Diritti acquisiti e irretroattività delle leggi

15 Luglio 2018
4 Commenti


I diritti acquisiti non esistono!

Leonardo Stiz

Distretto sociosanitario 3, sindacato pensionati da Scionti Si è discusso sullo stato di attuazione dei piani di intervento predisposti dall’ambito socio-assistenziale di Taurianova

 Per favorire una riflessione sui diritti quesiti, di cui tanto si parla contro il ricalcolo dei vitalizi disposto dal Presidente della Camera Fico, pubblichiamo questo articolo tratto da Linkiesta.it del 9 Maggio 2017. Il bello del diritto, nel parere di uno che ha provato a impararlo, è proprio questo: di “acquisito”, assoluto, incontrovertibile non c’è proprio un bel niente. Nessun diritto gode di tutela assoluta e intaccabile, nemmeno quelli più alti e sacri. Ogni diritto si scontra con un diritto opposto, si limitano a vicenda. Persino il diritto alla vita trova un limite nel diritto all’autodeterminazione (presente l’infinita discussione sull’aborto?). Ed è proprio qui il bello del lavoro del giurista: bilanciare, decidere di volta in volta fino a dove si estende un diritto affinchè inizi la tutela di un diritto opposto. Non a caso il simbolo della giustizia è una bilancia
Se nemmeno il diritto alla vita è assoluto, figuriamoci i diritti in materia di trattamento pensionistico. Peccato però che, non appena si sconfina nel campo dei “diritti acquisiti” così cari a questo Paese, iniziano le giravolte concettuali e, con queste, le iniquità. Mettiamo le cose in chiaro: il principio di irretroattività, nel nostro ordinamento, esiste solo per le leggi in materia penale (articolo 25 Cost.): non posso essere punito successivamente per una condotta che, all’epoca, non costituiva reato. Nelle altre materie invece, il legislatore può emanare leggi i cui effetti modifichino retroattivamente rapporti sorti in passato. Secondo la Corte Costituzionale, infatti, questo è possibile a patto che non si violino i principi generali di ragionevolezza, disparità di trattamento oppure l’affidamento del cittadino nella certezza del diritto. Tali vincoli hanno sicuramente una portata rilevante, che però non toglie al legislatore spazi di manovra a volte ampi. Dipende da cosa c’è sull’altro piatto della bilancia.
Ora, andando al nocciolo della questione, il discorso non è diverso per quanto riguarda i “diritti acquisiti” del trattamento pensionistico. Dire che sono ormai maturati e che nessuno li può toccare, semplicemente, non tiene a livello sistematico. Le argomentazioni utilizzate dalla giurisprudenza costituzionale a favore dei diritti acquisiti si basano principalmente sull’articolo 36 Cost., dove è disposto che i salari debbano essere, giustamente, proporzionati alla quantità e qualità del lavoro e sufficienti ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa, e sull’articolo 38, che enuncia il principio di adeguatezza dei mezzi di sostentamento in caso (tra gli altri) di vecchiaia. Le pensioni vengono equiparate a tutti gli effetti a un reddito differito, i due articoli vengono interpretati sistematicamente et voilà, lo Stato non può, tendenzialmente, ridurre successivamente l’entità delle pensioni senza violare il principio di ragionevolezza, di affidamento e di adeguatezza del trattamento rispetto al lavoro prestato (principio interpretato piuttosto rigidamente dalla Corte, in questo senso è esemplificativa la sentenza n. 70/2015). Tuttavia, come detto sopra, bisogna sempre guardare a quello che c’è sull’altro piatto della bilancia.
A scanso di equivoci, è bene dire che non ce l’abbiamo con le pensioni da 1000 euro al mese di buona parte dei nostri nonni, ma con quelle ben più consistenti di cui abbiamo già parlato, e soprattutto con quelle assai sproporzionate rispetto a quanto versato. I diritti devono essere sostenibili, e l’attuale sistema non lo è. Il risultato di decenni di pensioni sensibilmente troppo alte rispetto alle contribuzioni è che adesso un’intera classe di lavoratori più giovani deve pagare di più per mantenere quelle pensioni. E che quegli stessi lavoratori, a parità di potere d’acquisto del reddito da lavoro, percepiranno una pensione molto più ridotta (e molto più tardi) rispetto ai pensionati di oggi, come rimedio alle storture del passato. In una situazione di conti pubblici così disastrata, bisogna avere il coraggio di dire che è acquisito solo quel che si può. Che è profondamente iniquo spremere soltanto le tasche dei giovani per rimediare agli sperperi a favore di alcuni vecchi, mentre questi continuano a godere di un trattamento che non era evidentemente sostenibile e che ha largamente contribuito alla formazione di un debito che, ora, stanno pagando altri.
Fatto sta che nessuno, ad oggi, ha speso energie per cercare di spiegare perché questa non è una violazione del principio di uguaglianza. Oppure perché è conforme al principio di proporzionalità e ragionevolezza il tutelare pienamente la dignità e l’adeguatezza di alcune pensioni sproporzionate, ma, per poterlo fare, comprimere al contempo lo stesso diritto in capo ai giovani. Da quale giustificabile principio esce fuori questo standard?
Forse il problema è, appunto, che siamo poco avvezzi a guardare sull’altro piatto della bilancia. Questo peraltro, nel dibattito pubblico, ci porta ad abusare di alcuni concetti come quello di diritto, tanto sacrosanto quanto ingannevole: è estremamente facile, infatti, scivolare da un’accezione corretta del termine nelle premesse ad una errata nelle conclusioni. E proprio perché i diritti non sono assoluti, spesso il loro bilanciamento pende dalla parte di chi sbatte più forte i pugni sul tavolo. A noi giovani ci hanno forse tagliato le mani?

