Elezioni a Cagliari: basta cavolate, accuse e lamentazioni, chi ha perso se l’è cercata

18 Giugno 2019
5 Commenti


Andrea Pubusa

Siamo seri. Lasciamo perdere i riconteggi, che - come ho già detto - non sono unidirezionali, ma pro e contra a 360 gradi da destra a sinistra, e, dunque, per chi conosce i meccanismi, con uno scarto di 80 voti, le verifiche difficilmente possono dar luogo a ribaltamenti. E smettimola anche con le lamentazioni e non prendiamocela con chi si è astenuto o ha preferito la spiaggia e poi la partita al seggio. Semmai chiediamoci perché chi non ha votato avrebbe dovuto farlo. Non ritirerete fuori i vecchio ritornello del voto utile. Ma dove vivete? Prima c’era lo zoccolo duro, secondo cui i comunisti votavano PCI anche se non ne condividevano la linea. E’ caduto ai tempi di Occhetto subito dopo la trasformazione del PCI in PDS. Poi è stato inventato  un succedaneo del voto per fede, il voto utile, per evitare le destre, le svolte autoritarie e simili. Una sorta di ricatto volto a creare un senso di colpa nell’elettore democratico. Bene, ora non funziona neanche quel giochino. L’elettore democratico rilancia la palla: la colpa è di chi predica o razzola male. Nessun obbligo di votare chi non ti convince, nessun senso di colpa per la sconfitta, da addebitare a chi l’ha favorita.
Torniamo, dunque, alle cose reali, fuori da ogni astrazione. Cerchiamo gli 80 voti mancanti. Saranno quelli di coloro che hanno votato Zedda alle scorse comunali e non hanno gradito il suo anticipato abbandono di Palazzo Baccaredda? O saranno quelli di quanti non hanno apprezzato il getto della spugna di Zedda per calcoli personali (anche lui cresce) o di coalizione (presentare alle regionali una faccia presunta vincente)? O saranno ancora i voti di chi in tutti questi anni ha fatto battaglie in difesa della Costituzione e Zedda & C. erano sordi, muti e ciechi? O sono i voti mancanti di chi Zedda, Uras, Ghirra e compagnia bella in questi anni di lotte democratiche non li ha mai visti al proprio fianco o nelle stesse assemblee o in prima fila nelle manifestazioni? O sono i voti di chi non è mai stato coinvolto nella politica comunale, chiusa e per gruppi ristretti? O sono i voti dei ceti popolari, abbandonati a se stessi? O sono i voti di chi non ha mai visto Zedda & C. scossi per gli scandali continui con epicentro nel PD? Di grazia, perché costoro avrebbero dovuto d’incanto votare Ghirra? Ha fatto costei in tutti questi anni qualcosa per entrare in sintonia con queste parti dell’elettorato. Basta dir loro in campagna elettorale: sì, noi vi abbiamo preso a calci nel culo, ma Truzzu lo farà più forte?
Lo so che è un discorso franco fino alla ruvidezza, ma qui gli incazzati siamo noi perché voi del centrosinistra avete distrutto la sinistra e il tessuto popolare e voltato le spalle ad un’ampia area democratica legata ai valori e al messaggio della nostra Carta costituzionale. Di più, quest’area neanche pensa che voi rappresentiate un nuovo inizio, piuttosto crede che siete la coda del vecchio. Come la sinistra possa risorgere dalle ceneri e dalle macerie è diventato, grazie a voi, solo un esercizio di fede.

5 commenti

  • 1 Aladin
    18 Giugno 2019 - 09:03

    Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=97899

  • 2 Franco Meloni direttore Aladinpensiero online
    18 Giugno 2019 - 18:24

    Elezioni amministrative nelle città sarde. Analisi politiche ragionate e ragionevoli

    POLITICA
    Elezioni: perde la Lega. Pd: perde la strategia ma non il partito
    18 Giugno 2019 di Paolo Maninchedda su Sardegna e Libertà.

