Elogio del partito irresponsabile

16 Maggio 2013
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Carlo Dore jr. 

 Mentre scrivo queste righe, le parole di Hilda Boccassini rimbombano ancora per i corridoi deserti del Tribunale di Milano, sintetizzando nella cruda freddezza di una formula giuridichese l’essenza stessa degli ultimi vent’anni della storia d’Italia: “prostituzione sistematica a beneficio dell’imputato Silvio Berlusconi”. Prostituzione sistematica, ovvero prostituzione che diventa sistema. Il sistema di un Paese asservito al volere di un Capo non assoggettabile a quei parametri di disciplina e onore che, secondo il vetusto orpello costituzionale, dovrebbero guidare l’azione dei titolari di funzioni pubbliche; il sistema di un Paese mobilitato ad assecondare le esigenze di un unico utilizzatore finale, pervaso dai pruriti machisti come dalle bramosie impunitarie; il sistema di un Paese in cui, tra leggi ad personam e gare di burlesque, la prostituzione materiale ed intellettuale si eleva a veicolo privilegiato per seguire l’impervia rotta del potere.
 Mentre scrivo queste righe, le parole di Enrico Letta risuonano ancora nel silenzio assordante della fiera di Roma: non un cenno ai ministri che inveivano in piazza contro le toghe politicizzate; non un cenno sui parlamentari mobilitati nell’occupazione dei palazzi di giustizia; non un cenno sull’ennesima autoassoluzione dell’eterno impunito, capace persino di paragonare la sua eterna fuga dai processi al dignitoso coraggio che sempre contraddistinse la figura di Enzo Tortora. Solo silenzio, inframmezzato dai continui riferimenti al “senso di responsabilità”.
 Già, il senso di responsabilità: è per senso di responsabilità che l’ala “dialogante” del PD ha silurato Pierluigi Bersani e il suo progetto del governo di cambiamento; è per senso responsabilità che i teorici della “pacificazione” hanno scelto la via dell’abbraccio mortale con Berlusconi, forti della neanche tanto malcelata benedizione del guru Casaleggio; è per senso di responsabilità che i democrat hanno imposto al PD di abdicare dal suo ruolo di partito della Costituzione, riducendo la politica italiana a greve scontro tra l’autoritarismo economico e mediatico del Cavaliere e quello telematico di Beppe Grillo.
 Mentre scrivo queste righe - pensando che, in definitiva, è per senso di responsabilità che il PD ha scelto, attraverso la strategia delle larghe intese, di “normalizzare” il sistema Berlusconi - mi trovo fatalmente a tessere l’estremo elogio di un “partito irresponsabile”.
 Sì, io vorrei un partito irresponsabile. Vorrei un partito tanto irresponsabile da opporre la bandiera della legalità al ruggito della piazza caimana; vorrei un partito tanto irresponsabile da affermare l’assoluta attualità dell’impianto costituzionale vigente, ribadendone l’intangibilità dinanzi all’attuazione di poco convincenti progetti di riforma; e vorrei un partito tanto irresponsabile da indicare nel ritorno al voto la soluzione della crisi politica in atto, consapevole del fatto che la prospettiva di una sconfitta elettorale può sortire effetti meno devastanti della perdita di credibilità che deriva dalla legittimazione dell’avversario di sempre.
 Ma è tempo di larghe intese, e il silenzio della pacificazione inghiotte l’indignazione per la “prostituzione sistematica” insieme alle parole della Boccassini. Rimane spazio solo per l’ennesimo richiamo al senso di responsabilità, mentre gli opposti autoritarismi si apprestano a spartirsi le spoglia di un Paese allo sbando, tra lo sconcerto di quanti, non disposti a praticare sconti sul piano della qualità democratica, continuano a tessere l’elogio del “partito irresponsabile”.
(articolo pubblicato su www.cagliari.globalist.it)

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