Rabbia, dolore e voglia di verità: le morti e la folle corsa al profitto

28 Maggio 2009
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Red

Rabbia, sopratutto rabbia, questo è il sentimento dominante per una strage nei luoghi di lavoro dove si rischia la pelle per sopravvivere, portando a casa, spesso, meno di mille euro al mese. E senza possibilità di far valere diritti, di chiedere condizioni umane di lavoro, pena il licenziamento, in questo eterno precariato che è il lavoro nelle imprese d’appalto. Ecco dove le pulsioni securitarie dovrebbero dispiegrasi pienamente e con forza. Ecco dove le ronde operaie dovrebbero avere ampi poteri di ispezione e di denuncia. Due-tre morti al giorno e moltissimi incidenti lievi e gravi. Eppure nessuna spinta per la sicurezza, che anzi Sacconi smantella mentre, coi suoi colleghi di governo, lavora a mutare le norme più incisive, approvate sotto il governo Prodi.
E poi pietas, tanta pietas. Sei rose, rosse e bianche, ai cancelli della Saras nel giorno del dolore. Ed anche negli ultimi momenti di vita quale esempio di fraterna solidarità! Gigi, Daniele e Bruno morti uno dopo l’altro in fondo ad una cisterna nel tentativo disperato di salvarsi a vicenda. Ed ha ragione il sgretario naz. della Fiom, Cremaschi, non c’è fatalità in questo, c’è un sistema di sfruttamento per far soldi, per fare profitti. E questo gelido calcolo non riguarda solo le parti basse, le aziende d’appalto, sempre terreno di coltura di avventurieri d’ogni tipo. No, tutto questo tocca direttamente i Moratti, che non possono chiamarsene fuori. Loro ci sono dentro fino al collo, non possono dire di non sapere, non possono far credere che la Saras sia altro rispetto al sistema degli appalti che la fanno funzionare. I tre operai sono morti dentro la Saras per la Saras.
Ed ha ragione ancora Cremaschi quando dice che le indagini non devono esentare nessuno, neppure i Moratti, che non possono non sapere e comunque sono i beneficiri di questo sistema di lavoro precario e insicuro.
Le indagini sono nelle mani del Procuratore della Repubblica, Mauro Mura, ottimo magistrato sempre schierato nelle battaglie democratiche dell’ordine giudiziario. E questa è una garanzia. Per ora ha messo sotto sequestro l’impianto di desolforazione, teatro della tragedia.”Al momento - ha fatto sapere - non ci sono indagati e non c’é nemmeno un’ipotesi di reato. Contiamo di formularla a breve”, ha precisato, lasciando intendere di aspettare gli esiti dell’autopsia e dei primi accertamenti dei periti.
Ferma la presa di posizione del segretario generale della Cgil sarda Enzo Costa.”Nessuno può nascondersi dietro l’alibi di un permesso firmato o non firmato. Sarebbe comunque gravissimo apprendere ufficialmente che dentro la raffineria le operazioni di lavoro vengano svolte in maniera spontanea, addirittura decise da singoli lavoratori”. Il riferimento è ad una indiscrezione secondo la quale la procedura di apertura del portellone della cisterna sarebbe stata avviata senza la prevista autorizzazione scritta. Secondo le stesse voci, il portellone avrebbe dovuto restare chiuso perché l’azione di pressurizzazione con l’azoto sarebbe stata ancora in corso. Insomma, il solito indecoroso trucco di attribuire ai soliti morti le responsabilità della loro stessa morte. Sarebbe un suicidio, insomma. Le solite squallide provocazioni, ma stavolta i sindacati e i lavoratori sembrano disposti a dare battaglia fino in fondo. La mobilitazione continua.