 

 

 

4 commenti

  • 1 T. Dessì
    15 Luglio 2018 - 07:29

    Insomma, siamo tornati alla legittimazione politica del conflitto intergenerazionale in campo sociale. Tanto valeva tenersi Renzi, allora. Io suggerirei invece, in luogo di sofisticherie di tal fatta, di entrare nel merito di quanto effettivamente deciso dall’Ufficio di Presidenza della Camera per i vitalizi (le storture dei possibili effetti sono messe in luce da diversi analisti sulla stampa cartacea di questi giorni) e ancor più di farlo su quanto preannunziato dal Ministro del Lavoro (quattromila euro sono una “pensione d’oro”?), nonché sulle altre (un contributo di solidarietà su tutte le pensioni a partire dalle minime, come propone la Lega, risponde a equità? E quei soldi a cosa servono? A finanziare la flat tax, ossia un nuovo trasferimento di ricchezza da classi sociali basse e medie a quelle più ricche?).
    Quanto all’argomento sistemico, che i diritti e il diritto siano costruzioni labili e incerte, fondate sulla forza che impone la sua ragione tanto al legislatore quanto all’interprete, per un verso lo sapevamo già, per un altro abbiamo sempre pensato che almeno dovessimo impegnarci a difendere una interpretazione e un uso del diritto non rimessi all’arbitrio del potere politico contingente. E che l’obiettivo fosse l’estensione dei diritti sociali a chi ne è privo, ben sapendo che non si persegue questo obiettivo sottraendoli in tutto o anche in quota parte a chi già se li è conquistati. Che brutto articolo, Andrea, davvero.