    Il dato politico e emotivo (per alcuni) più appariscente della tornata elettorale di domenica (trovate qui una tabella sui risultati dei partiti italiani che ci servirà nel corso del nostro ragionamento) è che il Centrosinistra italiano che amministrava Cagliari, Sassari e Alghero, ha perso a Cagliari e Alghero e va al ballottaggio a Sassari.
    Cagliari e il futuro del Centrosinistra Il dato di Cagliari è il più significativo, perché al di là della vittoria del sindaco per un soffio al primo turno (messa in pericolo dal voto disgiunto praticato da qualche lista collegata), resta il distacco tra le liste di Centrodestra e Centrosinistra e anche tra i sindaci, che è di tre punti. Come dire: sconfitta e vittoria nette. [segue]
    La sconfitta di Cagliari però vede il Pd incrementare i suoi voti di due punti: perde la coalizione ma non il partito di riferimento della coalizione. Questo dato merita un approfondimento.
    Alle passate regionali il Pd ha scommesso su un’area della Sinistra a doppio tiraggio: Pd ed ex Sel. Ha affidato la conduzione e la Presidenza all’alleato, ma questa strategia non ha spostato, se non di poco, i dati dei sondaggi precedenti le elezioni: la forbice tra i candidati di Centrodestra e di Centrosinistra era intorno agli 11 punti prima delle elezioni e più o meno così è risultata dopo le elezioni. Il significato dell’esito è chiaro: l’alleanza a due gambe, egemonizzata quantitativamente dal Pd e istituzionalmente dagli ex Sel è stata percepita e realizzata come somma di militanze, ma non ha spostato alcun convincimento sociale, non ha convinto gli incerti, non ha convinto chi non va a votare, non ha convinto chi provenendo dalla sinistra ha votato da altre parti, ha pericolosamente confermato un ceto politico che vive esclusivamente dalla e per la politica, traendo il proprio reddito esclusivamente dai ruoli di rappresenrtanza e di amministrazione. L’alleanza realizzata a freddo e su un calcolo o una speranza irrazionale non ha generato un nuovo processo politico, ma solo la somma degli elettorati militanti. In questo quadro, però, il PD non perde, anzi cresce. In fin dei conti, la strategia è stata ben rappresentata da Zingaretti: “Noi siamo l’unica alternativa”. Che cosa significa questa frase? Significa che i dirigenti del PD ritengono che per il momento basti al partito star fermo, aspettare gli errori altrui, e, garantiti dal sistema maggioritario, avvantaggiarsi al prossimo giro elettorale della saturazione dell’elettore verso il governo in carica. Il sistema elettorale maggioritario ha così generato i mostri immobili dell’alternanza. Non servono idee e progetti, sacrificio e lavoro, no. Servirebbe una strategia di egemonia della posizione (cioè diventare la maggioranza della minoranza, quando si è all’opposizione, e la maggioranza della maggioranza quando si è al Governo) e poi aspettare tempi miglirori o spremere al massimo i giorni del governo.
    Questa impostazione genera corruzione e immobilismo, perché la struttura reale dei poteri non cambia con l’alternanza delle coalizioni, cambiano gli interpreti e alcuni aspetti estetici, ma non quelli strutturali. Altra conseguneza è l’assoluta mancanza di un pensiero efficace sulla struttura dello Stato italiano, una visione moderna sul Mezzogiorno, una nuova impostazione della questione sarda, ancora oggi letta come questione economica speciale all’interno della Questione meridionale e non come una questione di Stato, di diritti, di libertà e di poteri.
    Oggi l’area ex Sel subisce una grave menomazione politica, perché viene privata di un potere territoriale che ormai durava da circa un decennio. È in grado di generare un progetto politico che tenga legati i suoi elettori esalvi la sua classe dirigente nata giovane e oggi fatta di quarantenni con un precario e instabile rapporto col lavoro almeno quanto è stato stabile quello coi ruoli del potere? Difficile rispondere.
    Viceversa, come si diceva, il Pd migliora in assenza di politica, migliora stando fermo.
    Ciò che non si sta comprendendo è che a sinistra della sinistra parlamentare, sta rinascendo una sinistra movimentista che sente di nuovo le sirene della rivoluzione e della violenza, sirene che canatno meglio quanto più il Partito Immobile immagina di lucrare dal solo posizionamento alternativo alla Destra.
