La causa della crisi? Il privatismo

15 Febbraio 2010
2 Commenti


Amsicora

L’inchiesta sugli appalti per il G8 e le altre grandii opere ha dato risalto al progetto di privatizzazione della Protezione civile avanzato con un disegno di legge dal PdL Molti, anche nella maggioranza, si son chiesti cosa sarà questo settore d’intervento quando verrà organizzato secondo le regole privatistiiche, ossia sostanzialmente senza principio di legalità e senza controlli. Se già oggi, appena si allentano i vincoli procedurali, come per i lavori per i grandi eventi, si cade subito nell’illecito, cosa accadrà quando le regole saranno diverse, e l’amministratore delegato non incontrerà quei liniti che caratterizzano l’azione pubblica? Una signora molto semplicemente l’altro giorno in una trasmissione radio del primissimo mattino chiedeva al gionalista: quale profitto deve  e può  realizzare la Protezione civile s.p.a.? E il giornalista, di fronte ad un così elemntare quesito è rimasto spiazzato e muto. In effetti, siccome le s.p.a. sono finalizzate al profitto, di cosa deve profittare la Protesione civile s.p.a.? Delle disgrazie altrui?
Si comprende, dunque, la finalità di queste privatizzazioni formali (ossia si crea la s.p.a., senza rispettarne la funzione): semplicemente la fuoriuscita dai vincoli e dai limiti che caratterizzano l’esercizio di pubblhce funzioni. Ne abbiamo già tanti esempi. Anzitutto, nella privatizzazione del pubblico impiego. Il risultato è che i dirigenti fanno ciò che vogliono, come se fossero padroni, ma senza il limite che costoro incontrano. e cioé la necessità di far profitti, pena la più terribile delle sanzioni, ossia il fallimento e la fuoriuscita dal mercato. Chi conosce la triste storia del pubblico impiego privatizzato sà che lo sbandierato rapporto paritario è la più grande bugia del secolo: in realtà in questo rapporto si cumula l’autorità dell’imprendotore privato col potere autoritativo proprio della funzione amministrativa. Ciò che degrada è la tutela del cittadino, del lavoratore pubblico, ormai alla mercé di una classe politica squalificata e di una dirigenza che spesso ha, come titolo più decisivo del suo curriculum, la assoluta sottomissione al politico di turno.
Ma se allargiamo lo sguardo, il privatismo mostra tutta la sua debolezza nella gestione della crisi. Le grandi riconversioni industriali degli anni ‘50 e ‘60 hanno visto all’opera le partecipazioni statali, che in realtà erano sorte ed avevano dato buoni frutti fin dalla grande crisi del ‘29. Ora, i politici contano meno dell’asso di bastoni in queste partite. Partecipano anch’essi alle manifestazioni, come è avvenuto per Cappellacci ed altri, perché non hanno alcun potere decisionale sulla materia. Non possono far nulla dai loro uffici. Lo stesso governo non decide alcunché direttamente. deve chiedere ad Alcoa, alla quale può soltanto minacciare poco credibili ritorsioni. La politica ha perso la sua capacità di deliberare sulle importanti questioni industriali, lasciando che siano i grandi gruppi a decidere. Anche qui c’è un grande trasferimento di poteri dal pubblico al privato e una conseguenziale perdita di garanzie per i lavoratori.
Gratta, gratta, se andiamo a fondo, la grave crisi che viviamo è frutto della incapacità del mercato e, dunque, del liberismo di affrontare e risolvere le  questioni in campo, è la grande crisi è in fondo il risultato della rapace volontà di gruppi ristretti di prendersi tutto il banco, ossia della volontà di cerchie ristrette di incamerarsi tutta la ricchezza prodotta.
Niente redistribuzione, insomma. Un risvolto di questa idea privatistica delle decisioni in campo economico è la privatizzazione delle istituzioni, con le forme di governo iperpresidenzialiste, con l’accentuato personalismo con risvolti populistici. Queste tendenze che hanno nel Cavaliere l’incarnazione a livello nazionale, hanno avuto tanti entusiastici sostenitori nel governo locale, anche nel centrosinistra. Cala la partecipazione, la capacità dei lavoratori e dei cittadini d’influire sulle decisioni pubbliche. C’è un vistoso deficit democratico.
Tutto questo non insegna ancora nulla? Non induce alla riflessione e all’inversione di rotta? Proseguire su questa strada non potrà che portare ulteriori disastri. E il fondo del baratro non è stato ancora toccato.

2 commenti

  • 1 paolo erasmo
    15 Febbraio 2010 - 18:02

    Se per la Protezione Civile sembra allontanarsi la possibilità che diventi una SPA, la Difesa SPA e già una triste realtà e tra pochi giorni il Ministro della Difesa pro-tempore in perfetta solitudine e senza contradditorio se non quello spartitorio nominerà il suo Consiglio di Amministrazione e tutto questo sotto il “Silinzio” assordante dei media, con lo scopo evidente di ridurre se è possibile la democrazia interna alle Forze Armate ed eliminare il “fastidio ” dei controlli e la trasparenza degli atti per i vertici delle Forze Armate, sopratutto quando finiscono la Carriera e vanno ad occupare posti di rilievo nelle società Pubbliche degli armamenti.

  • 2 Democrazia Oggi - Privatismo e vecchie responsabilità
    25 Febbraio 2010 - 06:07

    […] tempo fa l’instancabile Amsicora su  “democraziaoggi” ha scritto un interessante articolo sul privatismo come causa della crisi istituzionale e morale che attanaglia l’Italia. Concordo con la sua […]

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