“….Lo chiamavano Walter Veltroni perdeva elezioni, perdeva elezioni”

19 Settembre 2008
2 Commenti


Gianluca Scroccu

Quando sul sito del mio gruppo preferito (i Pearl Jam) ho visto il post che annunciava come Veltroni avesse appena indicato ai giovani partecipanti della summer school del PD nel film “Into the wild” la nuova ispirazione della filosofia del partito, ho capito che siamo veramente alla frutta e che se dentro il PD non porranno seriamente la questione della linea e del cambio della leadership l’opposizione, quella parlamentare e quella extra, rischia veramente di naufragare nella postdemocrazia mediatica di Berlusconi.
Attualmente è l’unico segretario di partito che, ricoprendo questa carica, ha avuto solo sconfitte: come leader dei DS ha perso nel 1999 le europee e le comunali di Bologna; nel 2000 le  regionali sino alle politiche del 2001 (anche se scappò poche settimane prime per fare il sindaco di Roma). Già il modello Roma, crollato come un castello di carte questa primavera (aveva ragione il Crozza-Veltroni dell’ottobre del 2007 che, dopo aver magnificato la sua grande vittoria alle primarie del PD, dove l’avevano votato tutti, dai “Khmer Rossi per Veltroni” alle “Orsoline per Veltroni”, non mancava di aggiungere, però, che i romani gli chiedevano:«A Walter, vabbè le primarie,  ma al comune chi ce sta? »…. E infatti con la vittoria di Alemanno l’abbiamo visto……)
Insomma, una leadership costruita con il vuoto della propria leggerezza ma con grande abilità mediatica, alimentata da un continuo frullatore di citazioni che se nel 2000 metteva insieme Don Milani e i Rosselli (mai più citati da allora, troppo socialisti?), oggi tiene insieme Obama e l’Alexander Supertramp del film di Sean Penn. Marketing politico (di bassa lega, Berlusconi lo surclassa), con ottimi risultati per lui ma pessimi per tutti noi progressisti
Anche alla festa del PD di Firenze ha detto che bisogna partire dal grande discorso del Lingotto, convinto, anche qui come l’attuale premier, che i suoi discorsi siano già storia (si rassegni: gli storici contemporanei continueranno a citare quello di De Gasperi alla Conferenza di Pace di Parigi, non il suo che comunque, visto che non ha mancato di pubblicarlo in una discutibile libretto Rizzoli dal modesto titolo La Nuova Stagione. Contro tutti i conservatorismi, scritto in carattere 18 al modico prezzo di 10,00, deve essere almeno servito all’acquisto del nuovo loft di Manhattan).
Per non parlare di quando ha sostenuto che il conflitto d’interesse di Matteo Colaninno è nulla rispetto a quello di Berlusconi (non una parola sulla vergogna CAI, questo consorzio di imprenditori-prenditori che hanno depredato le ricchezze del Paese gestendo monopoli e vivendo senza concorrenza all’insegna del più vasto familismo, e ora vogliono in regalo la polpa di Alitalia lasciando le ossa a noi contribuenti).
Si può discutere di tutto, di come riorganizzare l’opposizione, rilanciare il PD, favorire la nascita di una sinistra socialista che cancelli finalmente personaggi come Caruso e Marco Rizzo, ma se il PD non risolve la grana Veltroni la situazione non si sbloccherà. Perché se il PD appariva un progetto ricco di contraddizioni, quando è stato conquistato da questo politico sopravvalutato ha segnato la sua breve vita.
