Crisi di governo: dove va il Paese?

29 Gennaio 2021
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A.P.

Vogliamo fare una foto della crisi? Cosa vediamo? In queste ore si sta manifestando il massimo sforzo per liquidare Conte e ridimensionare il M5S per imporre un altro assetto, altri equilibri. I musi gialli, nonostante le loro traversie, non hanno abdicato  alla questione morale, non danno segni di togliere le tende dalle questioni della giustizia, insomma non lasciano ben sperare a chi vuol far bottino col Recovery, mantenendo l’impunità e una certa libertà di delinquere senza pagar fio. Ma chi mettere al posto di Conte? Chiunque, sotto i profili indicati, per lor signori, è meglio. Poi si vedrà. Un copione già visto quando, nel 2013, Renzi appiedò Bersani e organizzò la carica dei 101 contro Prodi; allora, d’accordo con B., concorse a reinvestire Napolitano per poi passare velocemente a Letta jr. e prendersi la presidenza del Consiglio. Il seguito, l’attacco al mondo del lavoro e perfino alla Costituzione è tristemente noto. Ora, è difficile che riesca ad avere tanto successo, ma poco importa, a lui basta avere un ruolo preminente in un contesto oscuro, dominato da poteri forti, ad egemonia moderata sensibile alle operazioni disinvolte e affaristiche.
Certo, non è un disegno di facile realizzazione. Il nome di Franceschini evoca l’operazione Enrico Letta contro Bersani del 2013 e certamente le forze, che operano all’ombra, sono numerose. Quanto regge il PD sul sostegno a Conte? E quanto terranno i responsabili, già di per sè provenienti da esperienze non proprio luminose per dirittura e rigore? Se è vero, dunque, che far fuori Conte e il M5S non appare semplice, è anche vero che ci vuol poco a smuovere la situazione, a creare uno scossone e uno squilibrio che in poco tempo raggiunge l’obiettivo.
Mattarella in tutto questo conta, ma non è determinante e, del resto, non dimentichiamo che già all’inizio della legislatura si inventò l’incarico a Cottarelli ch’era frutto solo della sua propensione moderata da vecchio buon demoocristiano.
Situazione incerta e scivolosa, dunque, di cui a far le spese rischia d’essere ancora una volta il Paese e ceti popolari. Bisogna mobilitarci e, nelle forme possibili, farci sentire.

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