Scheda sulla Raffineria Saras, colosso nel Mediterraneo

La raffineria Saras è tra le più importanti del Mediterraneo. Lo stabilimento, dove tre operai sono morti per esalazioni tossiche, è composto da 19 impianti tra cui uno tra i più grandi in Europa. Sono oltre mille le persone impiegate alla raffineria, e complessivamente circa 150 negli uffici amministrativi e commerciali della Saras, ai quali si aggiungono più di 3.000 persone coinvolte nei processi produttivi dall’indotto. La raffineria, come si legge nel sito ufficiale, nasce nel 1962 quando Angelo Moratti progetta di valorizzare la posizione strategica della Sardegna e sceglie Sarroch, 20 chilometri a sud ovest di Cagliari, per costruire gli impianti. Già nel 1965 la raffineria avvia la sua attività con l’approdo sui suoi moli della grande petroliera World Glory. Oggi la capacità complessiva è di 110 mila barili raffinati al giorno. I tre impianti di distillazione del greggio hanno una capacità complessiva di 15 milioni di tonnellate l’anno.
Nello stabilimento vengono realizzate tutte le operazioni necessarie per trasformare gli idrocarburi presenti nel petrolio greggio nelle differenti tipologie di prodotti petroliferi. Il 53% della produzione è destinato al mercato italiano (di cui il 23% al mercato sardo); della restante quota del 47% destinato all’esportazione, circa un terzo è stato venduto in Spagna. “Gli investimenti annui per tecnologie, interventi e formazione su ambiente e sicurezza, sono rilevanti - spiega il sito ufficiale Saras - la tutela della salute, la sicurezza sul lavoro e la salvaguardia ambientale, rappresentano obiettivi prioritari e irrinunciabili”.
Per questo “la raffineria è munita delle migliori dotazioni di sicurezza, fra cui sistemi di regolazione dei processi in Sala Controllo, sistemi antincendio fissi e mobili, rilevatori di incendio e di sostanze tossiche nelle aree di produzione e movimentazione, valvole di sicurezza con convogliamento al sistema-torcia e bacini di contenimento dei serbatoi”. Programmi formativi per prevenire incidenti ed infortuni, in funzione del ruolo ricoperto, “coinvolgono tutto il personale dello stabilimento in modo continuativo dal momento dell’assunzione e per tutta la durata del loro lavoro presso la Saras”.
Ma i morti mostrano un’altra realtà, quella di una vasta area di sfruttamento e di lavoro insicuro. Insomma, cìè chi fa il lavoro sporco e chi ne trae i massimi profitti, dandosi una patente di rispettabilità.

1 commento

  • 1 Meloni Giacomo /CSS
    28 Maggio 2009 - 22:33

    Mentre scrivevo queste mie riflessioni,è giunta la notizia del sequestro da parte della Magistratura dell’impianto Mild Hidro cracking dov’è avvenuta la tragedia e l’apertura di un apposito fascicolo per omicidio colposo plurimo.Ora , nell’attesa dell”esito dell’autopsia e dell’elenco degli indagati,ci corre l’obbligo di sospendere ogni giudizio per il rispetto che abbiamo verso il lavoro degli inquirenti ,ma non possiamo tacere sul vergognoso tentativo di rovesciare le colpe sull’ultima catena dell’ingranaggio e sulle povere vittime di un sistema di lavoro che uccide ancora.
    Venerdì 29/5/2009 sarò ai cancelli della Saras a portare la mia solidarietà e quella della CSS ai lavoratori.Forse non parlerò,ma distribuirò un comunicato della CSS datato 26/5/09 che nessun quotidiano e TV sarde ha diffuso neppure per dire che anche la CSS aveva espresso vicinanza e solidarietà.Quei tre morti appartengono a tutti e ci interrogano tutti, inchiodandoci alle nostre responsabilità:Daniele,Gigi e Bruno non dovevano morire.
    Mancavano i permessi obbligatori nella procedura rigida della Saras ? E’ gravissimo che i lavoratori siano stati mandati a morire.MI auguro e lo chiederò domani ai lavoratori che chi sa non copra alcuna responsabilità.Ripeto alcuna responsabilità dalla Ditta Appaltatrice fino ai massimi vertici della stessa Saras.Non è questo un desiderio di vendetta,ma un bisogno di giustizia per una catena di morti che potevano e dovevano essere evitate.
    Nessuno vuole la chiusura di questa fabbrica che garantisce migliaia di posti di lavoro.Ma nessuno può pensare che con tutte le tecnologie che vi sono e tutte le leggi sulla sicurezza e tutti i protocolli severissimi,ci sia qualcuno che sfugge e si nasconde dietro la fretta di concludere i lavori e di fare profitti giganteschi sulla pelle dei lavoratori.
    Basta con le coperture.Lo a partire dai miei colleghi sindacalisti che non devono difendere il lavoro a qualsiasi costo compreso il rischio reale delle vite umane.La Saras fa miliardi di utili,investe milioni di euro per la sicurezza in fabbrica ed ora anche per l’ambiente e la salute degli abitanti dei territori vicini agli Impianti.Incominci a “cacciare” le Ditte che vincono gli appalti con le offerte al ribasso
    indecente e fuori mercato.Faccia la strada che consenta la via di fuga in caso di incidenti agli impianti,Intervenga per spostare l’Asilo e la Scuola Materna a ridosso degli impianti.Pubblichi giornalmente i dati delle centraline di controllo dell’aria e non si nasconda sulla dichiarazione che mediamente non superano la soglia di rischio estremo,Abbia il coraggio e la forza di allontanare da sè la fama di essere una Raffineria dove ancora di muore all’interno dei settori lavorativi e dove si lanciano in atmosfera polveri sottili micidiali per la salute dei lavoratori e dei cittadini.
    Sono triste non solo per le tre vittime,due delle quali giovanissime e una con famiglia e figli.
    La tragedia ci deve aiutare a fare chiarezza e a svoltare pagina.Oggi è possibile fare industria pulita e sicura.Questo è l’impegno civile che ci sentiamo di giurare sulle bare dei nostri tre fratelli operai,a cui non smetteremo mai di dire GRAZIE.
    Giacomo Meloni Segretario Gen.CSS

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