Francesco Cocco ci ha salutato tutti ed ha preso sonno, sereno. Mercoledì alle 15,20 il funerale a S. Michele

25 Dicembre 2017
4 Commenti


Andrea Pubusa

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(Francesco parla nel corso di un sit-in)

Francesco si è addormentato sereno. L’11 scorso aveva salutato i compagni che si erano riuniti, su iniziativa del Comitato e dell’ANPI, per festeggiare l’anniversario delle vittoria referendaria contro l’attacco vigliacco di Renzi e Boschi alla Costituzione. Tutti in via S, Domenico, gli avevano fatto feste e lui rispondeva all’affetto palese di compagni e compagne. Era felice. Quasi voleva ballare il ballo sardo quando Lorena, Luisa e le altre hanno scatenato la danza. Ha cantato “Bella ciao” con Roberto Deiana, Clara Murtas, Piero Marcialis e tutti noi; ha brindato e mangiato il panettone con noi. A me, che gli sedevo accanto, ha raccomandato di inaugurare a Nuxis il “cammino della libertà” verso la grotta dove fu latitante, a cavallo fa il 1812 e 1813, l’Avv. Giuseppe Cadeddu, il capo della rivolta di Palabanda. Ci teneva. Diceva che doveva essere uno dei luoghi simbolo della libertà dei sardi. Secondo lui noi sardi dobbiamo avere i nostri luoghi sacri a memoria della grandi lotte e dei martiri della nostra democrazia. Insieme avevamo inaugurato a Nuxis il 2 giugno del 2016, nella piazza antistante il Municipio lo splendido murale che Francesco Del Casino, con la sua generosità per le cause libertarie, aveva dedicato a Cadeddu a ai martiri di PalabandaHo promesso. Lui, dopo un po’, insieme ad Anna Maria ha salutato cordialmente e gentilmente tutti. Che piacere averlo avuto fra noi in allegria!
Venerdì ha salutato gli amici più stretti. Come d’uso, prima di Natale (e Pasqua) ogni anno invitava gli amici a casa sua. Due chiacchiere, un bicchiere e qualche dolce. Gli auguri in allegria, con qualche battuta sulla politica, verso la quale lui manteneva sempre il suo rigore nell’analisi e nella valutazione.
Oggi ha salutato i parenti e i nipoti.  Ha augurato a tutti felicità. Poi si è ritirato, non stava bene, ma non voleva essere d’intralcio nel pranzo di Natale.

