Quali poteri della Regione sarda sul paesaggio?

22 Gennaio 2014
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Benedetto Ballero a domanda risponde

La Corte costituzionale il 10 dicembre scorso ha reso una importante sentenza sulla competenza regionale in materia di tutela del paesaggio. Ne parliamo col Prof. Benedetto Ballero, esperto della materia, riprendendo un discorso già affrontato in questo blog nell’ottobre del 2013.

- Caro Prof., la questione delle competenze regionali in materia di tutela del paesaggio ha suscitato un dibattito vivace in Sardegna. Paradossalmente, molti intellettuali democratici sardi hanno sostenuto tesi, in certo senso, stataliste. A dicembre la Corte costituzionale ha pubblicato una sentenza sulla materia, puoi riassumerne il contenuto?     
- Certamente. Ad onta delle incomprensibili prese di posizione da parte di molti autorevoli sardi, falsamente autonomistici, circa l’asserita inesistenza di poteri regionali in materia di tutela del paesaggio, la Corte Costituzionale, con la recente sentenza n. 308/2013, ha espressamente affermato [tutti i periodi fra virgolette sono riportati testualmente da detta sentenza] “Lo statuto speciale della Regione autonoma Sardegna assegna a quest’ultima, all’art. 3, primo comma, lettera f), la competenza legislativa primaria in materia di «edilizia ed urbanistica». In attuazione di tale norma statutaria, il decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 … precisa che tale materia concerne non solo le funzioni di natura strettamente urbanistica, ma anche quelle relative ai beni culturali ed ambientali, considerato che, all’art. 6, dispone il trasferimento alla Regione delle funzioni attribuite al Ministero per i beni culturali ed ambientali… ivi compresa la «redazione e l’approvazione dei piani territoriali paesistici, di cui all’art. 5 della legge n. 1497 del 1939».

 - Ma ci sono limiti?
- Sicuramente, ecco sempre le parole della Consulta: “La Regione Sardegna dispone, nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale», fatto salvo il rispetto dei limiti espressamente individuati nell’art. 3 del medesimo statuto in riferimento alle materie affidate alla potestà legislativa primaria della Regione (sentenza n. 51 del 2006). Il legislatore statale, pertanto, conserva il potere di vincolare la potestà legislativa primaria della Regione speciale attraverso l’emanazione di leggi qualificabili come «riforme economico-sociali».

- E’ un limite penetrante, data la nozione estensiva data in passato al concetto di riforma economico-sociale, però incide sulla potestà legislativa non direttamente su quella amministrativa e di pianificazione. Però sui limiti gioca anche il titolo V…

- Sì, in capo allo Stato sono mantenuti altri poteri, “sulla base del titolo di competenza legislativa nella materia «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali; «con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto del legislatore della Regione Sardegna che eserciti la propria competenza statutaria nella materia «edilizia ed urbanistica» (v. sentenza n. 536 del 2002)» (sentenza n. 51 del 2006)”.

- Che rilevanza ha sull’argomento il Codice dei beni culturali e del paesaggio?
- Ne ha sicuramente, perché conferma un’ampia competenza delle Regioni speciali sulla pianificazione urbanistica. Sempre secondo la Consulta, “il d.lgs. n. 42 del 2004, oltre a stabilire espressamente che «restano ferme le potestà attribuite alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e Bolzano dagli statuti e dalle relative norme di attuazione» (art. 8), nell’individuare gli strumenti della pianificazione paesaggistica, all’art. 135, «affida alle Regioni la scelta di approvare piani paesaggistici…» (sentenza n. 51 del 2006) ”.

- In sintesi, secondo te, la Consulta è più autonomista di molti intellettuali sardi…
- Si è così, ma non secondo me, secondo la Corte costituzionale, com’è comprovato dai passi della sentenza n. 308 sopra riportati. 

- Ma come spieghi queste posizioni in qualche misura “stataliste” di non pochi ambientalisti sardi?
- Alla base di molte delle prese di posizione in favore dell’estensione dei poteri ministeriali c’è un motivo legato alla convenienza del momento. Il ragionamento è all’ingrosso questo: ”Qui mi piace ciò che fa il ministero e non quanto delibera la Regione e allora sostengo l’estensione della competenza ministeriale in danno di quella regionale. Là mi piace ciò che fa la Regione e contrasto la competenza ministeriale in favore di quella regionale“. Non si può però ragionare a seconda della “convenienza” contingente, seppure mirata a fini positivi. Esiste un dato normativo e questo va rispettato. Semmai la battaglia deve essere spostata sul versante politico se la Regione male esercita le  sue funzioni. Nella nostra tradizione autonomistica ci siamo sempre attenuti alle interpretazioni più favorevoli alla Regione.

- Almeno per la nostra generazione è stato così. Prima di tutto la salvaguardia dei poteri autonomistici, poi, se necessario, la lotta per un suo corretto e utile esercizio. Forse oggi questa capacità di distinguere il profilo istituzionale da quello politico si è attenuata.
- Proprio così…

- Ma ora, caro prof., ci fermiamo qui. Nella sentenza, però, ci sono riferimenti ad altre questioni incandescenti, prima fra tutte quella della c.d. coopianificazione,  sulle quali vorrei tornare in seguito.
- Con piacere. Sono a disposizione.

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