Dal condono di Ischia alla modifica della Costituzione per introdurre il vincolo di mandato?

17 Novembre 2018
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Alfiero Grandi, vice presidente Comitato per la democrazia costituzionale

da Jobsnews.it 15.11.2018

Pubblichiamo questo articolo di Grandi che pone un tema importante, e cioè il rapporto fra libertà di coscienza e diciplina di partito o di gruppo. Nel PCI, ad esempio, la disciplina era un valore fondamentale, ma ciò non ha impedito forme di dissenso, che ovviamante non necessariamente si esprimevano violando le decisioni del gruppo. Ricordo, ad esempio, nel nostro piccolo, che nella fiducia al governissimo di Antonello Cabras (ottobre 1992), io e pochi altri (forse due) consiglieri del PCI-PDS, dichiarammo in aula la nostra contrarietà al governissimo (alleanza di governo dalla DC al PCI-PDS), annunciando però di votare a favore per rispetto della disciplina di gruppo. Il voto contrario è giustificato solo quando vengono in considerazione questione che investono nel profondo la coscienza, in cui la disciplina risulta un valore del tutto secondario. Sì perché anche la disciplina è un valore, quando si sta in un gruppo o in un collettivo. Ad essa, fra l’altro è legata la funzionalità delle isituzioni, che è anch’essa un elemento positivo (A.P.). Ecco, ora, l’articolo di Grandi.

Come era inevitabile stanno emergendo tensioni nella maggioranza parlamentare e soprattutto nel M5Stelle sui provvedimenti. La ragione di governo, cioè sostenere il governo Lega/5Stelle ad ogni costo, anche su provvedimenti che contraddicono quanto detto e promesso in precedenza, si scontra con orientamenti che i 5Stelle avevano sostenuto fino a poco prima con forza. Però non tutti i deputati e senatori sono disponibili ad ingoiare il rospo, in alcuni casi veramente indigesto, di provvedimenti votati a scatola chiusa solo perché voluti dalla Lega o, in alcuni casi, perché rappresentano una giravolta a 180° gradi dei 5 Stelle stessi. Nel caso del condono per Ischia ovviamente la situazione è ancora più pesante perché non si può invocare un ricatto vero o presunto della Lega ma è solo un cambio di orientamento del M5Stelle. Il decreto per Genova, appena convertito in Parlamento, appartiene a questo genere, forse più grave perché la giravolta non deriva da una pressione della Lega, come nel caso del decreto sicurezza voluto da Salvini, ma è contenuto in un provvedimento legislativo costruito sotto la guida dei 5Stelle e anche l’emendamento ha questa origine. Per questo lo sconcerto è più grave e le reazioni sono state più decise. Va aggiunto che la parte che riguarda il condono per Ischia non c’entra con Genova.

La lezione che deriva dal condono edilizio per Ischia e i pericoli connessi

Infatti, come è evidente, Ischia e Genova appartengono a due realtà territoriali lontane e del tutto dissimili. In aula la maggioranza ha voluto con la forza dei numeri rimettere nel provvedimento per Genova l’emendamento, bocciato in Commissione Ambiente, che consente il condono per Ischia. Il tentativo di scaricare la responsabilità su altri, venuti prima, non regge, perché se così fosse non ci sarebbe stato bisogno dell’emendamento incriminato. L’emendamento si è reso necessario perché altrimenti la vecchia richiesta di condono senza averne diritto non avrebbe mai avuto risposta perché non ne aveva diritto e imporre la risposta entro sei mesi a chi non ne aveva diritto ha il solo significato di costituire un precedente per legalizzare gli abusi e di aprire la strada ai contributi pubblici. Per i 5Stelle è un capovolgimento di fronte, tanto più grave perché fatto passare in un provvedimento urgente che riguarda il crollo del ponte di Genova. Sembra quasi che farlo passare ad ogni costo, anche contro un sentimento storicamente diffuso nei 5Stelle abbia il compito di obbligare all’obbedienza i gruppi parlamentari, emarginando i pochi (per ora) coraggiosi che hanno fatto prevalere il merito del provvedimento alla convenienza, all’obbedienza al capo che lo ha fortemente voluto: Di Maio. Ed è anche un messaggio alla Lega del tipo noi siamo in grado di imporre le scelte ai parlamentari, o almeno al grosso di deputati e senatori.

