Riforma Cartabia: per i cittadini non cambia nulla

18 Giugno 2022
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 A.P.

 

La riforma Cartabia della Giustizia è stata approvata definitivamente in Senato. Ma per i cittadini che vogliono una giustizia rapida non cambia nulla. Ecco in sintesi il contenuto con qualche chiosa.

 I contenuti della riforma

Aumento dei consiglieri, una nuova legge elettorale, regole di funzionamento interno contro le correnti, incompatibilità rafforzata politica-magistratura, separazione delle funzioni, riduzione dei fuori ruolo. Queste le principali novità della riforma. L’obiettivo era inoltre quello di fare entrare in vigore le nuove misure entro giugno per assicurare a luglio un voto per il rinnovo del Csm con la legge elettorale riformata.

 Per il Csm mix tra maggioritario e proporzionale

Per quanto riguarda il Csm, la riforma prevede l’aumento a 30 consiglieri (20 togati e 10 laici), il meccanismo elaborato è fondamentalmente maggioritario, con collegi binominali e un recupero proporzionale che per i giudici prevede una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale per i pubblici ministeri il recupero di un miglior terzo. La determinazione dei collegi, cancellata all’ultimo l’ipotesi del sorteggio avverrà con decreto del ministero della Giustizia.

 

Candidature senza liste

Non sono ammesse liste; ciascun candidato, senza necessità di raccogliere un minimo di firme, può presentarsi liberamente anche nel suo distretto. Deve esserci un minimo di 6 candidati in ogni collegio binominale, di cui almeno 3 del genere meno rappresentato: se questi due requisiti non sono raggiunti, allora si può procedere per sorteggio.
Questo sistema dovrebbe eliminare le correnti, ma è ben noto che queste si formano e si organizzano di fatto. L’espediente di eliminare le liste forse le rende meno trasparenti. Forse la situazione peggiora. Le correnti ci sono, ma non si vedono.

 Nomine in tempo reale

Per gli incarichi direttivi e semidirettivi il Consiglio superiore procederà sulla base dell’ordine cronologico delle scoperture per evitare le nomine “a pacchetto”, dove i gruppi organizzati potevano procedere secondo una logica di scambio. Le audizioni dei candidati diventano obbligatorie per favorire un confronto migliore dei rispettivi profili. Si individua un contenuto minimo di criteri di valutazione per verificare, tra l’altro, le capacità organizzative. A pari merito, valorizzate le pari opportunità e il genere meno rappresentato nei vertici. Anche gli avvocati, a determinate condizioni, potranno votare sulle valutazioni di professionalità dei magistrati nei consigli giudiziari.
La valutazione dei magistrati da parte degli avvocati ha un evidente pinto debole nel prestarsi a giudizi “organizzati” pro o contra. Si vuole scongiurare l’autoreferenzialità dei giudici, ma il rimedio si presta ad altri mali. Si vedrà.

 Un fascicolo per misurare i risultati

Ci sarà un fascicolo personale che, nel contesto delle valutazioni di professionalità, comprenderà tutta l’attività svolta dal magistrato, con particolare attenzione per la tenuta dei vari provvedimenti assunti anche nei successivi gradi di giudizio.
Questa disposizione cntrasta conl’induipendenza dei giudici non solo verso gli altri poteri, ma anche dentro l’ordine giudiziario. Si crea di fatto una gerarchizzazione non voluta dalla Costituzione con un effetto negativo: frena l’innovazione della giurisprufìdenza che adegua l’interpretazion delle norme all’evoluzione della società.

 Bloccate le “porte girevoli”

Introdotto il divieto di svolgere nello stesso tempo funzioni di giudice o pm e ricoprire cariche elettive, sia locali sia nazionali. I magistrati che hanno coperto cariche elettive di qualsiasi tipo al termine del mandato non possono più tornare in magistratura: verranno collocati fuori ruolo nelle amministrazioni pubbliche. I magistrati candidati ma non eletti non potranno, per tre anni, tornare lavorare nella Regione che comprende la circoscrizione elettorale dove si sono presentati né in quella dove si trova il distretto dove prima lavoravano. In più non possono assumere incarichi direttivi e svolgere le funzioni penali più delicate (pm e gip/gup). Per i magistrati chiamati in ruoli apicali nelle pubbliche amministrazioni (capi di gabinetto, vertici di uffici legislativi, per esempio) dopo un mandato di almeno un anno resteranno ancora per un anno fuori ruolo e poi potranno rientrare ma non in posti direttivi.

Anche questa previsione è di dubbia costituzionalità perché la Costituzione non pone limiti al rientro dei giudici,  dopo aver assolto fnzioni elettive, nele loro precedenti funzioni. E’ una regola di buon senso, ma incide marginalmente sulla qualità e l’efficienza della giustizia.

 Un solo passaggio di funzioni

La riforma ammette un solo passaggio da giudice a pubblico ministero e viceversa, da effettuare entro i 10 anni dall’assegnazione della prima sede. Il limite non opera per il passaggio al settore civile e dal settore civile alle funzioni di pubblica accusa.
Anche questa norma presenta criticità costituzionali perché  la Carta prebede il contrario. Tuttavia anch’essa non incide molto sulla qualità e l’efficienza della giustizia.

Limiti ai fuori ruolo

Tra i criteri di delega, la riduzione del numero attuale dei magistrati fuori ruolo (attualmente sono 200), l’obbligo di avere svolto per almeno 10 anni le funzioni giurisdizionali prima di chiedere il collocamento esterno alla magistratura, una durata dell’incarico extra di non più di 7 anni.
Anche questa è una regola di buon senso. Forse si poteva essere più radicali, ponendo un divieto assoluto. Chi fa il magistrato, svolge quella funzione e basta. Un  pannicello caldo.

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