Chi grida “al fascismo” dimentica la storia e vuol colpire i 5 Stelle, anziché lavorare a creare un vasto fronte democratico nel segno della Costituzione

14 Febbraio 2019
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Gianna Lai

(Torino 1921 - assalto fascista ad un’associazione operaia)

Una gara fra chi usa parole, le più pesanti, a dimostrazione di estrema radicalità. Che nel governo ci sono i fascisti, che chi lo sostiene, questo governo, è fascista anche lui, e anche chi, col voto ha contribuito a formare questa maggioranza, è un vero fascista. Senza mai fare distinzione alcuna sulle politiche e i provvedimenti emanati: in perfetta continuità coi precedenti governi quelli odiosi della Lega contro i migranti ai partiti, in netta discontinuità quelli di Cinquestelle. Reddito di cittadinanza, legge dignità, legge anticorruzione, quota cento, provvedimenti contro le delocalizzazioni, risarcimento ai risparmiatori dal fallimento delle banche, vitalizi e pensioni d’oro, finanziamento, codice rosso in favore delle donne oggetto di violenza. E programmi su come si può redistribuire la ricchezza, vera parolaccia per i precedenti governi, in netta discontinuità con i precedenti governi. E con le politiche della Confindustria e dei suoi aderenti che, mentre delocalizzano e destinano i profitti non alle attività produttive, ma alle speculazioni finanziarie, invocano commesse statali attraverso le inutili grandi opere.
Che è il razzismo di Salvini a dettare legge, che la situazione italiana è simile agli anni precedenti il fascismo, grida ed alti lai, adatti non a rappresentare giusto sdegno, mosso da volontà di promuovere conoscenza e apertura al dialogo, ma semplice appartenenza politica, magari anche in funzione prettamente elettorale, se nel mentre si deve andare a votare. Alla fine in linea col rabbioso atteggiamento dell’attuale inconcludente e impolitica opposizione parlamentare, quella che non ha voluto fare maggioranza con i Cinquestelle, quella che su fascismo e democrazia ha molto da insegnare, avendo più volte attentato alla nostra Costituzione. Senza capire mai che gli italiani la Costituzione non vogliono perderla.
Nessun rispetto per gli italiani, nessun rispetto per la Storia, più volte invocata a dire siamo come allora, come al tempo del fascismo e degli anni che lo preparano. Scomodano la Storia, ma senza mai rivedere sui libri cosa dicono gli storici quando parlano di fascismo e di Italia prefascista, facendo, quindi, un pessimo uso pubblico della Storia stessa. Se tra il 1920 e il 1921 furono 166 i militanti di sinistra uccisi e 726 le sedi socialiste, operaie e sindacali assaltate e bruciate dalle squadre fasciste al soldo degli agrari, è questo il prefascismo verso il quale siamo avviati? Non restituire alla gravità degli eventi di quel tempo la giusta dimensione, l’ingiustizia terribile che stava maturando, è cosa gravissima. Non metterne in campo le vere ragioni, quasi a voler nascondere responsabilità di borghesia e ceti dominanti, re, burocrazia e silenzi della Chiesa, è cosa gravissima. Offendere la Storia, privando i fatti della giusta contestualizzazione, come se il fascismo fosse cosa che va e che viene, senza potervi porre rimedio neppure per il futuro, evidentemente se dovesse succedere di nuovo, è meccanismo uguale e contrario a quello che usa il negazionismo per togliere valore ai fatti e agli avvenimenti del passato. Distorcere la Storia. Riportato ancora all’oggi, è il rifiuto di qualunque analisi sul ruolo attuale di maggioranze parlamentari e burocrazie, di classi dirigenti e imprenditori irresponsabili, nello sfascio di un’Italia prona alle gerarchie europee, le vere ispiratrici dei recenti ultimi governi del nostro Paese, da Monti a Renzi. E che non amano l’attuale esecutivo, espressione di maggioranza parlamentare determinata dall’esito del voto degli elettori. Nessuna analisi sul presente sul perché la china precipita ancor più velocemente fino al referendum del 4 dicembre 2016, del perché viene ormai meno la Sinistra dopo l’abbandono dei suoi programmi. Nessuna analisi sull’indebolimento del Sindacato, visto come fumo negli occhi dai precedenti governi, ed esposto agli attacchi del liberismo spinto, che pervade di sè tutta l’opposizione in Parlamento.