La militarizzazione dei gruppi parlamentari pentastellati prelude all’introduzione del vincolo di mandato in Costituzione

Non è la prima volta che accade ma in passato questo atteggiamento militaresco non ha portato fortuna perché prima o poi sfocia nella rivolta. Forse il nervosismo di Di Maio sugli attacchi alla sua effettiva capacità di controllare (termine in sé inaccettabile) i parlamentari ha spinto verso questa scelta che è parsa immediata e semplice, ma che in realtà segnala un disagio crescente. Quando si arriva ad adottare comportamenti controcorrente come questi, mettendo nel conto anche la rottura, in genere sono pochi all’inizio quelli che hanno la forza e il coraggio di farlo. Forse non è casuale che sia stato il comandante De Falco a decidere di non farsi condizionare, confermando di avere la schiena ben diritta. Un limitato numero di smarcamenti in questa fase non vuol dire che la situazione sia tranquilla per tutti gli altri, del resto al voto mancavano alcuni parlamentari dei 5Stelle e la riflessione per fortuna proseguirà. Se sarà ancora questo il modo di affrontare le diversità il M5 Stelle pagherà un prezzo pesante in termini di dissenso e in termini di voti.
Tutte le organizzazioni che hanno guida debole e talora ondivaga (Tap, Tav, ecc. insegnano) ricorrono ad azioni disciplinari per cercare di serrare le fila. I toni tenuti su argomenti di grande peso, da ultimo sulle critiche dei giornalisti, confermano che il nervosismo è molto alto. Tuttavia c’è un punto che va sottolineato con forza e che è più importante di tutti gli altri. I 5Stelle hanno, come tutti gli altri partiti che hanno presentato le liste per il Parlamento, usufruito di un meccanismo elettorale che in pratica ha consentito di preparare liste bloccate, decise dall’alto o comunque da pochissimi. Qualcuno ha iniziato a ricordarsi ragioni fondanti del movimento e i condoni certamente non lo sono. Ora i soliti esagerati vorrebbero non solo l’espulsione di chi non ha obbedito, dimostrando una ben povera concezione della dialettica democratica dentro i partiti, le organizzazioni, i movimenti. I soliti esagerati rilanciano anche la proposta di togliere la libertà dei deputati e dei senatori di decidere il loro voto secondo coscienza, si tratta dell’articolo 67 che esclude il vincolo di mandato nei comportamenti parlamentari.

L’articolo 67 della Costituzione va custodito gelosamente e con cura perché sancisce l’autonomia del Parlamento dall’esecutivo

Questo articolo è fondamentale per garantire che al di là di gravi limiti nel sistema elettorale, che sottrae ai cittadini la scelta dei parlamentari, chiunque si trovi ad esercitare il ruolo di parlamentare deve poter comportarsi su questioni di fondo secondo coscienza, senza sottostare ai diktat del capetto di turno. Si tratta di un meccanismo senza il quale i parlamentari, che già vengono eletti con leggi elettorali che consegnano ai capi partito la decisione di fondo su chi verrà eletto e chi no, scivolerebbero inevitabilmente verso un ruolo di totale subalternità anche su questioni di grande rilievo, la cui approvazione risulterebbe altrimenti indigeribile. Se dovesse saltare la garanzia dell’articolo 67 il Parlamento diventerebbe del tutto subalterno al governo e la Costituzione italiana cambierebbe di fatto non solo per gli effetti di questo articolo ma perché perderebbe di significato la centralità del Parlamento così come è scritta in Costituzione e i parlamentari non sarebbero più in grado di rappresentare la nazione ma diventerebbero mere figure subalterne al governo. È sperabile che ci sia un rinsavimento, ma se si volesse procedere al mutamento dell’articolo 67 sarebbe inevitabile costruire un fronte referendario contrario e si vedrà cosa decideranno elettrici ed elettori in un referendum in cui si confronteranno le vere ragioni delle proposte di modifica e quelle contrarie.

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