La cura contro la crisi secondo Paolo Savona

16 Agosto 2021
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24 Giugno 2012
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Gianfranco Sabattini

Paolo Savona, in Eresie, esorcismi e scelte giuste per uscire dalla crisi. Il caso dell’Italia (2012), per porre rimedio all’inevitabile declino connesso alla crisi economica, ripercorre, retrospettivamente, le “eresie”, ovvero le scelte sbagliate che nei decenni passati, con il consenso degli elettori, sono state adottate e gli “esorcismi”, ovvero i provvedimenti ai quali di volta in volta si è fatto ricorso per neutralizzare gli effetti negativi delle scelte effettuate. Alle eresie ed agli esorcismi Savona fa seguire l’indicazione delle “scelte giuste” che sarebbe necessario effettuare per mettere definitivamente “alle spalle una crisi che dura da oltre mezzo secolo”. E dopo aver rinvenuto nella nazionalizzazione del comparto dell’energia elettrica, nell’approvazione dello Statuto dei lavoratori, nell’accettazione di vincoli connessi in particolare all’adesione dell’Italia al Trattato di Maastricht ed al suo ingresso nell’area dell’euro, alcune delle principali eresie che hanno dato la stura alla formazione ed alla crescita patologica del debito pubblico, Savona sottolinea che non è stato possibile impedirne o rallentarne la crescita con gli esorcismi delle manovre correttive man mano che lo stesso debito cresceva.
Considerata la situazione di crisi attuale, per Savona, il problema più urgente da affrontare è quello di “limitare i danni di un aggiustamento che proceda secondo le linee imposte da un’Unione europea guidata dal ‘blocco culturale germanico’”. A tal fine, propone di redigere un “Piano A” composto dalle scelte da fare per stare in Europa ed un “Piano B” composto dalle scelte da fare per uscirne. Se si decidesse di ricorrere al Piano B, cioè di uscire dall’eurozona (ma non ancora dagli accordi europei vigenti), l’Italia subirebbe sicuramente un contraccolpo grave, ma ricupererebbe il controllo di tre strumenti di aggiustamento che il Paese ha ceduto ad autorità soprannazionali. Tali strumenti sono: la possibilità per l’Italia di creare la propria moneta, di fissare autonomamente i propri tassi di interesse e di stabilire i propri rapporti di cambio con l’estero. Per ottenere effetti permanenti di risanamento dell’economia nazionale con il ricuperato controllo di questi strumenti Savona individua le scelte giuste che dovrebbero essere compiute. La prima dovrebbe essere l’individuazione di un luogo istituzionale dove concentrare le “menti elette“ delle quali dispone il Paese con il compito di curare gli interessi delle generazioni future. La seconda dovrebbe riguardare l’adattamento del mercato del lavoro alle necessità della concorrenza globale (altro che riforma Fornero!). La terza dovrebbe essere diretta a chiedere la riforma del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e dell’IMF (Fondo Monetario Internazionale). La quarta scelta giusta, infine, dovrebbe consistere nel chiedere la completa attuazione e la riforma degli accordi europei vigenti (completamento dell’unione politica, unificazione delle politiche di bilancio, allargamento delle competenze della BCE (Banca Centrale Europea) e completamento della liberalizzazione del movimento dei fattori produttivi (persone, capitali, beni e servizi). Alle quattro scelte indicate, Savona ne aggiunge un’altra di scorta alla quarta: quella di prevedere l’uscita dagli accordi europei per ricuperare l’uso degli strumenti propri della sovranità economica, pur restando nel contesto degli “accordi globali” che reggono l’ONU, il WTO e il FMI.
A questo punto, Savona disvela l’intento di tutta la sua narrazione sulle vicende italiane degli ultimi cinquanta/sessant’anni. Egli pensa che nessun Paese dell’Unione abbia interesse a fare uscire l’Italia dall’eurozona, per cui la “scelta di riserva” proposta è da ritenersi improbabile; tuttavia, la sola minaccia di effettuarla può rafforzare il “peso contrattuale” dell’Italia nell’ottenere la compiuta attuazione e le revisioni necessarie degli accordi europei. Evidentemente, Savona, nel formulare il suo “gioco di prestigio”, è partito dal presupposto che gli altri Paesi membri dell’Unione (in particolare quelli dell’area tedesca) non abbiano valutato attentamente quali sarebbero le conseguenze se l’Italia uscisse realmente dall’eurozona. E poiché, per lo stesso Savona, le misure anticrisi del governo-Monti, lasciano presagire che i gli altri Paesi non siano disposti ad accettare possibili “azioni di ricatto”, non resterebbe che fare ricorso all’attuazione delle scelta giusta di scorta alla quarta; cioè l’uscita dall’eurozona e avviare l’Italia ad una crisi di transizione che la porterebbe a recuperare una presunta spinta alla crescita ripartendo da una moneta nazionale svalutata sul mercato dei cambi di almeno il 40% rispetto al valore dell’euro sul dollaro. In tal modo, L’Italia, pur discendendo di parecchi gradini sulla scala dei confronti internazionali, si porrebbe nella condizione di ricuperare le posizioni perdute nella graduatoria del Paesi del Mondo.
In questa prospettiva, la distribuzione del reddito non dovrebbe essere lasciata al mercato, ma dovrebbe essere affidata al Parlamento ed alla contrattazione tra capitale e lavoro con la conservazione e l’approfondimento delle antiche sperequazioni. E per quanto gravi possono risultare, le sperequazioni distributive non dovrebbero prescindere dal rispetto del principio che il patrimonio accumulato con il risparmio sia rispettato e si rinunci ad ogni possibile prelievo patrimoniale.
Nel formulare la sua proposta di contrattazione con gli altri Paesi europei e nell’illustrare i possibili effetti della fuoriuscita dell’Italia dall’eurozona, Savona si è posto evidentemente fuori dal mondo; egli infatti non ha attentamente considerato la condizione di estrema debolezza del sistema sociale italiano nel momento attuale. Come sarebbe possibile far pesare sugli italiani stremati dalla crisi l’ulteriore fardello di una svalutazione della nuova moneta nazionale rispetto alla capacità d’acquisto dell’euro attuale? Savona non ha pensato a tale effetto, a meno che egli abbia taciuto sulla necessità che sia il Parlamento nazionale che la contrattazione tra capitale e lavoro siano “dominati” dall’avvento di “Poteri forti” che servirebbero a far vivere al Paese esperienze del passato che ci si augura restino solo nella sua fantasia.

