Sinistra, il rinnovamento è necessario

24 Aprile 2008
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Gianluca Scroccu

Le elezioni politiche del 13-14 aprile hanno rappresentato la degna conclusione del ciclo storico che sta portando alla crisi sempre più profonda della democrazia italiana. Al di là del vincitore, la questione riguarda il profilo del nuovo Parlamento. Anni di cannoneggiamento con parole come governabilità e semplificazione hanno portato alla scomparsa di forze storiche e sociali le quali, seppure in forte crisi, non saranno nelle aule parlamentari a rappresentare i loro elettori. Incredibile che si sia anche solo ipotizzata la logica aberrante del voto utile, appoggiata dalla grande stampa, e utilizzata per concentrare il voto sul PD e il PDL. Solo il Presidente Napolitano, garante della nostra Costituzione (che quest’anno compie sessant’anni, ma qualcuno agisce come se già non esistesse) ha fatto sentire la sua voce autorevole contro questo assurdo ricatto.
E questo mentre per la seconda volta consecutiva gli elettori italiani non hanno potuto esprimere la loro preferenza per i candidati (scelti dalle segreterie con criteri di marketing pubblicitario: l’operaio, la giovane di bell’aspetto, l’imprenditore, il generale dell’esercito). Ancora: il 55% dei seggi alla Camera assegnato ad una forza che aveva raccolto solo il 46,8% dei voti, ovvero un premio di maggioranza assegnato a chi si trova diversi punti sotto il 50% dei voti più uno!
Avanza un modello di partito modellato sul capo, che non si può mettere in discussione, dove il potere si concentra senza che i militanti possano esercitare un reale controllo democratico. Questo schema verticale, per cui i militanti e i simpatizzanti sono semplici consumatori delle decisioni delle oligarchie, si adatta perfettamente al sistema elettorale e a quello istituzionale che si vuole costituire. Intanto si scava sempre di più l’abisso tra gli elettori e la classe politica e viene a mancare la fiducia nelle Istituzioni. La politica non è più servizio civico, ma carriera che si costruisce assottigliando la sfera del controllo e della partecipazione aperta della gente nei processi decisionali, da cui deriva il sistema delle nomine fatte per mettere in piedi un sistema di potere sempre più feudale, ricco di vassalli e cortigiani. Nel periodo intermedio tra una consultazione e l’altra c’è il deserto (a questo si lega il fatto che essere eletto oramai significa entrare in uno schema di privilegio da cui non si vuole uscire anche per motivi economici). Nessuna si illuda, allora, della vittoria di Silvio Berlusconi il quale, più che sul piano dei numeri, ha trionfato sul piano culturale grazie ad un’egemonia che si è consolidata in questi ultimi due decenni.
Il PD di Veltroni non ha sfondato e ha finito per pagare una campagna mediatica costruita su una leadership che è esistita nella stampa amica più che nell’immaginario e nel cuore degli elettori: i numeri del PD, specie dopo le grandi aspettative, sono impietosi.

La Sinistra Arcobaleno e i socialisti sono stati spazzati via e non hanno rappresentanza in Parlamento. Dopo uno tsunami come questo è necessario che la sinistra italiana si interroghi a fondo. Ha pagato soprattutto la debolezza e l’asfissia del suo progetto culturale: è distante, lontana e autoreferenziale, con una classe dirigente per lo più inadeguata che ha chiesto soltanto e non ha dato nulla ai suoi elettori. Per chi si sente di sinistra i simboli o il nome non bastano più, perché prima di tutto serve trasparenza nei processi decisionali. Mai come oggi, per la sinistra italiana, il rinnovamento è necessario e per iniziare a farlo si deve partire dal ripristino del diritto alla politica, ripensando, e in profondità, la forma partito.

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