Enti locali: un mostro dalle grandi fauci (la Regione) e tante teste

29 Gennaio 2016
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Andrea Pubusa

La chiamano riforma, in realtà è un furto di democrazia con scasso. In tre mosse, i malandrini armati di piede di porco, scardinano il sistema delle autonomie minori e rafforzano la Regione. Esattamente il contrario di una riforma democratica del governo locale. Solo i ciechi non possono vedere che il sistema regionale è bloccato per l’ingrossarsi a dismisura della Regione, ormai un vera e propria escrescenza putrescente della comunità sarda. Migliaia di funzionari debbono pur far qualcosa! E - si sa - la burocrazia traffica in procedure. Ecco quindi la crescita esponenziale dei barocchismi amministrativi, in barba alla semplificazione, che anzitutto è dimagrimento degli uffici. Le cose di cui oggi si occupa chi segue il contenzioso amministrativo sono principalmente gli incagli che una burocrazia, incerta e permeata dalla politica, crea alle attività piccole e grandi di cittadini e imprenditori, in un misto di scarsa professionalità, inattitudine ad assumersi le responsabilità della carica, commistione con la politica, con l’ovvio risvolto della parzialità, del favoritismo e del suo contrario. Una regione poi che allontana le procedure dagli interessati, contro ogni buon senso e sentimento democratico, che si traducono anzitutto nel decentramento.
Morale della favola: la vera riforma parte dal ridimensionamento di questa Regione, dal ridurla ad ente di legislazione e programmazione, demandando tutto il resto (personale compreso) a province e comuni.
Occorre, dunque, creare un equilibrio rinforzando le province, e se il nome non vi piace chiamatele distretti, contee, o…giudicati! Basta intendersi: il riequilibrio richiede un ente forte fra Regione ed enti locali minori, che eserciti tutte le funzioni di area vasta. Un ente pienamente rappresentativo, esponenziale delle rispettive comunità. Ai comuni, infine, la funzioni più elementari, quelle più vicine al cittadino, quelle che si devono esercitare sul suo uscio di casa.
Il governo locale si configura così come un continuum di assemblee dai consigli comunali a quello regionale, rappresentative, pienamente permeate della volontà dei cittadini. Un salto democratico nello spirito della Costituzione e dello Statuto speciale, che prevedono, appunto, che, di norma, le funzioni amministrative in ambito regionale siano esercitate non dalla Regione, ma da province e comuni e per mezzo dei loro uffici.
La controriforma approvata dal Consiglio regionale punta invece a depotenziare le province, ormai ridotte, col commissariamento, ad articolazioni dell’amministrazione regionale, e a scardinare i comuni, con l’invenzione delle unioni, nella prospettiva della soppressione, oltre che delle province, dei municipi. Il risultato? Una megamacchina regionale nel deserto di centri di riferimento democratici nei territori.
Che senso ha, del resto, se non depotenziare la stessa idea democratica, l’assegnazione al Sindaco di Cagliari della rappresentanza di tutta la città metropolitana. Il sindaco eletto da una parte governa per tutti, anche per quelli che non sono suoi elettori. Questo sindaco poi fa un vero e proprio bingo, perché, con una sola elezione, diviene sindaco di tutta la comunità metropolitana …e senatore della Repubblica, grazie al senato di marca renziana! Follia allo stato puro! Le unioni, per di più, con i loro organi di secondo grado, non rappresentano una comunità, ma registrano equilibri fragili di partiti, bilanciamenti di potere fra boss locali. Diventano satrapie, emissioni dei capibastone regionali. più che centri di amministrazione democratica. Sono anch’esse staccate e contro i cittadini.
Come nei più terribili miti antichi, ecco cosa ci dà la legge approvata ieri: un grande mostro dalle fauci enormi (la Regione) e con cento teste piccole e dipendenti (unioni), che sputano veleno contro i malcapitati che vengono loro a tiro (cittadini).

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