2 commenti

  • 1 paolo savona
    25 Giugno 2012 - 14:18

    Caro Gianfranco, la sintesi è buona, ma le conclusioni distorcono il mio punto di vista. Sarebbe stato meglio se avessi detto la tua su come uscire dalla crisi. Un caro saluto. Paolo

  • 2 Gianfranco Sabattini
    26 Giugno 2012 - 09:11

    Caro Paolo, ti ringrazio per il tuo giudizio sulla qualità della sintesi del tuo libro da me effettuata. Sono stato costretto a riassumerlo perché, vorrai riconoscerlo, è difficile orientarsi nel tuo discorso complessivo, reso a volte “opaco” dalla sua natura autobiografica. Non condivido, però, il tuo giudizio sulle mie conclusioni; esse sono intrinseche alla tua proposta di fondo. Riguardo al rimprovero che mi rivolgi di non aver, invece, esposto le mie idee sul come uscire dalla crisi devo rivolgerti un benevolo rimprovero. Io sono un attento lettore di tutti i tuoi scritti, che trovo sempre ricchi di stimoli, mentre tu non dedichi, giustamente, la stessa attenione ai mei. Se i tuoi impegni ti avessero consetito una maggiore attenzione sulle mie idee sul come uscire dalla crisi, avresti potuto constatare direttamente che tali idee da tempo io le vado esponendo: prima sul “Riformista” e, dopo la chiusura di questo giornale, ho continuato ad esporle su “Democrazia oggi”, sull’”Unione Sarda”, sull’”Avanti della domenica” e sul “Blog di Mondoperaio”. Le mie idee, ovviemente, sono poco propagandate, in quanto, non disponendo dei “pulpiti” utili ad assicurargli la necessaria “autorità”, possono benissimo legittimare il rimprovero che mi hai rivolto; ovvero che forse sarebbe stato meglio, anziché recensire le tue idee sul come uscire dalla crisi, che io avessi esposto le mie. Non avermene per quanto da me scritto sul tuo conto. Da libero penatore quale tu sei, accetta anche che qualcuno possa dissentire dalle tue tesi. Ricambio il caro saluto. Franco

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