Landini, della Coalizione sociale chiedo la tessera n. 1

25 Febbraio 2015
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 Andrea Pubusa

Da Landini viene una speranza. In una intervista al Fatto-quotidiano dei giorni scorsi ha detto parole forti, di verità, di alta moralità e d’impegno politico. Non ha in mente l’ennesimo partitino, ma un’iniziativa politica che parta anche dalla Fiom: “È venuto il momento di sfidare democraticamente Renzi…“. E poi una verità sacrosanta: “Il problema è che la maggior parte del Paese, quella che per vivere deve lavorare, non è rappresentata. C’è un fatto nuovo nel rapporto fra politica e organizzazione sindacale… Il sindacato si deve porre il problema di una coalizione sociale più larga e aprirsi a una rappresentanza anche politica… Per quanto riguarda la Fiom, dobbiamo rivolgerci a tutto ciò che è rappresentanza sociale, non solo i lavoratori…”.
Questi concetti, dovendo riassumerli in poche parole, fanno pensare ad una nuova formazione politica. Tutti ci chiediamo cosa sia la “coalizione sociale“, di cui ci ha parlato nei giorni scorsi anche un altro della partita, Rodotà. In termini tradizionali ci pare il primo passo per dare vita a un partito del lavoro. Ma l’operazione è più complessa e ambiziosa. Landini spiega: “Non è così. Una coalizione sociale vuol dire mettere insieme chi agisce nel sociale con al centro la questione del lavoro“. Per quanto riguarda invece i soggetti che potrebbero far parte di questa coalizione, “tutti coloro che possono contribuire a dare rappresentanza al lavoro”. “Il sindacato italiano - sottolinea Landini - ha sempre fatto politica. Ha sempre espresso una sua visione, non è mai stato un sindacato di mestiere“.
Come si vede, Landini, con Rodotà, Gino Strada e don Ciotti la politica l’intendono nel senso più nobile del termine, non in quello deteriore di fondare partitucoli o listarelle, come ha subito finto di intendere l’altro ieri Renzi per fare la polemichetta da bar, in cui è maestro.
L’idea di una coalizione sociale a me ricorda quel processo di formazione di un’organizzazione politica della sinistra che promana dalle organizzazioni operaie e dal mondo del lavoro, sull’esempio delle Trade Unions inglesi, da cui sortì il Labour Party. Insomma un processo inverso alla creazione dall’alto di partitini con tanto di segretari e dirigenti, che consumano la loro credibilità in faide interne e lotte di potere, spesso ridicole e piccine. Questi è bene che rimangano fuori, perché hanno introiettato fin nel midollo il corrompimento della politica, intesa come manovra deterione anziché, almeno a sinistra, come azione organizzata e disciplinata in difesa dei lavoratori e per l’estensione dei loro diritti, per un allargamento degli spazi democratici di tutti,  per una nuova etica pubblica.
Oggi il PD renziano non è solo con la destra, è la destra. Ha ragione Landini: “Sui provvedimenti del Governo siamo di fronte a dei dati concreti: in un Paese in cui esisteva lo Statuto dei lavoratori“, che conteneva dei “provvedimenti di tutela delle persone che lavorano”, quei provvedimenti “sono stati cancellati“. E ancora: “Per la prima volta nella nostra storia democratica non c’è una rappresentanza politica del lavoro. È in atto un attacco al ruolo, anche politico, che il sindacato generale ha sempre svolto in Italia. Non posso non pormi il problema di contrastare questo processo”. “Matteo Renzi ha scelto Confindustria, è peggio di Berlusconi c’è una compressione di diritti che non ha precedenti“.
Una coalizione sociale dalla parte del lavoro e dei lavoratori, questa è, dunque, la proposta. Non è ancora chiara, ma va nella direzione giusta. E’ già un richiamo irresistibile. Chiedo la tessera n. 1, per essere il più modesto dei militanti di base.

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