Un leader mediocre, quindi, ma feroce contro chi gli si oppone, come ha fatto con Parisi. Il quale, poverino, ha solo chiesto l’annullamento dell’elezione della nuova Direzione in virtù delle più elementari regole democratiche visto che era stato votato da appena 800 persone su 2800, istanza puntualmente cassata dalla commissione nazionale di garanzia che pur ammettendo l’irregolarità del voto non lo farà ripetere (non stupiamoci della analoga decisione sul caso Barracciu). O, ancora, ha denunciato la mancanza di democrazia interna e la necessità di un cambio alla segretaria (il segretario che si candida premier, nelle democrazie europee, si dimette e si ritira, vedi caso Schroeder in Germania e Persson in Svezia), vedendosi accusato, con palese stravolgimento della verità in perfetto stile staliniano, di aver elogiato Berlusconi (l’unico ad aver elogiato il Cavaliere è stato Veltroni in qualità di membro della Commissione Cultura della Camera il 13 aprile del 1988, per il quale si rimanda al documentato libro di Michele De Lucia “Il Baratto”, Kaos edizioni).
Sbaglia Parisi con le sue critiche? Ma come reagire alle affermazioni veltroniane pronunciate alla festa dell’Unità di Bologna, dove ha potuto sostenere che lui ha migliorato le cose perchè “DS e Margherita avevano il 22% e ora il PD è una forza del 34%”? Oppure che non capiva le critiche in quanto Blair e Zapatero hanno avuto bisogno di tempo prima di vincere? Due bugie grandi come una casa che i giornalisti hanno riportato (vedi “Repubblica” del 13 settembre) senza mettere una nota redazionale dove ricordare:
a) l’ultimo risultato di DS e Margherita è stato il 28,2% al Senato nel 2006, mentre il PD alle politiche del 2008 ha ottenuto il 33,1% alla Camera e il 33,6% al Senato, quindi mai il 34%, per non parlare dei sondaggi di oggi che lo danno al 28-29%.
b) Blair divenne capo del Labour a partire dal luglio 1994, per poi vincere le politiche nel 1997, mentre Zapatero conquistò tramite primarie la segreteria del PSOE nel 2000, vincendo le politiche nel 2004 (insomma, prima sono diventati segretari e hanno organizzato il partito e solo dopo si sono presentati alle elezioni vincendole, mentre lui non solo è diventato segretario con primarie bulgare dove nessuno dei suoi antagonisti ha superato il 20% e diversi candidati hanno preso cifre da prefisso telefonico, ma soprattutto ha perso con il peggior distacco di ogni avversario antiberlusconiano dal 1994 ad oggi). E l’alleanza con Di Pietro chi l’ha voluta? D’Alema? La Bindi? Chi riceveva come un autocrate i segretari dei partiti nel loft come tutti vedevamo nei telegiornali di gennaio e febbraio?
E poi perché nessuno non gli chiede come mai Prodi, il padre dell’Ulivo e del PD, non ne vuole più sapere del progetto? E’ normale questo rifiuto così netto? Non dovrebbe comunque essere a fianco di Veltroni a sostenerlo? O forse Prodi lo ritiene coresponsabile della caduta del governo?
Ora c’è la questione delle Europee. La nuova legge elettorale con sbarramento e liste bloccate berlusconiana è la sua salvezza (potrebbe riutilizzare l’inganno del voto utile), e infatti non si è ancora sentito il suo no. Vedremo nei prossimi giorni.
La personalizzazione della politica, la costruzione di miti come quello della governabilità e del decisionismo, dello snellimento delle istituzioni per favorire il potere esecutivo (uno stravolgimento della nostra carta costituzionale!) il rincorrere senza costrutto ma solo per slogan la destra, ad esempio sui temi della sicurezza (vedi vicenda Reggiani, di cui solo la destra si è avvantaggiata), sono stati tutti elementi che Veltroni ha introdotto più di ogni altro leader nelle file del centrodestra, tradendo la passione e la buona fede di tanti militanti, del PD e in generale progressisti. In Europa i leader che sbagliano si ritirano dalla politica: da noi sopravvivono ad ogni sconfitta mentre il Paese è sull’orlo del baratro.

