Renzi, “consultellum”, “legalicum” e le elezioni

26 Gennaio 2017
2 Commenti


Tonino Dessì

Matteo Renzi parlerà a mezzanotte Salvini: «Elezioni subito» – Diretta

Renzi, Salvini e Grillo

Nel leggere notizie, articoli giornalistici e commenti politici sulla sentenza con cui la Corte Costituzionale ha parzialmente invalidato la legge elettorale approvata prima del referendum, ho avuto l’impressione che i più tendano a rimuovere il tema dell’impronta che l’esito referendario del 4 dicembre dovrebbe aver impresso nell’interpretazione della Costituzione e nei conseguenti rapporti tra organi costituzionali.
Credo si tratti di una rimozione rischiosa.
Che il referendum non avrebbe avuto conseguenze solo sul contesto politico contingente a me non è mai sfuggito.
Il voto ha dato un indirizzo di conferma dell’impianto costituzionale nel cui ambito le forze politiche farebbero bene a sintonizzarsi, non lasciando alla sola Corte il compito di orientare le dinamiche politico-istituzionali.
Ricordiamoci infatti che spetta alla legge, cioè al Parlamento, tradurre la Costituzione vivente e che alla Corte non compete legiferare.
O almeno non dovrebbe competere.
Forse questa considerazione, sicuramente presente al Collegio, ha condizionato anche un’impostazione della sentenza che taluni hanno definito minimalista.
Può darsi, cioè, che proprio per non interferire oltre una certa misura con la volontà espressa dal Parlamento, la Corte abbia ritenuto opportuno fare il minimo indispensabile per la decenza, togliendo gli istituti più clamorosamente incongrui e rendendo possibile, per non bloccare l’intero sistema istituzionale, andare a elezioni, ove non vi siano altre soluzioni alla crisi politica, anche senza un nuovo intervento legislativo.
Resta tuttavia il fatto che la sentenza ha lasciato in piedi un istituto, quello del premio di maggioranza, che ad avviso di molti stride con l’impianto democratico complessivo del nostro sistema.
Diverse forze politiche oggi dicono di volere le elezioni anticipate immediate.
Tecnicamente sarebbe anche fattibile.
Apparentemente non sembrerebbe esserci, infatti, una enorme disomogeneità tra la parte superstite dell’Italicum applicabile per la Camera dei deputati e quella del Porcellum applicabile per l’elezione del Senato.
Tuttavia è ancora presto per prevedere elezioni anticipate.
La scadenza naturale della legislatura sarebbe quella di poco prima della primavera del 2018. Non è poi tanto lontana.
Prima di poter anche solo cominciare a mettere mano a una nuova legge elettorale il Parlamento dovrà aspettare di leggere le motivazioni della sentenza costituzionale di ieri, che perverranno fra un mese.
Fondamentale sarà capire proprio il ragionamento fatto dai giudici delle leggi per salvare il premio di maggioranza (al di là dell’eventuale, empirico convincimento del suo difficile raggiungimento), la cui sopravvivenza resta abbastanza discutibile.
Come infatti può giustificarsi un sistema che contiene contemporaneamente un dottor Jeckill, ovvero il risultato proporzionale in caso di mancato raggiungimento della soglia del 40% da parte di una lista, e la sua mutazione in un Mr. Hide ipermaggioritario, nel caso di raggiungimento della soglia, con conseguente premio fino a 340 deputati su 630?
Avremmo cioè un sistema elettorale capace di mutare la forma di governo da parlamentare pura a parlamentare con primato assoluto del partito di maggioranza a seconda del risultato del voto.
A quel punto effettivamente anche la disomogeneità tra il sistema di elezione dei deputati e quello per l’elezione dei senatori diverrebbe un fatto problematico.
Ma anche adeguare sic et simpliciter la legge elettorale per il Senato al meccanismo descritto per la Camera lascerebbe in piedi l’ibrido mutante, semmai duplicandolo.
Saremo a ridosso di marzo, quando avremo letto e metabolizzato le motivazioni della Corte e, verosimilmente, molto lontani, ancora, da accordi tra le forze politiche capaci di realizzare l’auspicio fatto trapelare ieri dal Capo dello Stato, di una legge elettorale, omogenea per entrambi i rami del Parlamento, approvata con un voto più largo di quello della maggioranza centrista al Governo.
Senza contare altre impellenze, come il riallineamento dei conti pubblici all’intimazione della Commissione Europea, che comporteranno una manovra correttiva di quella renziana tutt’altro che indolore, politicamente e socialmente.
Senza contare che con le varie emergenze anche drammatiche in atto (due terremoti nel giro di meno di un anno) non farebbe una gran bella figura il segretario del PD, già bollito da una serie reiterata di sconfitte (non una delle “riforme epocali” che abbia superato le prove della giurisdizione costituzionale o del consenso espresso dal voto popolare), se improvvisamente proponesse di staccare la spina al Governo Gentiloni.
Insomma, ancora difficile fare previsioni, salvo azzardarne una: nel “ritorno del futuro”, lo slogan che inaugurerebbe, secondo quanto scrivono i quotidiani, il nuovo blog del Segretario del PD, a me pare sempre più improbabile che possa davvero ritornare proprio lui. Nè un’accelerazione nè un allontanamento del voto a ridosso della scadenza ordinaria mi pare giochino a suo favore.

2 commenti

  • 1 Mario Sciolla
    26 Gennaio 2017 - 23:15

    Le argomentazioni sono di essenziale e chiaro rigore e le sottoscrivo. Altra cosa è l’auspicio finale (nè un’accelerazione nè un allontanamento del voto giocherebbero a favore dell’attuale segretario PD e penultimo capo di governo). E’, comunque, un auspicio e - in quanto auspcio - ugualmente lo condivido.

  • 2 Oggi giovedì 26 gennaio 2017 | Aladin Pensiero
    27 Gennaio 2017 - 09:21

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