Carbonia. Luglio e agosto 1948, muore un minatore a Bacu Abis, due morti e 59 feriti a Nuraxeddu. Da qui riparte la lotta, nonostante la repressione e le intimidazioni

13 Marzo 2022
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Gianna Lai

Anche oggi il post domenicale sulla storia di Carbonia, dal 19 settembre 2019.

Drammaticamente si era chiuso il mese di luglio in città, con i primi fermi e i primi arresti, dopo lo sciopero di protesta a seguito dell’attentato a Togliatti. Ancor più drammaticamente in miniera, con un morto a Bacu Abis, Simola Francesco di 49 anni, folgorato dalla corrente, e due morti a Nuraxeddu, Zuffanti Calogero e Serra Salvatore di 36 anni, mentre 59 sono i feriti in quel Pozzo 6, avvelenati dalle esalazioni di ossido di carbonio. Immediato l’intervento degli altri lavoratori per salvare i compagni da “s’aria mala”, come chiamavano gli operai l’esalazione di ossido di carbonio, forse proveniente da un avanzamento incoltivato o causato da una volata, che sfonda la parete dell’avanzamento abbandonato o dalla rottura di una tubatura deteriorata di aria compressa, che potrebbe aver sollevato un pesantissimo pulviscolo, dirigendolo verso il gruppo degli operai. Il gas ha investito i lavoratori, la scarsa ventilazione ha fatto il resto. Mancanza totale di comunicazioni ufficiali da parte della SMCS, denuncia L’Unità della Sardegna il 24 luglio 1948, chiusa in un colpevole lungo silenzio anche di fronte alle interruzioni del lavoro e alle assemblee operaie che seguono ad ogni incidente, mentre il Corpo delle Miniere ancora non inizia le indagini. Morti e feriti che si aggiungono ai quattro minatori deceduti tra gennaio e maggio: Piotti Antioco 27 anni, nella miniera di Serbariu e Pia Salvatore 28 anni, a Bacu Abis, entrambi investiti dai vagoni, e Manias Giovanni 44 anni, a Nuraxeddu e Pisu Tito 22 anni, a Sirai, entrambi per distacco di roccia, come leggiamo su “Sardegna: minatori e memoria”, a cura della Associazione Minatori e Memoria. E drammaticamente si era aperto anche agosto, a Carbonia, con la morte di un operaio di Bacu Abis, schiacciato dal carrello della discenderia a seguito della rottura di un cavo. E con alcuni fermi e arrestiuna serie di arresti che preludono alla Per chiudersi, il mese, con gli arresti del giorno 27. Il venir meno della manutenzione nei cantieri continua ad esporre gli operai a incidenti gravi, alla morte e, contro i morti in miniera, di nuovo la denuncia de L’Unità il 5 agosto che, dando la ferale notizia, si chiede cosa faccia “l’autorità giudiziaria dopo gli incidenti”, mentre sollecita ancora una volta indagini, per accertare cause e individuare responsabilità. Non dimenticando che Bacu Abis è la prima della lista nella scelta dei siti sulcitani da chiudere, uno di quelli ritenuto fra i meno produttivi: nessuna garanzia per la sicurezza, semplicemente inutile e dispendiosa la prosecuzione dell’attività estrattiva. Sono in allarme gli operai per l’aggravarsi delle condizioni di lavoro in galleria e insieme pressati dagli interrogatori, che proseguono per tutto il mese, sui fatti del 14 luglio, all’insegna dell’intimidazione e dell’autoritarismo. Così ancora la denuncia de L’Unità l’11 luglio 1948, che parla degli “atteggiamenti del nuovo Commissario di pubblica sicurezza, giunto recentemente a Carbonia per sostituire il commissario Della Valle: il dirigente sindacale Barboni è stato chiamato in questura e diffidato dall’attaccare i ministri democristiani e il governo”. E si può dire che, dove non arriva la forza pubblica, è l’azienda, sempre perfettamente in linea con la politica repressiva del nuovo commissario Pirrone, a sollecitarne l’intervento fin nei piazzali della miniera, non appena si registrino cenni di protesta contro i licenziamenti e, sopratutto, contro il modo in cui essi avvengono. Dato che, solo raramente, le Commissioni interne riescono a far riassumere i loro membri licenziati, come nel caso del minatore di