2 commenti

  • 1 Sergio Ravaioli
    19 Settembre 2008 - 10:26

    Caro Scroccu,
    la cosa più deprimente del tuo intervento è che hai ragione!
    Volendo gettare un po’ di benzina sul fuoco, aggiugerei che gli altri sono pure peggio (basti pensare a Parisi!).
    Dalle magliette con l’effige del Che della nostra gioventù, passeremo a quelle con il ritratto di Rosy Bindi? (la migliore a mio giudizio).

  • 2 GIORGIO COSSU
    25 Settembre 2008 - 23:31

    1- Una critica personale maligna che scende a sequenza -sfogo incontrollata da bar la lascerei al geom. Feltri, all’ometto in falsetto Giordano e a spia-Farina-betulla, a Fede e al geom. Melis, è oltre che inutile, dispersiva e dannosa, non aiuta ma oscura, turba e ostacola il chiarimento e la critica politica, tanto più dentro un’area progressista nel momento di confusione e riflusso, che richiede un disegno chiaro e alto e non baruffe scomposte di gruppi e regolamenti di conti.
    2- Un attacco politico corretto deve porsi su una linea, una direzione fondata sulla realtà con l’obiettivo di incidere, quando ci sono omissioni che alterano l’insieme dei fatti, il contesto e la sequenza, o snodi falsati cedendo a stereotipi ideologici si cammina sulla confusione e dispersione e sull’irrilevanza. Mentre alcuni rilievi colgono limiti ed errori, mancano fatti centrali della direzione presa dal PD, aldilà degli errori politici anche di natura strategica compiuti.
    - La sconfitta del 2001 è l’esito della crisi provocata sempre da Bertinotti a seguito di richieste di assistenza e della tesi minoritaria, favorita dalla riduzione fatta da D’Alema dell’Ulivo a cartello elettorale e dalla sua realpolitik, e dalle difficoltà create con le due crisi di governo.
    - Che il consenso al governo Prodi fosse al 22% è noto, le elezioni ‘06 non rilevano, recuperare al 33,1, e 33,6 dire il 34%, non pare cosa grave, i dati sono una foto politica da decifrare, ma che indica un recupero consistente. Devo ricordare che il CS prima delle elezioni aveva vinto con forti differenze in comuni province e regioni, dal 52 al 67%, che i dieci punti di vantaggio persi nella fase elettorale sono da attribuire a dichiarazioni avventate della sinistra e alla debolezza di quell’accordo sul programma unito a scarsa innovazione reale e ad una leadership debole sui temi dello sviluppo, anche conseguente a un disegno limitato e faticoso, puntato su correzioni alla precarietà e a sostegni a imprese, privo di una politica economica e industriale nuova.
    - Una forzatura il conflitto di interessi per Colannino j, che sarebbe comunque successiva e casuale, si discuta di una scelta inadeguata, oltre il segno moderato. E quel linguaggio sugli imprenditori mi sembra davvero vecchio e falso, diversi sono discutibili e usi a rendite e mercati protetti, altri sono normali, va discussa l’improvvisazione populistica partita per Malpensa e cavalcata con la cordata italiana, poi il progetto voluto da Berlusconi con rapporti non trasparenti e con interessi fatti di scambi secondo il costume affaristico berlusconiano, e fatto da Passera, non vedo che rapporto abbiano con Veltroni.
    - L’accordo con Di Pietro si può discutere ma non ha creato danni elettorali, come si può discutere l’accordo con i radicali, per i toni conflittuali sui valori, mentre la Chiesa prendeva distanze innaturali dal governo, e per un liberismo che oscilla tra giusta concorrenza e ideologia, peraltro compensato dalla buona prova della Bonino.
    - Zapatero non ha vinto tanto per meriti politici ma per le scivolate di Aznar sull’attentato. E la politica economica è restata simile, identica la flessibilità e precarietà, stessa politica immobiliare ora in crisi.
    Nel culmine dei toni una risposta diventa “ferocia” ma credo che vinca Parisi e non mi pare una bella gara politica, pur comprendendo le sue scelte e le critiche, la linea sul partito. Tralascerei ogni “meglio B.”, che è somma di quanto di vecchio e deleterio venga dagli italiani.
    Appare evidente che la tesi di fondo è Veltroni ha perso perché: 1- ha deciso di andare da solo, 2- ha perso per una scelta moderata.
    Si omette di dire che i primi che hanno indebolito e costretto all’impopolarità il governo Prodi, oscurando anche buoni e faticosi risultati, sono stati il subcomandante e le diverse aree della sinistra su cui Scroccu crede di poter ricostruire alternative da prefisso, con Veltroni o senza. Ricordare gli sciagurati giudizi “il poeta more…,” l’altalena continua di Susa, Vicenza, i Dico, il nulla sulle pensioni, rifiuti e i termovalorizzatori, . Non i temi dell’economia ma tutti i temi controversi appesi ad opzioni di valore e di differenza, con tutti i movimenti antisistema, dal basso contro l’alto secondo Fausto. In questa caduta favorita da una carenza di leadership al governo, Veltroni non poteva che andare senza la sinistra.
    Nel clima dato, sotto l’attacco della stampa benpensante ha sterzato su temi populisti e moderati. Sbagliando su sicurezza, decisionismo e dialogo, ma costretto in quella direzione dagli errori della sinistra. E’ il come andare sbagliato, ma se non fosse quello che si rivolge con immagini ai sentimenti popolari, non avrebbe riscosso consensi popolari utili al recupero.
    E’ anche certo che avrebbe dovuto, di fronte alla crisi economica, esprimere una capacità egemonica anche sulla sinistra con una teoria di riforme economiche e ricambio di classe dirigente, ha puntato sul decisionismo, scorciatoia popolare ma spuntata, sul dialogo per quelle riforme volute anche a destra, peraltro non ha ottenuto la riforma elettorale, ha giocato il ricambio per immagini, la Maida, le donne, l’operaio, gli imprenditori, anziché aprire e discutere uan linea nuova e determinare un ricambio di qualità. Ma il PD è lo sbocco naturale dell’idea dell’Ulivo, minimo e fatto male, ma è nella direzione, interpreta l’area culturale politica propria. Andare da soli, doveva essere la premessa di una autonoma elaborazione con cui rivolgersi alle altre aree disponibili alle riforme di governo.
    Posso garantire una cosa l’Ulivo ha significato due cose: andare oltre i partiti chiusi del centro sinistra con un disegno che cercava di tradurre le culture di cattolici democratici, sinistra socialista e liberali, con riforme ispirate a solidarietà anticipata come gestione dello sviluppo e non come assistenza, lo Stato delle regole, ed un intervento di politica industriale innovativo, con pluralismo istituzionale, allargare e favorire la selezione della classe dirigente. Le 88 tesi elaborate fuori dai partiti da intellettuali, di cui alcuni ministri come Treu e Flick, oltre Ciampi, erano un segno di questo disegno, oltre le mediazioni dei partiti una classe dirigente postideologica di qualità. L’Unione a cui si riferisce Scroccu e altri, confondendo con l’Ulivo, è stata un’altra cosa, un programma di mediazione faticosa ed incerta in cui I partiti, hanno mantenuto tutte le riserve e identità, fino a radicali e Bonino che non lo firmano. Se si intende riproporre questa apertura si è fuori dalla comprensione della politica possibile e utile.

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