed il conducente del pullman indica, nel mentre, passaggi e caratteristiche dei percorsi, e coltivazioni e industrie del territorio, come già ha fatto Mina Cilloni, Segretaria regionale dello SPI, quando ha raccontato la Resistenza dell’Emilia- Romagna, nel suo intervento all’Alberti.
A Fossoli la struttura parla ancora del carattere dei luoghi. Le decine di baracche allineate, che portano il segno del recente terremoto.
‘Io so che cosa vuol dire non tornare./ A traverso il filo spinato/ ho visto il sole scendere e morire:/ho sentito lacerarmi la carne/le parole del vecchio poeta:/’Possono i soli cadere e tornare:/ a noi, quando la breve luce è spenta,/una notte infinita è dormire’. Primo Levi, 7 febbraio 1946. Ti accoglie a Fossoli il dolore del poeta, dietro la chiusura che separa quei sei ettari di territorio dalla strada provinciale, mentre la guida già inizia il suo racconto, ed i ragazzi ne seguono il cammino. Campo di prigionia per i soldati inglesi, nel 1942, e ancora rispettoso del Trattato dell’Aia, in quest’area isolata della campagna presso la città di Carpi, nel 1943, dopo lo sbarco alleato in Sicilia e poi dopo l’8 settembre, Fossoli vede arrivare le SS, che fanno prigionieri anche i soldati addetti alla sorveglianza, per poi spedirli in Germania. E’ così che dalla Questura di Modena arriva l’ordine di destinare il campo a ebrei e prigionieri politici del centro-nord Italia, sotto la direzione dei fascisti di Salò. Tremila ebrei nella prima fila di baracche, tremila prigionieri politici nella seconda. I prigionieri comunicano con l’esterno, e possono scrivere e ricevere una lettera al mese, nè vengono separate le famiglie degli ebrei, nè viene chiusa al pubblico la strada che passa davanti al reticolato, perciò madri e sorelle lanciano bigliettini e cibo ai reclusi. Ma il 26 gennaio del 1944 parte il primo convoglio di ebrei verso i campi di concentramento europei, poi il secondo e il terzo, 650 ebrei, tra i quali Primo Levi. Il 5 marzo del ‘44 Fossoli passa sotto la giurisdizione tedesca e viene divisa in due sezioni, campo nuovo e campo vecchio, quest’ultimo oggi restituito all’agricoltura, per un totale di 13 ettari. Doppia recinzione, via Remesina chiusa, torrette di guardia dalle quali si spara a vista, ora luogo di smistamento e di transito verso i convogli destinati ai campi di concentramento dell’Europa centro-orientale. Valentina, la nostra guida, si ferma presso ‘l’area dell’appello’ e racconta di quel soldato tedesco che, in quelle stesse settimane, fredda con un colpo alla tempia un prigioniero per non aver risposto prontamente. E di come in un campo vicino, viene fucilato il partigiano Leopoldo Gasparotto, coordinatore dei gruppi combattenti dell’Alta Italia.
Le rappresaglie diventano quotidiane, così l’11 luglio viene comunicato che settantuno prigionieri polici, tutti comandanti partigiani, sarebbero stati deportati l’indomani in Germania. In realtà essi vennero fucilati presso il Poligono di tiro dove, il giorno prima, venti prigionieri ebrei erano stati costretti a scavare una grande fossa. Alcuni riescono a fuggire, Gemini e Fasoli, che si riuniscono ancora ai partigiani, fino alla cacciata dei tedeschi, e Teresio Livelli, che si nasconde nel granaio, ma sarà poi deportato in Germania.
Si conclude poco dopo la vicenda di Fossoli, bombardata dagli americani, mentre i tedeschi spostano il campo a Bolzano, subito dopo aver iniziato la risalita della Penisola.
Nel dopoguerra Fossoli rinasce a nuova vita, grazie all’occupazione di don Zeno che vi fonda la Comunità di Nomadelfia, in comune i beni, da redistribuire secondo le esigenze di ciascuno. E vi raccoglie oltre cento bambini, prontamente accuditi dalle ‘madri di vocazione’. Da campo di morte a campo della rinascita, si abbattono filo spinato e torrette, mentre porte, finestre e ingressi vengono ampliati, e intorno si pratica l’agricoltura. Ma il comunismo fa molta paura e governo e Chiesa temono la Comunità e il prete che ne stà a capo, costretto perciò ad abbandonare Carpi nel 1952, per trasferire a Grosseto la nuova Nomadelfia. Arrivano allora a Fossoli i profughi giuliano-dalamati, in fuga dalla Iugoslavia di Tito che, nella Comunità di San Marco, villaggio praticamente chiuso e privo di rapporti con l’esterno, l’abiteranno fino agli anni settanta.
Le baracche oggi ospitano la memoria del campo, la storia degli internati, le foto, la loro biografia. Ancora Primo Levi, ‘io sono un chimico, sono approdato alla qualifica di scrittore perchè, catturato come partigiano, sono finito in un lager come ebreo’. E poi i pannelli che descrivono il campo e ‘Il Sistema concentrazionario e il nuovo ordine europeo’, e le foto dei graffiti di Longoni, Picasso, Guttuso, Cagli, Léger, contenuti nel Castello di Carpi.
Gli italiani faticano a vivere la loro memoria, ma c’è un treno di 500 studenti, da dodici anni, che parte da Fossoli per raggiungere Auschwitz.
Con gli studenti a Fossoli, Marzabotto, Casa Cervi
25 Aprile 2016
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