Autonomia differenziata la bassa cucina del ceto politico che vuole subito la riforma

2 Aprile 2024
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Massimo Villone

I l Congresso dei poteri locali e
regionali del Consiglio d’Europa
benedice l’Autonomia
differenziata. Il ministro Calderoli
esprime grande soddisfazione. Per
lui una boccata d’aria, perché fin
qui un sordo conflitto ha diviso chi
voleva giungere al voto finale sul
suo ddl (AC 1665) prima delle
europee, e chi voleva rinviare a
dopo le urne. Secondo le ultime
notizie, vince la fretta. Caterpillar
Calderoli va in Aula il 29 aprile.
Intanto, nella I Commissione della
Camera le audizioni sull’AC 1665
ripetono il copione Senato, con
censure quasi unanimi.
Emblematica la seduta del 26
marzo, con l’audizione di
Confindustria Napoli (reperibile su
Youtube). Nettissima la posizione
contraria di Jannotti Pecci, che ha
criticato a fondo i Livelli essenziali
di prestazione (Lep) come
configurati e con il limite
dell’invarianza di spesa che riporta
tutto alla spesa storica. Ma
soprattutto ha stigmatizzato la
frammentazione che in prospettiva
rende impossibili le politiche
nazionali strategiche per la
riduzione dei divari e delle
diseguaglianze e per la crescita di
tutto il paese. Non è una novità. Il
mondo dell’impresa non ha alcun
interesse alla moltiplicazione delle
regole e delle burocrazie su base
territoriale. Posizione da ultimo
confermata nella presentazione del
IV Rapporto PMI Campania a
Napoli. Sull’Autonomia
differenziata le voci contrarie sono
in larga maggioranza. E non solo
quelle di esperti, tecnici e soggetti
autorevoli non sospetti di
partigianeria come Bankitalia,
Ufficio parlamentare di bilancio o
Svimez. Al mondo dell’impresa si
aggiunge il mondo del lavoro. La
Cgil con la Via Maestra ha raccolto
attorno a sé un vasto mondo
associativo e civico, assumendo tra
gli obiettivi primari anche il
contrasto alle riforme (Autonomia
differenziata e Premierato). La
scuola e la sanità sono dal primo
giorno in trincea. È scesa in campo
la Chiesa. Ha parlato per primo il
vescovo Mimmo Battaglia, seguito
poi da molti. Da ultimo il cardinale
Zuppi ha manifestato timori per la
tenuta del sistema paese. Ora,
esprimono una ferma censura i
vescovi calabresi. Ma allora chi
vuole l’Autonomia differenziata? A
ben vedere, interessa davvero solo
al ceto politico, iscrivendosi nella
competizione interna alla
maggioranza tra Lega e Fratelli
d1talia. La Lega vuole accelerare,
per piantare la sua bandierina
prima del voto europeo, con Salvini
speranzoso di puntellare la sua
vacillante segreteria. Aquanto ora
vediamo, al momento vince.
Giorgia Meloni vuole consolidare
l’accresciuta presenza del suo
partito nel Nord, punta alla
presidenza del Veneto, e quindi
non frena sull’Autonomia in modo
esplicito. Alla destra rimane ora
l’argomento - insostenibile di
fronte all’evidenza -che sia
un’occasione anche per il Sud.
Sentiremo anche dire che tanto ci
vorrà molto tempo, per la
condizione imposta di previa
determinazione dei Lep (livelli
essenziali delle prestazioni).
È falso. I Lep sono un miraggio, se
non un imbroglio manifesto,
mentre sono state contate ben 184
funzioni statali in materie non-Lep ,
comunque trasferibili subito. Anzi,
è cifra carente per difetto.
Nell’ambito delle materie Lep si
individuano infatti singole funzioni
non-Lep, che vanno aggiunte nel
conto totale. Nell’audizione prima
citata le elenca per la sanità
l’onorevole Colucci (M5S, domanda
al minuto 58). Riguardano in specie
la formazione, i contratti, le
retribuzioni. Egli auditi (della Cimo
-Fesmed e Anao -Assomed)
concordano, aggiungendo che
alcune regioni già attuano regimi
differenziati. Ovviamente, possono
permetterselo. Al voto finale sull’AC
1665 si arriverà, prima o dopo del
voto europeo. Eda allora in ogni
momento può essere varata per una
o più regioni un’Autonomia
differenziata su un arco di funzioni
abbastanza ampio da disarticolare
il paese. Non sappiamo se Giorgia
Meloni ne sia consapevole, o sia in
gracto <li capire, o pensi di sanare i
guasti con il suo premier assoluto,
se mai vedrà la luce. Ma non ci
interessa. Essenziale è impedire che
accada. È intollerabile che il futuro
del paese si giochi in una bassa
cucina di ceto politico. Ma non
possiamo attenderci che le
opposizioni in parlamento vincano
la battaglia. Pronti dunque a
contrastare l’iniziativa leghista con
ricorsi in via principale alla Corte
costituzionale da parte di una o più
regioni, e sollecitando la
partecipazione democratica in sede
regionale e locale. Per un
referendum abrogativo, forse
inammissibile, si vedrà comunque
poi. E intanto, in qualunque turno
elettorale, a chi vuole il nostro voto
chiediamo in cambio un esplicito
impegno per un paese più unito ed
eguale.

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