Oggi alle 18,30 la “Scuola di cultura politica F. Cocco” propone una riflessione su Giommaria Angioy presentando il libro di Andrea Pubusa

18 Novembre 2020
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Oggi alle 18,30 webinar su Giommaria Angioy organizzato dalla “Scuola di cultura politica Francesco Cocco”  con la presentazione del libro di Andrea Pubusa sul protagonista principale dei moti antifeudali di fine ‘700.
Per entrare in argomento ecco un post di Pubusa dal titolo “Giommaria Angioy, dal progetto d’invasione della Sardegna alla scrittura della storia delle istituzioni di autogoverno dell’Isola”.

Gli ultimi anni di Giommaria Angioy furono particolarmente tristi e tomentati. Ce lo dicono altri esuli sardi che con lui si erano battuti per il rinnovamento della Sardegna a fine Settecento. Matteo Luigi Simon, per esempio, nelle lettere ai fratelli mette in luce, con puntigliosità e una severità eccessiva, il lento distacco di Angioy dal mondo politio-diplomatico parigino che conta, il progressivo chiudersi in se stesso, fino ad apparire un uomo privo di iniziativa. Questa abulia è resa più evidente dall’attivismo dello stesso Simon (e dei suoi fratelli) o di Michele Obino, per non parlare dell’Azuni, perfettamente inserito nel mondo francese e impegnato in importanti iniziative editoriali sulla Sardegna. Obino entra nel celebre studio di Guy Jean Baptiste Target, ch’era stato autorevole membro dell’Assemblea costituente e fu uno dei protagonisti della codificazione napoleonica, mentre Matteo Luigi Simon, che fu prima allievo e poi collega di Giommaria in seno alla Reale Udienza, occupò alcune posizioni di prestigio nella magistratura francese fino a essere nominato presidente della Corte d’appello di Marsiglia.
Tuttavia, a parte la differenza d’età, che faceva di Obino e Simon uomini in carriera, diverso era il ruolo. Angioy è stato il leader indiscusso dei moti antifeudali e, a ben vedere, dell’unico vero tentativo di fuoriuscita della Sardegna dall’Antico Regime, spingendo per la trasformazione della rappresentanza secondo un modello simile alle assemblee generali in luogo delle antiche rappresentanze stamentarie per ceti. E ancora l’uomo di Bono combatteva per un sistema economico moderno, di tipo capitalistico, da sostituire al sistema feudale. Il suo era un progetto politico-istituzionale ed economico organico e di respiro nazionale, perché non rispondeva agli interessi particolari di gruppi o ceti, ma all’interesse generale della Nazione sarda. Il capo riconosciuto di un movimento nazionale di tale natura, diventato rappresentante della Nazione sarda presso il governo francese, non poteva acconciarsi a cercare un impiego, per quanto autorevole, nell’amministrazione o nella giurisdizone o nell’avvocatura d’Oltralpe. Sarebbe stata una deminutio per lui e sopratutto per il popolo, la “patria” sarda, ch’egli orgogliosamente rappresentava.
Angioy vedeva, forse più di altri, i processi che inesorabilmente allontanavano l’ipotesi di una repubblica sarda descritta nel Memoriale del 1799 al governo francese. L’involuzione autoritaria del bonapartismo e il lento inserimento nei nuovi equilibri attorno ai Savoia delle grandi famiglie agrarie che lo avevano sostenuto. Dopo la sonfitta e l’esilio di Angioy, la terroristica repressione del movimento, la persecuzione e l’eliminazione dei suoi maggiori esponenti, le grandi famiglie che avevano alimentato il movimento antifeudale, firmato gli Strumenti di Unione, conquistato prima Sassari alla fine del 1795 e poi accompagnato Angioy fino a Oristano nel suo tragico tentativo di rientro a Cagliari nel giugno del 1796, pur resistendo, prendono pian piano atto della irreversibilità della sconfitta. Influisce nella formazione di questa convinzione l’evoluzione o meglio l’involuzione della politica francese, e così lentamente queste forze che fin dal Seicento e per oltre un secolo svilupparono una potente ed organica spinta antifeudale, si reinseriscono pian piano nel blocco dominante. Significativa è la vicenda della famiglia Obino di Santu Lussurgiu, che continua la lotta antifeudale dopo l’esilio di Angioy, ma poi, fra patteggiamenti e grazie, si reinserisce nella nuova realtà politica, chiusa ormai alle ipotesi riformatrici culminate nei cento giorni dell’Alternos, nella primavera del 1796.
Angioy vede passare sotto i suoi occhi tutto questo e, così dal piano di invasione dell’Isola descritto nel Memoriale del 1799, passa al progetto di scrivere una storia della Sardegna; persa ogni speranza di azione immediata, pensa a lanciare un messaggio ai sardi del futuro. A loro sono rivolte le sue riflessioni, per fare delle istituzioni di autogoverno del Regno di Sardegna, delineate nelle leggi fondamentali fondative, uno strumento di lotta per una Nazione sarda da liberare.
Col suo schizzo di storia sarda politica, lanciandoci un messaggio.

Nota bibliografica. Lo Schizzo è pubblicato, con un bel commento, nel volume di Mattone - Saba sul Settecento sardo e cultura europea, FrancoAngeli, 2007.

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