  • 2 admin
    15 Luglio 2018 - 11:18

    Andrea Pubusa
    Caro Tonino,

    come tu ben sai il principio della irretroattività delle leggi è costituzionalizzato solo in materia penale (la Corte cost. dice anche tributaria). Ovviamente l’intevento retroattivo nelle altre materie deve rispettare i principi costituzionali, deve essere frutto di ragionevolezza e deve tener conto del legittimo affidamento ingenerato nei fruitori dei trattamenti messi in discussione.
    Ora, a me pare che sia ragionevole ritoccare trattamenti privilegiati, decisi da oligarchie in favore di se stesse, riconducendoli entro confini accettabili.
    Se Veltroni, per esempio, anziché seimila euro ne prende 4 (cui aggiunge la sua pensione da giornalista) non mi pare uno scandalo. Può vivere in modo dignitoso. Se a chi prende più di 4 mila euro di pensione, si toglie in proporzione una somma per accrescere quelle minime non mi sembra errato. In fondo, le vere riforme (per non parlare delle rivoluzioni) hanno sempre rimesso in discussione “su connottu”, ossia hanno sempre agito retroattivamente.
    Ciò che è importante (almeno per me, ma credo anche per te e per ogni progressista, non dico neanche conunista) è vedere la direzione delle misure. Tutto ciò che va in direzione dell’equità e della riduzione delle diseguagliaze è positivo, tutto ciò che le accresce è negativo. Non devo certo ricordare a te che la Carta contiene parametri di azione da seguire: tutti devono avere un reddito che consenta una vita libera e dignitosa in un orizzonte tendenzialmente egualitario. E ciò non vuole solo dire che devono esistere trattamenti minimi adeguati, ma anche che non ne devono esistere sproporzionatamente alti. C’è una banda di oscillazione fra il trattamento dignitoso e quello più alto, che però non dev’essere di inutile privilegio.
    Per ora a me sembra che Fico e Di Maio vadano in questa direzione. Nessuno pensa che sia la stessa seguita da Monti e Renzi. Comunque, son d’accordo con te, siamo in presenza di materia delicatissima e bisogna seguire i provvedimenti con occhio vigile e critico, tenendo però sempre presente che il moto verso l’uguaglianza impone un’azione alla Robin Hood, bisogna togliere qualcosa a chi ha il superfluo per dare a tutti il necessario. Il vecchio Karl esprimeva il concetto, dicendo più o meno così “da ciascuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”. Quanta ragionevolezza c’è in questo!

  • 3 T. D.
    15 Luglio 2018 - 11:41

    Andrea, alle corte, perché ormai a questo siamo, purtroppo. Non sono così obnubilato da dover spingere la mia critica al PD e alla sinistra politica, dai quali ho preso da tempo ogni distanza, fino al punto di dover giustificare contro ogni evidenza ogni operato di questo Governo solo perché è di colore politico diverso. Non arriverò mai a fino un simile irragionevole estremo. Neanche a questo Governo sarebbe utile. Esistono poi ben altri strumenti per allargare la platea dei diritti sociali senza proseguire su una china di impoverimento delle classi meno agiate e dei ceti medi. Non basterebbe questo spazio per farne un elenco, a partire dalle spese militari, che invece questo Governo non intende toccare, come è emerso anche al vertice NATO di Bruxelles con Trump, dove si è presentato un Conte iperatlantico.
    Dissento proprio. Tienine conto: non perché io sia migliore di altri, ma perchè mi potrai dare atto di aver colto spesso per sensibilità e intuito l’aria che andava tirando.
    E poi, consentimi di segnalartelo: tu scrivi cose autorevoli di tuo, non hai bisogno di ricorrere al rilancio degli articoli un po’ reazionari di un giovane blogger trendy. Ecchecaspita.

  • 4 aldo lobina
    16 Luglio 2018 - 16:45

    Se le leggi fossero stampate sulla pietra, immutabili, fissate una volta per sempre, se in altre parole esse avessero un valore assoluto, capirei il discorso di T. Dessì. Non è così: le leggi non sono immutabili e sono fatte per l’uomo, inteso come facente parte di una comunità legata da una Costituzione, i cui valori fondamentali regolano i diritti e i doveri. Confondere i privilegi con i diritti non è solo irragionevole. E’ profondamente ingiusto.

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