Caput Aquas, di cui parla L’Unità dell’8 agosto 1948. La SMCS continua infatti a scegliere, come fior da fiore, tra i minatori più impegnati e tra i membri di Commissione interna, quelli da allontanare o “trasferire” per primi, nel corso dei licenziamenti di massa che funestano la vita sulcitana e che avviano ormai in città un vero e proprio nuovo processo migratorio. E se ne infischia degli accordi firmati con le rappresentanze sindacali e se ne infischia dell’intervento di alcuni membri del Consiglio di gestione contro i licenziamenti. E delle leghe, che chiedono il controllo dell’Ufficio di collocamento sui “trasferimenti” dei minatori alle aziende d’appalto AcaI, come denuncia L’Unità del 30 luglio 1948.
La ripresa della protesta nel Sulcis coincide ora con le lotte contro l’aumento del prezzo del pane, della pasta e dei generi di prima necessità, assemblee dapertutto, come nel resto del Paese, leggiamo su L’Unità del 7 e del 20 agosto, fino alle ferie estive, fissate per la metà del mese, che vedono la chiusura dei pozzi a partire dal giorno 18. E, alla riapertura, nelle fabbriche e nelle campagne ancora la non collaborazione, “specie ad opera delle organizzazioni di sinistra”, come tiene a precisare il prefetto, citato da Giannarita Mele in “Storia della Camera del lavoro di Cagliari nel Novecento” 2). Grandi scioperi si preparano infatti in tutti i settori, compreso quello agricolo e dice lo storico Sergio Turone, a questo proposito, nella sua Storia del Sindacato in Italia che, così come la non collaborazione avrebbe ridotto vistosamente la produzione di autovetture alla FIAT, nelle miniere sarde, “per agitazioni simili, il quantitativo di minerale estratto calò del 50%”: anche nel Sulcis, lavoro in economia e rifiuto del cottimo.
Grande manifestazione indetta per il 15 agosto a Carbonia, i salari ancora scesi durante i mesi estivi per una applicazione artificiosa e punitiva dei cottimi, di fronte alla non collaborazione, mentre si impongono le ferie forzate per le maestranze, il carbone giacendo da tempo invenduto a Sant’Antioco e nei piazzali della miniera. E, a firma di Pietro Cocco, su L’Unità del 19 agosto, “I lavoratori di Carbonia in ferie: come fare a trascorrere le ferie, dicono molti operai, se con i soldi che ho preso alla mano non riesco a saldare il conto al bottegaio? … I guadagni sono diminuiti, gli errori sulle buste paga si sono accentuati ed il tenore di vita del nostro minatore è diminuito enormemente e i debiti aumentano enormemente… Il bottegaio che vive intorno alla miniera si trova a disagio, insieme all’artigiano ….mentre, sempre più di frequente, vengono licenziati operai non più idonei, perché consumati dalla miniera: i disoccupati aumentano in tutto il bacino, …. migliaia di licenziamenti ancora da mettere in atto”

E la Carbosarda esaspera gli animi minacciando, per risolvere il deficit aziendale, l’aumento dei fitti, dell’energia elettrica e del prezzo del carbone distribuito nelle abitazioni, fino a questo momento cifre simboliche, quelle richieste ai minatori e, sostanzialmente integrative del salario mensile, così nell’articolo ancora a firma di Pietro Cocco su L’Unità del 7 luglio 1948. E gli fa eco la questura che, in agosto, parla di “crisi economica e finanziaria della SMCS e del protrarsi della preoccupazione fra gli operai per una gestione rovinosa dell’azienda”.
“Tutta la Sardegna guarda al Sulcis”, aveva detto Pietro Cocco a margine del Convegno dell’8 agosto in città, contro i pericoli di chiusura delle miniere denunciando, insieme, come i dirigenti non vedessero il problema sociale, quando pensavano di risolvere la crisi con i licenziamenti di massa. Legare le categorie interessate allo sviluppo e alla vita delle miniere, creare un organismo che le rappresenti tutte, contro “l’incuria deplorevole del governo nei confronti di questo problema sardo”, diviene ora la parola d’ordine nel Sulcis.

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