    C’è del cinismo in questo Pd (oltre che una assoluta mancanza di visione su e per la Sardegna), perché non gli interessa cambiare la realtà, gli interessa essere sempre l’alternativa alla Destra per conquistare l’esercizio del potere. È una strategia del ‘turatevi il naso’ che gioca sull’antifascismo, sulla supremazia morale, sul disgusto snobistico, ma che sotto sotto nasconde una cultura della prevaricazione sociale attraverso la legge elettorale di vecchia concezione. Pagherà alla lunga questo tatticismo esasperato di potere? Per il momento ha egoisticamnete pagato. Il Centrosinistra ha perso, ma il Pd ha vinto. Si realizza così l’antica maledizione egemonica della Sinistra. Non è servito L’Ulivo per superarla, non è servito il Pd. La Sinistra iatliana non è autosufficiente per governare il Paese Italia, ma piuttosto che accettare la fatica di un nuovo pensiero sullo Stato, un nuovo perimetro ideologico, un nuovo rapporto con il popolo (da cui è sempre più distant)e, una modello associativo e federalistico della sua organizzazione, piuttosto che ammettere che non è possibile governare un Paese moderno con piccole prospettive egemoniche, esplicite o implicite che esse siano, piuttosto che fare e capire tutte queste cose, il PD sceglie di egemonizzare la posizione garantitagli dalla legge elettorale. Con una legge elettorale di tipo proporzionale, il PD non esisterebbe,
    La Lega ha perso Se c’è una cosa certa è che, nel campo del Centrodestra, che ha vinto, ha perso la Lega, con consensi quasi dimezzati rispetto alle regionali di qualche mese fa. Non è un dato banale. C’è una generalizzata sovrastima del valore e del peso della Lega. Sembra più forte di quel che è.
    I Leghisti, in Sardegna, sono mediamente il 6% del 50% della popolazione che va a votare, cioè il 3% degli aventi diritto. A questo è ridotta la Lega, scelta dai Sardi sull’onda di una diseducazione a scommettere sul vincitore piuttosto che a coltivare convincimenti e elaborare programmi. Una lunga tradizione di subordinazione volontaria ha insegnato a tanti Sardi a non pensare in proprio, ma ad acquisire il pensiero di chi vince. L’abilità consisterebbbe (e la libertà si ridurrebbe) nell’azzeccare il vincitore all’inizio della gara. Bene, il vincitore azzeccato alle regionali, è già in odore di essere abbandonato dopo le comunali, che lo hanno drasticamente ridimensionato.
    L’equivoco Psd’az Quando, pur di vincere alle precedenti amministrative di Cagliari, Massimo Zedda, allora candidato sindaco, il Pd e l’area ex Sel, scelsero consapevolmente di allearsi col Psd’az e con le anime della Destra cagliaritana che lo nutrivano e che erano rappresentate dentro la sua liste, lo fecero scientemente per vincere al primo turno. E così fu. Poi però, le somme elettorali, devono anche tradursi in politiche, e il contrasto tra un elettorato di destra e una conduzione di Sinistra portò alla fine dell’esperienza. Oggi il Psd’az, dopo la prtecipazione di Solinas alla manifestazione leghista di Milano, sta adeguando la sua natura alla posizione politica assunta. È un partito della Destra italiana, che sta riuscendo a risultare più affidabile per i ceti urbani della destra tradizionale di quanto non lo siano i partiti di Destra tradizionali. Gli fa da contrappeso Fratelli d’Italia, inesistente quasi nel resto della Sardegna, ma egemone a Cagliari, secondo il percorso imparato dagli ex Sel: egemonizzare la coalizione per egemonizzare il potere. In tutta questa battaglia a scacchi, tutta tattica, la Sardegna non c’è, la cultura di governo non c’è, viene recuperata tecnocraticamente dopo la vittoria politica, non acquisita culturalmente prima. E, inevitabilmente, tutto si trasforma in egemonia amministrativa e in immobilismo sociale. Questo è il quadro, rispetto al quale, poche persone hanno la forza morale di contrapporsi e resistere.
    ——————————————-
    Un commento (parziale) di Franco Meloni.
    Un’interessante riflessione di Paolo Maninchedda. Mi sono soffermato in modo particolare sull’analisi del Pd (soprattutto per quanto sta succedendo a Cagliari) sulla quale concordo in parte, ma che mi sembra tralasci che quel partito sta ricostituendo un gruppo dirigente in gran parte nuovo, fatto in buona parte di giovani preparati. Lo sta facendo forse “suo malgrado”, forse per un certo “opportunismo” che viene da lontano. Per esempio, seguo da tempo con interesse e curiosità la vicenda politica di Matteo Lecis Cocco-Ortu, per il quale nutro amicizia e grande considerazione; ebbene Matteo più sopportato che incoraggiato dalla dirigenza del Pd (vedasi la vicenda delle primarie) è riuscito a coagulare su di se un vasto consenso elettorale (oltre mille preferenze) anche praticando una politica aperta ed inclusiva. Direi anche colta (questo sì lo fa diverso dalla media dell’attuale ceto politico: evviva!), che per scelta caparbia non vuole divenga isolamento dal popolo (qui, e non solo, la questione delle periferie). Ma guardiamo anche al resto del gruppo consiliare che il Pd ha fatto eleggere… Dovrei parlare poi degli altri, ma non ne ho tempo e voglia. Scusatemi: sono solo annotazioni, foriere di ulteriori approfondimenti.

