Autonomia differenziata: niente allarmismi, se tutti, forze politiche e sociali, Regioni, Governo e Parlamento, esercitano con rigore i propri poteri

17 Febbraio 2019
1 Commento


Andrea Pubusa

Tonino Dessì ieri ha di nuovo illustrato in questo blog origini ed effetti dell’art. 116, comma terzo, che prevede la c.d. autnomia differenziata. Non è il perverso Salvini e neanche l’allora leader del Carroccio Bossi ad avere creato le premesse per la situazione attuale. E’ stato il centrosinistra nel 2001 a cucinare il vigente titolo V sulla base di una torsione culturale in seno alla sinistra che metteva in soffitta Gramsci e la sua questione meridionale e abbracciava una linea leghista moderata in nome di una nuova fenomenale invenzione la “questione settentrionale”. Il problema storico dell’unità italiana non era il dualismo Nord/Sud, su cui si era cimentato il meglio dell’intellettualità democratica del paese e del Meridione,  ma quello di rinforzare i poteri istiruzionali del settentrione, del triangolo industriale. Fu in questa temperie che dall’art. 119 Cost. fu espunta la questione meridionale e insulare e fu prevista la possibilità di rinforzare le autonomie del Nord, già in vantaggio, di fatto, per ragioni economiche.
E’ sempre il centrosinistra nel 2018 col sottosegretario Bressa a firmare la preintesa col Lombardo-Veneto e l’Emilia Romagna come impegno da lasciare in eredità al futuro governo.
Sul piano costituzionale è, dunque, errato gridare “al lupo al lupo!“. Siamo in piena legalità costituzionale. Semmai, non da oggi lo sosteniamo Dessì ed io, a questo punto, bisogna utilizzare il 116 anche in favore della Sardegna e delle altre regioni, in modo da delineare un riequilibrio generale.
Ora il dibattito istituzionale si è spostato sul procedimento, che prevede un’intesa Stato/Regione e il voto del parlamento a maggioranzaa assoluta. Anche qui poche chiacchiere, è la Costituzione a prevederlo su formulazione e voto del centrosinistra nel 2001. E c’è poco da discutere. Si tratta di una riserva di legge rinforzata, ben nota ai costituzionalisti e prevista anche per regolare i rapporti fra Stato e confessioni religiose diverse da quella cattolica (art. 8 Cost.). Si grida allarmati al pericolo di un viaggio senza ritorno. Certo, una volta votata l’intesa, per revisionarla ci vuole un nuovo accordo con la regione interessata. Senza intesa niente modifica. Lo Stato unilateralmente non può farlo. Ma, attenzione, l’autonomia esiste se è garantita dalle incursioni unilaterali dello Stato, se no, tutto è fuorché autonomia.

Oggi si discute sui poteri del  parlamento sulla intesa Governo/Regione presentato alle Camere. In questa fase credo che il Parlamento mantenga integri tutti i suoi poteri. Può proporre modifiche all’intesa, così come può bocciarla. Ovviamente le modifiche dovranno tornare sul tavolo del governo per una nuova intesa con la regione, e solo quando il testo dell’intesa non sarà oggetto di emendamenti potrà essere approvato a maggioranza asoluta. Quindi il prendere o lasciare non è assoluto, c’è spazio per un intervento delle Camere e governo e regioni devono essere pronti a sintonizzarsi con la volontà del parlamento, pena la disapprovazione parlamentare dell’intesa e il rigetto dell’istanza di autonomia differenziata della regione interessata.
Pertanto, ora viene il momento di avanzare in Parlamento le osservazioni e le critiche al testo che verrà trasmesso e le singole regioni, desiderose di maggiore autonomia, dovranno avere rispetto del dibattito e delle decisioni delle Camere. Non siamo in presenza di un vulnus, questa è la Costituzione, che offre alle regioni la facoltà di chiedere, al governo di recepire ciò che sembra ragionevole, al parlamento di discutere e reinviare il testo al governo, ed infine di approvare a maggioranza assoluta o non approvare.
Per fortuna siamo ancora nell’ambito di una procedura regolata dalla Costituzione e dai principi costituzionali. L’importante è che ognuno degli attori faccia il proprio dovere, consapevole delle conseguenze che scelte di questa natura hanno sull’evoluzione del nostro ordinamento, che fra i suoi principi fondamentali contempla anche l’unità, non solo territoriale, ma anche giuridica e istituzionale.

1 commento

Lascia un commento