Andrei piuttosto a guardare con attenzione alle nuove formazioni della destra estrema in Italia e in Europa, movimenti neofascisti e neonazisti che partecipano alle elezioni e chiedono i voti dei cittadini, mentre continuano a ineggiare all’uso della violenza. E che non hanno mai preoccupato i governi precedenti in Italia, sempre pronti a minimizzare sulla denuncia degli antifascisti, secondo i quali gli spazi lasciati vuoti dai movimenti progressisti divengono immancabilmente terreno di conquista da parte dell’eversione, da parte dei gruppi eversori di tutte le destre. Richiamandosi, queste si, a quel passato, duramente sconfitto dal movimento popolare di Resistenza e dalla Costituzione, strumenti ancora validi, crediamo grazie anche allo studio della Storia, a prevenire e combattere tutti i fascismi.
Grida l’opposizione contro il fascismo di Salvini e del suo alleato Di Maio, ma il vero bersaglio sono i Cinquestelle, per avere fatto proprie parole e programmi ed elettori di una Sinistra che non c’è più, per aver dimostrato che il re è nudo, se si possono fare tutte quelle cose vietate ai precedenti governi. Chi è all’opposizione macina rabbia anche per questo, senza invece entrare nel merito e discutere la forma e la funzione di provvedimenti importanti, e la possibilità di migliorarne l’attuazione per assicurarne l’efficacia. E interpretare finalmente lo spirito di un voto che chiedeva interventi di natura sociale urgenti, come già esistono in tutti gli Stati che vogliano dirsi civili. A meno che, questa opposizione che non c’è, non pretenda di continuare scandalosamente ad appaltare i poveri alla Caritas col danaro pubblico. Per nasconderla ancora la povertà, essendo i poveri i veri responsabili della povertà. A meno che questa opposizione non sia ideologicamente convinta di dover impedire un’assunzione di responsabilità da parte della Repubblica, impedire il compito stesso della Repubblica di ‘rimuovere gli ostacoli‘, come da Articolo 3 della nostra Carta.
Se studiassero la Storia e, alla luce di questa, analizzassero il presente, capirebbero che il fascismo alligna nella disgregazione sociale, determinata da disoccupazione e miseria, e da lavoro senza dignità, persino incapace di far uscire le persone dalla povertà stessa. E alligna dove si indeboliscono e si spogliano i territori a causa della emigrazione di massa, e dove si impone alle popolazioni, devastando le coscienze dei singoli, di vivere di indennizzi e di assistenza. Ora che una nuova CGIL sembra delinearsi all’orizzonte con l’elezione di Landini, e che con la manifestazione di sabato il movimento operaio e popolare sembra di nuovo pronto alla battaglia, dopo anni di silenzio nei confronti dei precedenti governi, bisogna riprendere il confronto. Aprire di nuovo le istituzioni alle sollecitazioni del mondo del lavoro, per ricostruire un tessuto di relazioni vere nei territori. Anche partendo dai provvedimenti di governo di cui si parlava e da un’azione critica del Sindacato, diretta ad analizzarli e a verificarli. E organizzando i lavoratori, prima di tutto, contro il precariato e verso la conquista finalmente di un salario dignitoso. Così si batte Salvini e la destra, richiamando la Costituzione. E la Consulta a garantire la costituzionalità delle leggi, e la magistratura a decidere sui modi e sui comportamenti.

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