  • 3 Sandra
    18 Giugno 2019 - 18:46

    Penso anch’io che ci siano state queste carenze, ma come si possono disegnare proposte politiche vincenti sotto il giogo dei parametri europei? E se non è questo ciò che blocca, cosa potrà essere?

  • 4 A. Bomboi
    18 Giugno 2019 - 19:12

    Fantastico Maninchedda: si “è scordato” di ricordare che il suo partito ad Alghero si è alleato con la Lega.

  • 5 FERNANDO CODONESU
    18 Giugno 2019 - 20:19

    Nel 1967 i Rokes, uno dei tanti gruppi beat del periodo, cantavano una canzone diventata celebre dal titolo “Bisogna saper perdere”.
    MI pare la canzone giusta per chi non accetta il risultato delle elezioni comunali di Cagliari.
    Giacché pensare di riorganizzare la sinistra e un serio programma di opposizione alla Regione e a Cagliari, non passa neanche lontanamente per la testa degli strateghi del nulla che hanno portato il centrosinistra al disastro elettorale, perché costa fatica, impegno, studio e sudore senza contropartite, mi fa suggerire ai baldi eroi di riascoltare quella semplice canzone e comprendere che in politica, come nella vita, bisogna, appunto, saper perdere.
    E quando si perde, la prima cosa che fa un candidato sindaco serio che rispetta le regole democratiche, è quella di prendere il telefono, complimentarsi con l’avversario vincitore e augurargli buon lavoro.
    Nel frattempo ci si rimbocca le maniche, si riorganizza il proprio mondo e si lavora, dall’opposizione, per preparare l’alternanza al prossimo turno.
    Il resto, come il riconteggio delle schede o il ricorso al TAR per invocare il ballottaggio, fanno diventare ridicoli i protagonisti di simili proposte e fanno comprendere ancora di più perché, con gli strateghi di tale sinistra, Paolo Truzzu e il centrodestra abbiano vinto al primo turno.

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