E così dopo averci, in questo dicembre, uno per uno, salutati tutti, compagni, amici, parenti stretti, se n’è andato, in silenzio, con compostezza, con eleganza, con gentilezza, come ha sempre vissuto.
Una perdita grave per la democrazia sarda. Francesco non ha mai amato il protagonismo, lo considerava una debolezza dei vacui. Manteneva la riservatezza dei vecchi dirigenti comunisti. Chi lo ha conosciuto da vicino sa però quale fosse il suo spessore culturale. Ho sempre pensato e penso che Francesco fosse uno dei più profondi conoscitori di Gramsci. Era così padrone di quel grande deposito di cultura, che tutte la sue analisi, le sue prese di posizione, le sue riflessioni erano impregnate della luce del pensiero del nostro Nino. Gli rimproveravo sempre di stare troppo dietro le quinte, ma quando siamo riusciti a vincere la sua ritrosia con inziative che riteneva utili, ci ha regalato dei momenti di grande cultura. Come nel maggio scorso a Villacidro, quando invitato dai compagni dell’Assemblea permanente, ha tenuto una relazione magistrale, per semplicità e profondità, su “Gramsci sardo“, di cui aveva scritto più volte. Sì perché Francesco dai vecchi dirigenti comunisti, come Laconi, Cardia e altri, aveva mutuato l’apertura, l’amore per la cultura, la profondità, la scrupolosità  degli studi e la semplicità nel porgerne i risultati. Chi doveva capire non erano solo gli intellettuali, ma gli operai, le casalinghe, i pastori e i contadini. A loro era sempre rivolta la sua attenzione e la sua preoccupazione. Loro erano il suo riferimento. Riteneva che il tasso di democraticità del paese si misurasse sul loro peso sociale, sulla loro partecipazione alla politica e sulla loro presenza nelle istituzioni. E anche a Villacidro ha compiuto il miracolo, inchiodando l’uditorio popolare e stimolandolo al dibattito.
Conosceva la storia sarda, sopratutto  quella sociale e politica, meglio di ogni altro. Ed a me, che brillavo per ignoranza, ha insegnato che la Sardegna ha una importante storia di lotte sociali e democratiche, collegate alla grande storia nazionale ed europea. Francesco non conosceva solo le vicende, gli avvenimenti, penetrava nel cuore dei personaggi, parlava dei fratelli Cadeddu e ancor prima dei personaggi della “sarda rivoluzione“ come se li avesse conosciuti di persona e così parlava di Velio Spano, di Laconi. di Enrico Berlinguer, di Antonio Pigliaru e altri grandi intellettuali sardi, che aveva conosciuto davvero.  
L’ho invitato più volte a scrivere libri. Lui si schermiva, ridendo. Diceva che non era all’altezza. “Ci sono tanti altri più bravi di me!”. Gli ho anche proposto di fare un libro sulla storia sarda sotto forma di intervista. Invano. Qualcosa l’abbiamo fatta su democraziaoggi, dove ha scritto spesso sui grandi momenti di lotta, come per lo sciopero di Buggerru del 1904 o per quello di Montevecchio mezzo secolo dopo. Sui moti cagliaritani del 1906 sono riuscito a fargli un’intervista in tre puntate,  e sono venute fuori delle pagine di grande interesse. Ha scritto brevi ma dense pagine su Cagliari, di cui era profondo conoscitore.Tuttavia, se noi prendiamo tutti i suoi scritti, a partire da quelli su “Rinascita sarda” e  ”Societa’ ssrda - Nuovo Impegno”, la rivista da lui fondata e diretta a metà degli anni ‘90, una storia sarda riusciamo a comporla e la raccolta metterà in luce l’organicità della sua riflessione.
Francesco dei vecchi comunisti aveva anche alto il senso delle istituzioni. Era un rivoluzionario, vedeva con insofferenza storture e ingiustizie, ma considerava le istituzioni democratiche il frutto di grandi lotte, di immani sacrifici, di tanto sangue. E così, ai suoi occhi, lo Statuto sardo era  un testo da cui partire per ulteriori conquiste, ma guardandolo con rispetto, col riguardo che si deve a chi ha combattuto per conquistarlo. Della superficialità di molti novelli costituenti in lui non c’era traccia!
Nella IX legislatura al Consiglio regionale io presiedevo la Prima  Commissione ed avevo immesso nella sua attività un profilo di riflessione alta sullo stato dell’autonomia. Così riuscimmo a far deliberare la formazione di una Commissione speciale per riformare lo Statuto, che lui presiedette con grande signorilità ed apertura. Quando giungemmo alle conclusioni c’era una maggioranza disposta a votare un testo da trasmettere all’Assemblea per l’approvazione. C’erano però obiezioni della DC, grande partito d’opposizione. Io per il PCI insistevo per l’approvazione, anche Antonello Cabras per il PSI era dello stesso avviso e credo di ricordare anche i sardisti, rappresentati dal sassarese Franco Meloni. Ma Francesco fu irremovibile: lo Statuto non si modifica a maggioranza. Lo Statuto è legge costituzionale, è un pezzo di Costituzione. Si modifica così come è stato approvato con un largo consenso. Pur nella cordialità dei rapporti gli manifestai il mio netto dissenso. Ma, ripensando alla vicenda col seno del poi, penso che lui avesse ragione. Il testo approvato a maggioranza ci avrebbe dato un titolo di giornale, una trionfalistica dichiarazione su L’Unione e La Nuova. E poi? L’articolato nel Parlamento nazionale non avrebbe avuto alcuna chance di approvazione. Ci voleva pazienza, bisognava lavorarci ancora. La verità è che Francesco aveva dei fondamentali così solidi, che vedeva più lontano di noi. E così non ebbe dubbi o tentennamenti nella battaglia contro la legge Statutaria di Soru, e non  modificò di un millimetro il giudizio su quell’uomo e sulla sua azione, che ha sempre considerato una sciagura per la Sardegna. E così per Renzi e per la sua proposta di revisione costituzionale. Intuiva gli umori antidemocratici e antipopolari come nessun’altro.
Molti non lo sanno: quanto Francesco, con la sua serena fermezza, ci ha illuminato e ci ha incoraggiato nella battaglia democratica in questi anni! Personalmente, dai nostri incontri, dalle nostre mail (scritte immancabilmente in sardo!), ho tratto sempre conforto e certezze. Anche in questi giorni mi riproponevo di chiedergli consiglio su come continuare la battaglia democratica col Comitato. Ci attende un anno difficile, intrecciato con scadenze elettorali tormentate. Bisogna attrezzarsi, allargare la partecipazione, rinsaldare l’unità. Da lui volevo, lumi e indicazioni. Mentre lo guardavo poche ore fa dormiente nel suo letto modesto, nella sua stanza semplice come la sua vita, non ho voluto svegliarlo per porgli quesiti banali. Però lui, con la sua serenità, mi ha detto cosa fare. Domani andrò a trovarlo ancora.

4 commenti

  • 1 Enrico
    26 Dicembre 2017 - 00:12

    Sono davvero dispiaciuto. Scompare improvvisamente un altro punto di riferimento della mia militanza giovanile comunista… l’ennesimo. Ora so dire soltanto che mi dispiace molto… molto, davvero.
    Ciao Francesco, ti sia lieve la terra.

  • 2 Oggi martedì 26 dicembre 2017 | Aladin Pensiero
    26 Dicembre 2017 - 09:49

    […] Andrea Pubusa su Democraziaoggi. ———————————–/ mart 26 dic 2017 aladinews aldin […]

  • 3 Franco Meloni
    26 Dicembre 2017 - 18:37

    Ricordando Francesco Cocco: un vero Maestro. Su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=76404

  • 4 lucia Pagella
    26 Dicembre 2017 - 18:49

    In questi giorni avevo il cuore pesante, quasi un presagio della fine di un’amicizia che, nata sui banchi dell’università, si é protratta per tutta la vita anche se le nostre esistenze hanno preso direzioni diverse e le occasioni di incontro sono state rare anche se preziose.
    Io credo di sapere cosa ho perso : ho perso il maestro che mi aveva fatto conoscere Gramsci, che mi aveva guidato nella valutazione delle persone e degli eventi e che mi é stato di esempio di cultura e di onestà.
    Nessuno potrà sostituire una persona così speciale. Addio Francesco ti sarò per sempre grata delle tua amicizia.

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