Marilotti ricorda Vittorio Foa al Senato

24 Ottobre 2018
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Gianni Marilotti

 

 

Sono particolarmente lieto di tenere il mio primo intervento da Presidente della Commissione per la Biblioteca e l’Archivio Storico del Senato in occasione di questo convegno su Vittorio Foa nel decennale della scomparsa. Già questa mattina, autorevoli studiosi hanno tratteggiato la figura dell’uomo, antifascista, partigiano, uomo politico, padre costituente, dirigente sindacale, giornalista, pubblicista, professore. Un intellettuale organico, secondo l’accezione gramsciana, fortemente impegnato nelle battaglie per le libertà civili e i diritti delle classi più deboli.
Vittorio Foa è stato un uomo della sinistra italiana e della democrazia, non solo per appartenenza familiare, per educazione e per tradizione. Aderì a Giustizia e Libertà e pagò il prezzo con otto anni di carcere.
Aveva scelto la Resistenza per amore della libertà e aveva scelto la sinistra per amore della giustizia sociale, per un imperativo etico che lo riguardava personalmente e che interrogava non soltanto la sua appartenenza politica, ma prima di tutto e sopra ogni altra cosa la sua coscienza di uomo libero e soprattutto la fedeltà alla propria responsabilità che emerge come la cifra veramente distintiva di una lunga vita destinata all’impegno.
Così possiamo leggere la sua esperienza di costituente e così la stagione vissuta in Parlamento, così anche la lunga militanza sindacale nella CGIL che ha rappresentato probabilmente l’esperienza più intensa e più amata, testimoniata anche da diversi saggi di cui è stato autore. A tal proposito, sono lieto di riportare che, da una ricerca effettuata, la Biblioteca del Senato conserva ben 60 titoli riferibili a Vittorio Foa, come autore principale, autore secondario o autore della sola Prefazione o di semplici saluti istituzionali, che rappresentano un significativo contributo per la conoscenza della storia politica e sociale italiana del Novecento, di cui è stato uno dei protagonisti.
A partire dalla collaborazione ai Nuovi quaderni di Giustizia e Libertà che venivano stampati clandestinamente nella Val Pellice insieme a nomi come Leo Valiani e Franco Venturi, nomi di intellettuali, impegnati nel dopo-guerra nella ricostruzione civile e morale del Paese, ai quali la migliore storia del nostro Paese è legata.
Poi l’impegno alla Costituente nel gruppo parlamentare azionista , un piccolo gruppo - solo 7 membri - ma assai prestigiosi: oltre Vittorio Foa, Alberto Cianca, Piero Calamandrei, Tristano Codignola, Riccardo Lombardi, Fernando Schiavetti e Leo Valiani; cui si aggiunsero poi anche Emilio Lussu e Pietro Mastino del partito sardo d’azione.
Conclusa la fase costituente, Foa entra nel Partito socialista, dove però non trova molto spazio per il prevalere degli autonomisti di Nenni; si dedica principalmente all’attività sindacale nella Cgil, dove è inizialmente vicesegretario confederale e responsabile dell’Ufficio studi. Tra il 1955 e il 1957 è segretario della Fiom, per un periodo breve ma denso di sviluppi, legati alla svolta del 1956 e alla riflessione che in quel periodo si avvia nel sindacato riguardo alle tendenze del capitalismo italiano e al rapporto tra lavoratori e progresso tecnico.
In quegli stessi anni maturano anche l’impegno parlamentare (Foa è deputato dal 1953 al 1968, poi per un periodo brevissimo nel 1976, infine senatore dal 1987 al 1992) e la collaborazione con Raniero Panzieri, prima nella rivista «Mondo operaio», poi nei «Quaderni rossi»: ciò fece di Foa uno degli esponenti più prestigiosi della “nuova sinistra”, tra i più vicini alle nuove tendenze dei movimenti giovanili.
Nel 1972, dopo la sconfitta del PSIUP alle elezioni politiche, è tra i fondatori del Partito di unità proletaria. Alla fine degli anni Settanta e per tutta la prima metà degli anni Ottanta si ritira dalla vita politica attiva, dedicandosi esclusivamente agli studi e all’insegnamento universitario di Storia del movimento operaio. Dal 1984 al 1987 dirige l’Istituto di ricerca economico-sociale della CGIL. Nel 1987 viene eletto al Senato nel gruppo della Sinistra indipendente ed è tra i promotori del rinnovamento politico e culturale della sinistra.
Vittorio Foa è stato un testimone nel senso più pieno e vero del termine: credeva al valore dell’esempio personale come elemento fondativo essenziale dell’impegno politico. In uno dei suoi scritti più recenti insisteva su questa convinzione e diceva: “Se valorizziamo la funzione educativa dell’esempio, saremo costretti a cambiare molti aspetti del nostro modo di vivere a partire dal nostro modo di parlare”. Soprattutto, aggiungo, alle nuove generazioni che proprio in quegli anni si avvicinavano all’impegno politico con rinnovate speranze.
Non so se sia ancora attuale, oggi, quello che affermava Norberto Bobbio, secondo cui “in fondo, l’azionismo è più vivo che mai”. È sicuramente attuale, però, la forte tensione morale, la viva attenzione ai problemi della libertà e della giustizia sociale, che animò sempre Vittorio Foa, rendendolo uno degli esponenti di maggior spicco della sinistra italiana: la sua influenza culturale, nei confronti della “massa pensante” del mondo post-ideologico, non si contaminò mai nel dare vita ad una corrente politica organizzata. In questo, il suo disinteresse per la ricerca del potere fine a sé stesso è di luminoso esempio per tutti noi.

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