Vitalizi, privilegi e ragionevolezza dei trattamenti

19 Luglio 2018
1 Commento


Andrea Pubusa

Risultati immagini per no alla casta foto

La discussione di questi giorni sul ricalcolo dei vitalizi e sui diritti quesiti pone una delicata questione di bilanciamento fra diritti, privilegi e ragionevolezza dei trattamenti economici. E’ una materia in cui si può dire tutto e il contrario di tutto, come quando si parla di giustizia. Un ragionamento giuridico però è meno astratto perché deve muovere dalla ricerca di parametri normativi. E il pensiero non può che andare alla Costituzione perché i suoi principi, fra l’altro, hanno una precisa valenza interpretativa, tutto ciò che sosteniamo, in regime di Costituzione rigida, deve essere costituzionalmente orientato, deve cioè essere in armonia con dettato della Legge fondamentale.
Sui trattamenti ci sono riferimenti nella nostra Carta? Penso di sì. Intanto, il principio lavorista: la fortuna di ognuno dev’essere frutto del proprio lavoro, non di rendite o di status precostituiti, come in passato. C’è poi il principio di eguaglianza che non solo vuol dire pari opportunità, ma anche punti di arrivo, sul piano economico, non irragionevolmente squilibrati. C’è poi il fondamentale articolo 36 che individua nel trattamento che consente “una vita libera e dignitosa” il parametro per i compensi dei lavoratori.
Ora, mettendo insieme questi principi possiamo trarre qualche indicazione? Il parametro della vita libera e dignitosa, combinato con gli altri due, individua un limite verso il basso: la nostra democrazia richiede che tutti i trattamenti siano di tale entità da consentire una vita libera e dignitosa. E certo non lo è quella di quanti hanno compensi di lavoro o trattamenti previdenziali minimi, oggi addirittura al di sotto, e talora di molto, i mille euro. Questo parametro ci indica anche dove iniziano il privilegio e la disegualianza: i compensi largamente al di sopra delle esigenze fondamentali di una famiglia media, con le sue esigenze culturali, di svago intese in senso non ristretto. Ora ci si chiede: una pensione che supera i 5 mila euro è d’oro, è privilegiata?  D’oro no. In sé forse non è neanche privilgiata. Lo diviene, se rapportata a quelle minime. Sono queste che pongono un’esigenza di riequilibrio in relazione al principio di eguaglianza e all’esigenza di assicurare una vita libera e dignitosa. Inoltre il riequilibrio risponde anche al buon senso, almeno a quello di noi cittadini democratici.
In questo contesto si inserisce anche la tematica del reddito di cittadinanza o del dividendo sociale, banalizzato da molti, ma un tema del futuro prossimo nell’ottica degli eminenti economisti che lo hanno enucleato: in una società in cui, a seguito della robotizzazione, diminuisce il lavoro, ma non la ricchezza, il problema fondamentale è la redistribuzione di questa. Toglierla a quei 60 magnati più ricchi del mondo per dividerla fra tutti. Una questione di libertà e democrazia anche questa!
Tornando ora ai diritti acquisiti, a me pare che la loro intangibilità possa ammettersi in relazione a trattamenti non privilegiati, anche perché non è in linea con i principi costituzionali un’estensione dell’impoverimento. L’eguaglianza deve avvenire in favore di trattamenti ragionevoli per tutti. Non mi pare si possa invece sostenere l’intangibilità assoluta di trattamenti privilegiati e che non siano frutto proporzionato del proprio lavoro, il più delle volte autodecisi dagli stessi beneficiari. Del resto, se la Costituzione avesse voluto introdurre l’intangibilità dei diritti economici avrebbe esteso l’irretroattività della legge dal campo penale a quello patrimoniale. E non lo ha fatto. In linea di fatto, si tenga anche conto che il vitalizio si aggiunge normalmente alla pensione personale dei singoli parlamentari, per cui il trattamento complessivo è di solito maggiore del vitalizio.
Quanto alle pensioni, se a chi prende oltre 5 mila euro viene chiesto un ragionevole contributo di solidarietà per chi ha le pensioni minime non mi pare che sia stia punendo nessuno. Anzi! L’unica condizione per l’accettabilità di queste misure è che la redistribuzione sia effettiva. Che i fondi ricavati siano utilizzati effettivamente per il fine equitativo dichiarato.
Confesso che ho sempre pensato che così debba fare un governo riformatore, una classe dirigente che voglia, con equilibrio, dar gambe al dettato costituzionale. Il moto verso l’uguaglianza impone un’azione alla Robin Hood: togliere qualcosa a chi ha il superfluo per dare a tutti il necessario. Rimango affezionato al detto del barbone di Treviri: “da ciascuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”. Quanta ragionevolezza c’è in questo! Se lo si applicasse forse risolveremmo tutti o quasi i mali del mondo.

Da ognuno secondo  le sue capacità a ciascuno secondo i suoi bisogni #1170358

1 commento

Lascia un commento