Carbonia. L’azienda chiude al dialogo con le Commissioni interne, nella miniera in stato di degrado gli incidenti si susseguono, un morto ad aprile, mentre si fa ora più serrata la denuncia del sindacato contro il monopolio SES

12 Febbraio 2023
Nessun commento


Gianna Lai

Anche questa domenica, dal 1° settembre 2019, ecco un post sulla storia di Carbonia.

Al momento ancora vietato il rientro in miniera degli operai scarcerati e minacce subito dopo anche per le Commissioni interne a Serbariu, dove la direzione comunica che non sarà più consentito trasmettere ai lavoratori, nei piazzali della miniera, comunicazioni e disposizioni dell’organizzazione sindacale. E rifiuta di riceverne i componenti, la direzione, in 61 punti, quindi, l’ordine del giorno di risposta da parte operaia, con riferimento alla revisione delle attrezzature in miniera e delle tabelle cottimo, alla questione dell’energia elettrica, al rifornimento di vestiario per i lavoratori, solo alla fine di giugno consegnata una parte appena della dotazione di scarpe adatte alla discesa nei pozzi. Come denunciato dal lavoratore Vito Opisso, in una sua lettera a L’Unità del 12 marzo 1949, la direzione non acquista ormai da tempo neppure i binari necessari a ferrare le strade, mentre del tutto inutile risulta la lunga attesa in miniera per il rinnovo di motopicchi e perforatrici, che sostituiscano i vecchi inadeguati modelli, gli operai ancora costretti a lavorare male e di più. E le responsabilità dei dirigenti, come denuncia ancora L’Unità del 30 marzo, “Per incuria della direzione, scoppia un incendio in laveria molto difficile da domare, mancando gli estintori: paralizzata la produzione per 4 ore”. Così, infine, nell’annunciare le morti in iminiera, come quella dell’operaio di Serbariu, a seguito di una frana, nel mese di aprile, su L’Unità dello stesso mese, il 7.
E si insedia una Commissione presso la Camera del lavoro, che elabora le nuove tabelle cottimo da proporre alla direzione, partendo dagli accordi conclusi dopo i 72 giorni, su L’Unità del 26 marzo, ma vogliono intervenire le Commissioni interne anche contro le limitazioni dell’energia elettrica minacciate dalla SES, Società Elettrica Sarda, nei confronti della SMCS, come si legge nel documento inviato ai dirigenti della Carbosarda, presso gli uffici del Ceva, che provocherebbero riduzioni dell’orario di lavoro e della produzione. La Centrale di S. Caterina messa fuori uso, o quasi, dalla SES per non aver rinnovato gli impianti, mentre la Carbosarda non denuncia il trattato iniquo che la lega alla stessa SES, la quale si era impegnata a garantirle l’erogazione dell’energia elettrica necessaria al funzionamento della miniera. Ormai già in atto da tempo una grave perdita di giornate di lavoro, nella provincia e nell’intera regione sarda, per la mancata erogazione di energia elettrica disposta dalla SES, d’accordo le autorità regionali, come denuncia L’Unità del 17 e del 22 marzo. Sicché sarà necessario, a Carbonia, modificare l’organizzazione dei turni, onde far fronte alle variazioni di orario imposte da questa nuova emergenza.
Se sulla produzione totale di elettricità del 1948, il 6o% è dovuto alle centrali termoelettriche, il 40% a quelle idroelettriche, le deficienze di erogazione attribuite alla scarsità della pioggia, la producibilità delle centrali termoelettriche viene invece ridotta del 50%, per decisione della stessa SES. Ogni mese cinque giornate lavorative perse, ivi comprese le 24 ore di sospensione a metà marzo nel Sulcis, e senza salario, che rendono pressanti e fanno avanzare sempre di più, conclude il cronista de L’Unità, la richiesta di costruzione della nuova centrale SMCS per Carbonia e le sue miniere. Non certo le uniche cause, queste, di interruzione del lavoro nei pozzi, ancora senza salario a Serbariu per la rottura della gabbia, impediti gli operai di raggiungere le gallerie dai pozzi vicini. E la Consulta si rifiuta di rispondere all’interpellanza sulla questione energia elettrica e parla L’Unità di “Ostruzionismo della Dc per impedire l’indagine sulla SES, che si oppone, a sua volta, alla creazione di una commissione di indagine”.
Così, a sottolineare gli interessi e i legami della SES, Armando Congiu su L’Unità del 20 aprile 1949, nell’articolo intitolato La Ses sbarcò 40 anni fa con 11 milioni dello Stato: “La Ses, figlia della Banca Commerciale, fa parte della Holding Strade Ferrate Meridionali che ne possiede il 50% delle azioni (il 14% appartiene all’Iri). Attraverso Beneduce, legato alla Edison, la Ses ha oggi un capitale di 1 miliardo e 250 milioni, così l’anno scorso ha distribuito dividendi dell’8 e mezzo per cento, pari a 47 milioni. E intanto controlla la Società di Distribuzione dell’Energia Elettrica di Iglesias, le Peschiere di S. Antioco, le Tramvie di Cagliari, la Società Bonifiche Sarde, mentre ha ottenuto la convenzione per lo sfruttamento, fino al 1960, di tutti gli impianti elettrici costruiti in Sardegna, e continua a ricattare lo Stato, per ottenere nuove convenzioni, strumentalizzando le agitazioni degli operai disoccupati in tutto il territorio. A Capo della Ses Casini, che fa parte dei Consigli di amministrazione di varie società dirette da Motta, Volpi e Pirelli e di quelle di Beneduce, dopo la sua morte”
E poi, su L’Unità del 21 aprile ‘49, ancora Armando Congiu, “La sovvenzione per la costruzione degli impianti serviva ad assicurare l’erogazione dell’energia elettrica necessaria alla Sardegna, ma il suo fabbisogno, 400 milioni di kwh, è ben superiore a ciò che la SES garantisce, trattandosi di 383 milioni di kwh; nel mentre i prezzi dell’energia elettrica aumentano sempre, triplicati nel 1947 e ancora cresciuti nel ‘48, sì da garantire alla SES un reddito netto di un miliardo e mezzo, evidente frutto della sua speculazione in Sardegna, a seguito delle recenti restrizioni. Oggi produce il 46% della produzione del ‘48, impossibile da attribuire il calo alla carenza di acqua nei bacini, perché anche l’energia termica diminuisce, da 173 milioni di kwh del ‘47 agli attuali 120, sicché noi paghiamo una diminuzione produttiva del 37%. La SES si è opposta alla costituzione di un Ente regionale elettrico, proposto dai comunisti e dai democristiani alla Consulta, e si oppone alla costruzione di una centrale a Carbonia: senza la Carbonifera, quale cliente, perderebbe 241 milioni l’anno, se è vero che, per ogni kwh erogato, la SES guadagna sulla Carbonifera lire 350, mentre il consumo della Carbonifera ammonta a 69 kwh annui di media”.

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento